È morto Giovanni Catelli. Si tratta di una cosa contro cui il pensiero si rivolta, Giovanni è un uomo di passione, di vita. La morte non lo può riguardare. Non lo riguarderà, noi continueremo a ricordarlo. Era malato da tempo, un male di quelli contro cui non si può vincere, lo sapevamo eppure la sua morte non era attesa. Verrò a trovarti, ti avevo detto. Ci sono tante cose di cui dobbiamo ancora scrivere Giovanni, tante discussioni e tanti scontri, le tue idee, le nostre. Il mondo va gambe all’aria e tu non puoi andare via proprio ora. C’è un acquazzone a sorprenderci, un libro da scrivere e quella guerra – che hai previsto, denunciato, e contro cui ti sei ribellato – quella guerra da capire, da raccontare, mentre intorno a noi sale la cortina fumogena. La morte non è cosa che ti riguardi, Giovanni. E adesso che si fa? Non sono venuto a trovarti. Non sono capace di salutare. Non sapevo cosa dirti, la tua mente era assorta in nuovi pensieri che non riuscivo a intendere, e questioni più pratiche in capsule o granuli, la mano dell’iniezione, il risultato dell’ultimo esame.
È morto Giovanni Catelli, è morto un poeta. Appendi la tua giacca nel buio, scrivi ancora una parola. Tu lo vedi, ora il battello si stacca. La parola è la tua, su questa riva noi siamo muti. Hai scritto tanto, e non basta ancora: In fondo alla notte, Partenze, Geografie, Lontananze, Treni, Diorama dell’Est. E poi Camus deve morire, che dovevamo farlo insieme e poi mi sono tirato indietro, ed è stato un successo, tradotto in sette lingue, la prefazione di Paul Auster, anche lui scomparso l’anno scorso. E infine Parigi e un padre, candidato allo Strega nel 2021.
È morto Giovanni Catelli, scrittore. Hai scritto tanto Giovanni, qui da noi avevi anche una tua rubrica in cui leggere di letteratura. Da noi. Quanto hai creduto tu in questo nostro giornale non l’ha fatto nessuno. Quanto mi hai sostenuto, incoraggiato, rimproverato, difeso, che East Journal senza te non è più stato la stessa cosa. E non lo sarà. Chissà se abbiamo ricomposto quello sciocco dissidio, non è sempre stata di pianura la nostra amicizia. Ma è stata, e te ne ringrazio.
È morto Giovanni Catelli, viaggiatore di confine, sul limitare dei mondi, in quell’Europa orientale che avevi dentro, come una tua personale geografia, e di cui conoscevi gli umori, le strade, gli incubi. Quando dovevamo capire qualcosa di più profondo, qualcosa che non stava scritto nei rapporti e nelle ricerche d’accademia, ma di profondo e vivo, venivamo da te. Adesso non sapremo più da chi andare. Ci lasci così, quasi orfani.
Giovanni scusa se non ti saluto. Ci vediamo presto. Noi andiamo ancora nel buio con la nera fiducia dell’onda.
East Journal Quotidiano di politica internazionale