Il tradimento di Hollande

Cattive notizie dalla Francia. Dopo la sostanziale delusione delle aspettative delle Sinistre dei Paesi dell’Europa meridionale a proposito di un fantomatico “cambiamento di rotta” della politica tedesca a seguito delle elezioni nazionali, un nuovo duro colpo si abbatte sulla vagheggiata intesa tra Paesi periferici, gruppo a cui la Francia appartiene, gli attori di una reazione comune che avrebbe dovuto convincere la Germania ad ammorbidire il pugno di ferro dell’austerità fiscale.

Ovviamente, non ci riferiamo alla vita privata del Presidente. La cattiva notizia è che la Francia ha ceduto formalmente alle pressioni di Berlino, accettando di giocare allo stesso gioco sporco del dumping salariale e dell‘attacco al welfare perpetrato da un decennio dalla Germania per risolvere, almeno nel breve termine, gli scompensi economici da deficit di competitività di cui anche la Francia soffre. Una notizia che è nell’aria da tempo, se anche l‘Economist arriva a chiedersi, a meta’ tra il beffardo e l’incredulo, se il socialista Hollande non sia diventato liberista.

Dopo aver disatteso la maggior parte delle promesse elettorali, espulso immigrati rom, alzato le tasse sul valore aggiunto, ed essersi principalmente distinto in politica estera per la difesa manu militari degli interessi dell’eurozona in Africa, il tradimento di Hollande nei confronti dei suoi elettori si rivela all’opinione pubblica con la sua virata di bordo nell’interpretazione delle priorità della politica economica nazionale.

Anche la Francia socialista promuove così la riduzione del costo del lavoro, una misura di stampo Sarkozista già celebrata dalla Confindustria francese come l’unica via di uscita da un problema che riguarderebbe il lato dell’offerta (supply-side). La vulgata della competitività a tutti i costi si afferma nuovamente oltralpe per mano di colui che avrebbe dovuto esplorare strade alternative al progetto tedesco per l’economia europea. Scelta di dubbia efficacia, visto che gli Stati Uniti sono usciti dalla crisi grazie a misure di segno opposto ed il Giappone sostiene apertamente l’aumento dei salari per rilanciare l’economia.

Leggiamo in questa mossa di Hollande il tentativo ormai disperato di arginare un prossimo pesante insuccesso elettorale, cercando in extremis il supporto dell’imprenditoria e dell’elettorato di centro-destra. In un momento in cui il consenso di cui il Presidente gode è al minimo storico, forse non rimanevano altre carte da giocare sul fronte politico nazionale. Ma un’improbabile effetto positivo sulle prossime elezioni europee a marzo, tralasciando quelli probabilmente trascurabili o addirittura negativi verso la ripresa economica, potrebbe esser pagato a caro prezzo dalla Francia e dagli altri paesi in crisi sullo scenario politico e diplomatico europeo.

Il tradimento di Hollande avviene in un momento assai delicato, forse il peggiore momento possibile per una accettazione supina del volere della Germania. Il 2013 si è concluso infatti con risultati deludenti per l’economia tedesca, appena uno 0.4% di crescita sull’intero anno. La crisi provocata dalle politiche salariali e la depressione del mercato interno tedesco, che di riflesso hanno costretto le economie periferiche all’austerità, sta raggiungendo infine la Germania, che a cinque anni dall’inizio della cosiddetta crisi ormai non puo’ piu’ contare sui partner del Mercato Unico per assorbire l’eccedenza della la sua produzione.

Il meccanismo della concorrenza sleale che ha condotto al temporaneo successo della grande industria e finanza tedesca si è quindi finalmente inceppato. Ma sono pronti vari piani per approfittare del momentaneo primato politico tedesco basato sui rapporti di forza ancora favorevoli. Il meccanismo di stabilità ESM, preparato dai tecnici della Banca Centrale Europea, è uno di questi. Ma da poco è trapelata la notizia di un inaudito tentativo di legare gli Stati dell’unione usando ‘contratti’ o patti bilaterali tra Paesi, con i quali verrebbero scavalcate completamente le istituzioni europee lasciando libera la Germania di imporre le sue condizioni in cambio di aiuti economici.

Sembra quindi che la Germania si stia preparando a continuare le attuali politiche di mercantilismo e aggressione economica ai danni dei suoi partner dell’Unione anche in caso di vittoria dell’opposizione cosiddetta euroscettica alle elezioni europee. E il tradimento di Hollande riduce di molto le chances di una risposta diplomatica ferma e concertata contro l’assurdo disfacimento della solidarietà europea, sotto i folli e implacabili colpi di una ideologia economica spietata che aspira alla dominazione sotto la maschera dell’efficienza e del rigore. Tutto questo, beninteso, accade mentre si chiede agli ignari elettori dei paesi in crisi di tirare la cinghia e continuare a credere nel grande sogno europeo.

Chi è Matteo Zola

Giornalista professionista e professore di lettere, classe 1981, è direttore responsabile del quotidiano online East Journal. Collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso e ISPI. E' stato redattore a Narcomafie, mensile di mafia e crimine organizzato internazionale, e ha scritto per numerose riviste e giornali (EastWest, Nigrizia, Il Tascabile, Il Reportage). Ha realizzato reportage dai Balcani e dal Caucaso, occupandosi di estremismo islamico e conflitti etnici. E' autore e curatore di "Ucraina, alle radici della guerra" (Paesi edizioni, 2022) e di "Interno Pankisi, dietro la trincea del fondamentalismo islamico" (Infinito edizioni, 2022); "Congo, maschere per una guerra"; e di "Revolyutsiya - La crisi ucraina da Maidan alla guerra civile" (curatela) entrambi per Quintadicopertina editore (2015); "Il pellegrino e altre storie senza lieto fine" (Tangram, 2013).

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5 commenti

  1. Resto sempre affascinato dalla sicura certezza delle “anime belle” che ritengono che, con la Sinistra al potere, tutti i problemi economici saranno risolti con estrema facilità. Passano alcuni mesi e sempre le “anime belle” si scagliano contro il tradimento dell’eletto. Quanto all’intervento militare vi sono paesi africani che sono in mano a in mano a bande di Al-Qaeda che impongono la loro volontà e rappresentano una infezione per tutto il continente africano, pericolo che le autorità locali non sono in grado do fronteggiare. Oltre l’intervento manu militari quale politica dovrebbe seguire l’Europa nei loro confronti?

  2. L’intervento a difesa dei diritti umani in Repubblica Centrafricana è compito dell’Onu, non della Francia che è peraltro già intervenuta in Libia e Mali nel recente passato. L’intervento francese è legato a interessi economici, nello specifico oro, uranio e diamanti.
    La motivazione spesso addotta a favore dell’intervento francese è: “la Francia è l’ex potenza coloniale di questi paesi con cui mantiene legami storici, culturali ed economici”(1), ragione che a mio modo di vedere dovrebbe impedire ai francesi l’intervento piuttosto costituirne una via privilegiata, per evitare fenomeni come il neocolonialismo.
    (1) Bernard Guetta, La France et l’Afrique http://www.franceinter.fr/emission-geopolitique-la-france-et-lafrique

  3. Se l’ONU eccelle in qualche attività é proprio quella di non intervenire, vedi genocidio ruandese. Aggiungasi che l’Organizzazione degli Stati africani contende all’ONU questo primato e si ha un’idea di quanto avviene e avverrà in Africa.

  4. Se non si dice chiaro che l’architettura economica mondiale è fallimentare e criminale si continuerà a correre verso il disastro. Liquidare la globalizzazione liberista è ormai un imperativo, il sistema è studiato per ingrassare le elites impoverendo tutti gli altri. Negli USA ormai c’è gente che lavora con salari asiatici, il ricatto delle delocalizzazioni funziona. Quanto a destra/sinistra ormai è solo una finzione, sono ugual in tutto al punto che devono inventarsi i matrimoni gay per differenziarsi almeno in qualcosa.

  5. Domanda: Con quale sistema economico andrebbe sostituito il capitalismo. Questo é il problema.

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