REP. CECA: Jan Neruda e la miseria di Malá strana

Jan Neruda è stato uno dei più grandi poeti cechi. Nato nel quartiere praghese di Mala Strana, dovette sfidare la povertà, la critica verso il suo sperimentalismo, il fatto di essere troppo poco “tedesco” in quella Praga ancora austriaca che cominciava a svegliarsi con i rintocchi del 1848. Il poeta cileno Pablo Neruda, al secolo Neftalí Reyes Basoalto, scelse come pseudonimo il cognome del poeta ceco in omaggio alla sua opera. 

Nel 1973, nella prima edizione di Praga magica, Angelo M. Ripellino descriveva Malá strana come un quartiere che “sembra immerso in un altissimo sonno e come estraneo al brulichìo della vita.”

Eppure solo poco meno di cento anni prima Jan Neruda pubblicava a Praga la prima edizione de “I Racconti di Malá strana” (Povídky malostranské, 1878), una raccolta di tredici racconti precedentemente apparsi su varie riviste tra cui Narodní listy e Lumír, nei quali Neruda celebrava le miserie e le ricchezze (economiche e morali) degli abitanti dei vicoli del quartiere attraverso storie di quotidianità tutt’altro che sonnolente. Oggi zona di passaggio turistico, si trattava all’epoca di un quartiere socialmente variegato: nobili, borghesi, proletari, persone di lingua tedesca o ceca, di religione ebraica o protestante, si rendevano protagonisti della vita del quartiere che Neruda ha descritto e della quale è stato esso stesso partecipe.

Attraverso la narrazione di fatti veri o verosimili, Neruda ci fornisce un quadro generale dell’umanità che popolava Malá strana, un mondo chiuso al nuovo, al progresso, chiacchierone, ma estremamente vivo. Un microcosmo che la critica ha di recente definito “infido”. Un microcosmo in cui il provincialismo e la cattiveria la fanno da padrone e in cui i rari personaggi dotati di sensibilità e a loro modo anticonformisti sono costretti a soccombere anche quando sembra che le loro lotte giungeranno a buon fine. A rendere più amara la lettura dei racconti è la sottile ironia del narratore-Neruda che commenta causticamente i fatti o trova voce nelle parole dei personaggi.

Nato nel 1834 nella caserma di Újezd, proprio a Malá strana, visse nel quartiere fino ai trentacinque anni – a lui è intitolata la strada principale, Nerudova, in cui abitò dal 1845 – nella casa materna. Seppur di umilissimi origini ebbe la possibilità di studiare e di diventare uno scrittore e un giornalista affermato, cosa che non gli evitò però la povertà. Non ebbe quindi a causa della sua condizione grande fortuna nella vita amorosa, rimanendo solo nonostante vari amori, di cui uno con Anna Holinová durato dieci anni.

Si dedicò alla stesura di versi – è da lui che il cileno Pablo Neruda ha tratto lo pseudonimo – ma le sue raccolte Hřbitovní kvítí (Fiori di cimitero, 1857), Knihy veršů (Libri di versi, 1867), Písně kosmické (Canti cosmici, 1878), Balady a romance (Ballate e romanze, 1883) e Prosté motivy (Semplici motivi, 1883) non riscossero mai il successo sperato, se non postumo. Il talento di poeta, che lui sentiva più suo, non gli fu mai riconosciuto, nonostante l’obiettiva incisività del linguaggio. La stessa sorte conobbe il suo lavoro di prosa, fatta eccezione per gli innumerevoli feuillettons giornalistici che scrisse. Oltre i già citati Racconti, celebri sono i suoi Arabesky (Arabeschi, 1864) e Různí lidé (Gente varia, scritto durante i suoi viaggi all’estero).

La ragione per cui il pubblico e la critica del tempo gli furono tanto avversi è da ricercarsi nel suo realismo; i temi da lui trattati furono sempre ritenuti troppo rozzi o immorali o indegni; la lingua di cui servì troppo vicina al parlato popolare, ancora oggi attuale; in generale ebbe una visione del mondo troppo lontana da quella comune, “tedeschizzata” dalla forte presenza tedesca a Praga. Ed è invece proprio per queste ragioni che noi contemporanei possiamo apprezzarne e leggerne l’opera: sostanzialmente Neruda, anche quando fu un brillante giornalista, non volle inserirsi completamente negli ambienti colti e raffinati che pure frequentava, ma rimase dotato di grande sensibilità verso i problemi delle classi più degradate e sempre attaccato alla miseria delle sue origini, miseria che lo accompagnò fino alla morte, avvenuta nel 1891 in completa solitudine.

Chi è Marzia Romano

Classe 1990, laureata magistrale in lingua e letteratura ceca presso L'Orientale di Napoli. Collabora con la rivista Napoli Monitor e ha partecipato alla redazione dei due volumi dello street artist Cyop&Kaf "QS" e "Taranto, un anno in città vecchia".

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