RUSSIA: Lavrov all'ONU ricorda a Obama i pessimi risvolti dei "democratici" interventi armati USA nel mondo

da MOSCA – La 69a seduta dell’ONU a New York, tenutasi dal 24 al 30 settembre, è stata l’ennesima occasione per i rappresentanti di Stati Uniti e Russia di punzecchiarsi reciprocamente sulle critiche questioni diplomatiche internazionali degli ultimi anni. Come membri fondatori dell’organizzazione, il diritto-dovere di sedere allo stesso tavolo delle discussioni, di esaminare e scegliere una linea comune di azione internazionale rispetto a quelle che sono le esigenze e le crisi del momento, avvicina ed equipara inevitabilmente quelle che dal secondo dopoguerra sono etichettate come “super potenze” storiche per eccellenza, due blocchi contrapposti per visioni, prospettive, struttura, perennemente critici l’uno verso l’altro, “bastian contrari” nel quadro politico-economico mondiale.

Il segretario generale dell’organizzazione Ban Ki-Moon ha aperto la seduta sostenendo che “dal punto di vista dell’osservanza dei principi ONU, questo è stato un anno terribile“. Ha richiamato i rappresentanti degli Stati membri a porre l’attenzione sul ripristino dei diritti civili e umani nelle situazioni di crisi e conflitti nel mondo, ed in particolare ha sottolineato la necessità di agire tempestivamente nel Medio Oriente, per arginare le azioni del gruppo ISIS.

Nel suo discorso (il testo del discorso è disponibile qui), il presidente degli Stati Uniti Barack Obama non ha invece esitato ad elencare altre due questioni, a suo parere di primaria importanza, da porre sullo stesso piano della questione del terrorismo islamico in Iraq e Siria: il problema dell’ebola e l’eccessiva aggressività russa nella questione ucraina. “Crediamo che gli stati maggiori non debbano avere il diritto di tiranneggiare su quelli più piccoli, che le persone possano scegliere il proprio futuro. La Russia dovrà pagare per la sua aggressione e sostituire il falso con la verità“. Obama ha quindi confermato nuovamente la posizione dell’amministrazione americana nei confronti di Mosca, ma non ha convinto evidentemente gli altri rappresentanti politici, che durante la settimana di dibattiti non hanno menzionato la questione.

Sergej Lavrov, Ministro degli Esteri della Federazione Russa, nel suo discorso (disponibile qui) ha esposto in maniera obiettiva i motivi per i quali invece ritiene che le azioni statunitensi e NATO, non solo nella questione ucraina, negli ultimi anni abbiamo risposto solo a interessi particolari, non legati all’egida dell’aiuto umanitario in situazioni non democratiche. Il ministro ha richiamato i casi dei disordini e degli interventi militari in ex-Jugoslavia, Iraq, Libia, Afghanistan, primavere arabe e Ucraina, dove le azioni degli Stati Uniti e dei suoi alleati hanno provocato ritorsioni peggiori paradossalmente in confronto alle situazioni precedenti al loro interessamento. “Washington ha apertamente dichiarato il suo diritto a utilizzare le armi in maniera unilaterale, in conformità unicamente ai propri interessi.

L’intervento militare è divenuto una norma, nonostante i risvolti negativi di tutte le operazioni portate avanti dagli Stati Uniti negli ultimi anni”. Il suo monito non ha risparmiato i rappresentati dell’intero blocco euro-atlantico, ai quali ha espresso il proprio disappunto riguardo il monopolio dei concetti di giusto e sbagliato che si sono arrogati nel risolvere le crisi diplomatiche nel mondo. “L’alleanza occidentale guidata dagli Stati Uniti che si presenta come il campione della democrazia, della giustizia e dei diritti civili tra le altre nazioni, agisce da una posizione completamente opposta nell’arena internazionale, rifiutando il principio democratico dell’uguaglianza della sovranità degli Stati, sancito dalla carta ONU, e si arroga il diritto di decidere per tutti cosa sia il bene e cosa il male“.

Il presidente iraniano Hassan Rouhani è poi intervenuto proseguendo lungo la linea di Lavrov: ha chiesto agli Stati che in passato hanno sostenuto le forze estremiste nel Medio Oriente di riconoscere pubblicamente le proprie responsabilità. Monito sottinteso verso gli Stati Uniti. Più espliciti invece sono stati nei loro discorsi i rappresentanti di Brasile, Argentina e Bolivia: a scatenare l’estremismo in Iraq è stata l’intrusione americana negli affari interni al paese, hanno sostenuto. “Da dove provengono le armi che ISIS e Al-Qaeda stanno adoperando? I campioni della libertà di ieri si sono trasformati nei terroristi di oggi”, ha detto Cristina Fernandez, presidente dell’Argentina.

Chi è Martina Napolitano

Dottoressa di ricerca in Slavistica presso l'Università di Udine, è direttrice editoriale di East Journal e scrive principalmente di Russia.

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3 commenti

  1. Finalmente anche altri paesi oltre la Russia denunciano ciò che in occidente non si può dire complimenti ad Iran, Brasile,Bolivia ed Argentina.

  2. L’impudenza del tirapiedi del “democratico” del Cremlino è veramente senza ritegno… o altresì detto, bugiardo il padrone, bugiardo il suo manutengolo.

  3. Lavrov, oltre che giustamente stigmatizzare la politica estera altrui, dovrebbe anche ascoltare quando un alleato di sempre, il bielorusso Alyaksandr Lukashenka, commenta la politica neoimperiale russa non solo nei confronti dell’Ucraina, ma anche di Georgia e Moldovia.

    “Allora dovremmo dare alla Mongolia e Kazakistan e a qualcun altro praticamente tutto il territorio della Russia e l’Europa occidentale e l’Europa orientale – fatta eccezione per la Bielorussia”, ha detto. “Loro [i mongoli] lo hanno ceduto a noi in qualche modo, ma non ce lo chiedono indietro. Allora, qual è il punto di tornare a quello che era in passato? Non possiamo giocarci ai dadi i confini di nuovo.” (5 ottobre, Kazakhstan’s 16/12 Internet television)
    Ha aggiunto che i confini attuali dell’Europa sono rinforzati da numerosi accordi internazionali, che non possono essere ignorati e non deve essere annullati.
    Non a caso ha citato il Kazakistan dopo che durante una conferenza stampa nel mese di agosto, Putin fece scattare campanelli d’allarme ad Astana sostenendo che “i kazaki non avevano un proprio stato”, e che il moderno Kazakistan è stato “creato” dal presidente kazako Nursultan Nazarbaev.

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