UCRAINA: A conti fatti ha vinto la mafia di Yanukovich. L’Europa non ha nulla da offrire

Dopo l’incontro di Mosca tra Putin e Yanukovich, la crisi ucraina si sta avviando verso la soluzione che sin dall’inizio sembrava più prevedibile. L’apparente incertezza con la quale il governo ucraino si barcamenava tra Bruxelles e Mosca era in realtà volta a spuntare da entrambe le parti le migliori condizioni possibili per sostenere un’economia all’orlo del default. L’ideale sarebbe stato ottenere concessioni sul piano del commercio estero da entrambi i lati, ma certo le condizioni di favore ottenute sulle tariffe del gas, ridotte da 400 a 268,5 dollari ogni mille metri cubi, e l’acquisto di 15 miliardi di dollari in titoli di stato ucraini, sono un toccasana quasi insperato, che permette di puntellare un regime fortemente in discussione.

Il convergere di decine di migliaia di persone sulla Piazza dell’Indipendenza non rappresenta semplicemente il desiderio di avvicinarsi all’Unione Europea: significa che la società ucraina é stanca ed esasperata da anni di illegalità e di sistematico saccheggio delle risorse del paese che ha portato miliardi di dollari nelle tasche del presidente e della sua famiglia, del figlio in particolare, e degli oligarchi che lo circondando e sostengono; nessuno, nemmeno gli oligarchi più forti, come Rinat Akhmetov, è al riparo dall’avidità insaziabile della famiglia presidenziale, e nessun bene situato sul territorio ucraino può essere sottratto alle pretese del potere. Anche per questo le misure di sicurezza attorno alla persona del presidente sono costantemente rafforzate per timore di attentati. Da anni, ormai, migliaia di piccole, medie e grandi imprese sono state espropriate con la forza da emissari del governo e del partito dominante; nessun imprenditore può prosperare senza condividere i propri guadagni con qualche rappresentante delle autorità.

La maggior  parte delle banche europee, comprese alcune banche italiane, entrate qualche anno fa nel mercato ucraino acquistando banche locali, stanno cercando di andarsene. Oltre ad aver sopravvalutato le possibilità del marcato, hanno compreso che le leggi scritte restano appunto puramente scritte, senza alcun vigore nei confronti dei poteri locali.

Il sostegno di Mosca permette al governo di evitare in extremis il default ed è un formidabile puntello per proseguire nelle proprie attività di esproprio dell’economia. L’Unione Europea, al di là dei buoni propositi, e di minime facilitazioni commerciali, non avrebbe potuto e non potrà offrire molto di più a una economia comunque dipendente da Mosca sul piano energetico e commerciale, ed esposta, da quel lato, a ricatti e intimidazioni brutali che l’Europa politically correct neppure immagina. Sul campo esistono pesi, misure e metodi neppure comparabili che sono destinate a legare senza discussione il destino dell’Ucraina a quello della Russia.

Vladimir Putin ha più volte dichiarato che neppure nei peggiori incubi avrebbe potuto ipotizzare di schierare missili contro Kiev. La realtà è che la Russia non rinuncerà mai all’influenza decisiva sull’Ucraina e alle proprie basi navali sul Mar Nero. Si tratta di un’evidenza geopolitica non negoziabile. Purtroppo contro questa evidenza dovranno lottare i manifestanti di Piazza dell’Indipendenza che si vedono condannati a sopportare ancora per decenni governi sostanzialmente mafiosi, che resisi indispensabili, potranno continuare impunemente le proprie politiche di rapina.

Foto Il Mondo

Chi è Matteo Zola

Giornalista professionista e professore di lettere, classe 1981, è direttore responsabile del quotidiano online East Journal. Collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso e ISPI. E' stato redattore a Narcomafie, mensile di mafia e crimine organizzato internazionale, e ha scritto per numerose riviste e giornali (EastWest, Nigrizia, Il Tascabile, Il Reportage). Ha realizzato reportage dai Balcani e dal Caucaso, occupandosi di estremismo islamico e conflitti etnici. E' autore e curatore di "Ucraina, alle radici della guerra" (Paesi edizioni, 2022) e di "Interno Pankisi, dietro la trincea del fondamentalismo islamico" (Infinito edizioni, 2022); "Congo, maschere per una guerra"; e di "Revolyutsiya - La crisi ucraina da Maidan alla guerra civile" (curatela) entrambi per Quintadicopertina editore (2015); "Il pellegrino e altre storie senza lieto fine" (Tangram, 2013).

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