Il 10 agosto la Turchia sceglierà un nuovo presidente della Repubblica, per la prima volta attraverso un’elezione popolare diretta. Nel caso in cui nessuno dei candidati superi il 50% delle preferenze, il ballottaggio tra le due personalità più votate è previsto per il 24 agosto. La data è da considerarsi storica per la Turchia, non solo in virtù dell’inedita modalità d’elezione, ma anche perché giunge in un momento molto particolare per la società turca, segnata da una contrapposizione sempre più radicalizzata tra i sostenitori del partito di governo AKP e i suoi oppositori.
I candidati per la presidenza, ufficializzati soltanto nel mese di luglio, sono Recep Tayyip Erdoğan, Ekmeleddin İshanoğlu e Selahattin Demirtaş. Se l’attuale premier turco non necessita certamente di alcuna presentazione, è bene spendere alcune parole sugli sfidanti, pressoché sconosciuti al pubblico italiano.
İhsanoğlu: un intellettuale per la sfida congiunta di kemalisti e nazionalisti ad Erdoğan
Al professor Ekmeleddin Mehmet İhsanoğlu (il cui nome è spesso abbreviato semplicemente in Ekmel), settantacinquenne ex presidente dell’Organizzazione per la cooperazione islamica (OCI), spetterà il pesante ruolo di principale avversario di Erdoğan. Nato da una famiglia turca al Cairo, dove il padre era professore universitario di lingua e letteratura turca, İhsanoğlu è un accademico molto stimato e un intellettuale noto per il suo impegno in favore del dialogo tra l’Occidente e il mondo islamico. Nel 2007 fu tra i firmatari de Una parola comune tra noi e voi, il manifesto da parte musulmana dell’invito al dialogo interreligioso tra Cristianesimo e Islam, sulla base di credenze e valori largamente comuni.
La sua candidatura congiunta da parte dei kemalisti del CHP e degli ultranazionalisti del MHP ha stupito non poco l’opinione pubblica turca. Benché İhsanoğlu sia evidentemente una personalità molto più pacata di Erdoğan, non c’è alcun dubbio che egli sia per molti aspetti più vicino agli ambienti religiosi moderati che non a quelli laicisti a cui fa riferimento il CHP. Allo stesso modo la sua vicinanza culturale ai paesi arabi – dove del resto è nato e cresciuto, essendo quindi sostanzialmente bilingue – e i legami con Stati Uniti, Israele e Arabia Saudita potrebbero alienargli le simpatie di molti nazionalisti.
In ogni caso il problema principale è che İhsanoğlu, prima della candidatura, era sostanzialmente sconosciuto a gran parte dell’opinione pubblica turca. Opporsi ad una personalità carismatica come Erdoğan sul piano della popolarità sarà dunque estremamente difficile. A suo vantaggio, proprio in virtù del suo scarso coinvolgimento nella vita politica turca e dell’immagine da moderato, İhsanoğlu potrà però puntare a coinvolgere un bacino elettorale molto ampio e diversificato. Lo dimostra il bizzarro ed eterogeneo caleidoscopio di partiti minori che hanno dichiarato di supportarne la candidatura: si va dai marxisti del TSİP, fino agli islamisti del BBP.
Demirtaş, un curdo per il rilancio della sinistra turca
L’HDP, principale partito a sinistra del CHP nello scacchiere politico turco, ha tuttavia deciso di non supportare İhsanoğlu, candidando alla presidenza il proprio segretario di origine curda Selahattin Demirtaş. L’HDP è infatti nato nei mesi successivi agli eventi di Gezi Parkı come tentativo di trasformare il radicalismo curdo in un moderno movimento della sinistra europea, in grado quindi di superare la sua tradizionale connotazione etnica per rappresentare tutta la Turchia. Anche in questa prospettiva è tuttavia legittimo chiedersi se un personaggio come Demirtaş, in passato fortemente identificato con il nazionalismo curdo, sia il più adatto per proporsi a ricoprire la più alta carica dello stato turco.
Gli scenari possibili sono realisticamente due: la vittoria di Erdoğan al primo turno o il ballottaggio tra l’attuale premier e İhsanoğlu. Decisiva sarà la disponibilità degli elettori più tradizionalisti del CHP e del MHP a votare un candidato così atipico. Il ruolo di Demirtaş sarà comunque importante, benché la vittoria finale non sia assolutamente alla sua portata. La presa di distanza dalla candidatura di İhsanoğlu da parte del HDP – l’unico partito realmente di sinistra di una certa importanza in Turchia – potrebbe delegittimare ed affossare in partenza la corsa alla presidenza del principale candidato dell’opposizione.
Ma potrebbe anche succedere che la scelta del HDP convinca molti curdi e persone di sinistra a partecipare al primo turno delle elezioni, che avrebbero forse disertato, votando per Demirtaş. In questo modo a esserne danneggiato sarebbe il progetto di Erdoğan di raggiungere il 50% delle preferenze al primo turno. A quel punto, un eventuale ballottaggio trasformatosi in un vero e proprio referendum su Erdoğan, potrebbe riservare brutte sorprese per l’attuale padrone della politica turca, che rimane comunque largamente favorito.
FOTO: Sabah