Nessuna prova di un complotto, dietro l’incidente aereo che nel 1943 costò la vita al generale Wladyslaw Sikorski, capo di governo in esilio della Polonia. E’ la conclusione dell’Istituto Nazionale sulla Memoria (IPN) polacco, ente storico ma anche inquirente, dopo cinque anni di indagini. Gli storici dell’istituto hanno esaminato i corpi di Sikorski e di altri tre polacchi uccisi nello schianto, interrogato testimoni e esaminato i vecchi documenti. Andrzej Arseniuk, portavoce dell’istituto, ha detto che non e’ stata trovata alcuna prova di reato ed ha di fatto confermato le conclusioni dell’inchiesta britannica, che aveva attribuito il disastro ad un blocco al timone d’altitudine. Tuttavia Arseniuk ha anche detto che l’inchiesta polacca potrebbe essere riaperta se emergessero nuove prove. Salta così, per ora, un’altra delle diverse ipotesi di complotto, tanto care ad una certa storiografia e pubblicistica polacca.
Sikorski era primo ministro del governo in esilio della Polonia a Londra, quando morì in un misterioso incidente aereo poco dopo il decollo da Gibilterra. Era sulla via del ritorno da un’ispezione delle truppe polacche in Africa, in un momento in cui il suo paese era sotto occupazione nazista e sovietica.
Tuttavia Sikorski era in quel momento ai ferri corti col leader sovietico Stalin, per via del massacro di Katyn, in cui avevano trovato la morte più di 20.000 ufficiali polacchi che erano stati fatti prigionieri dalle truppe sovietiche. Secondo la vulgata, smentita ora anche dall’IPN, tale disputa sarebbe stata alla base di una macchinazione sovietica volta a sbarazzarsi dell’ingombrante Sikorski.
Secondo un’altra interpretazione, sarebbero stati invece gli Alleati a volersi levare di torno Sikorski, irritati dalla controversia russo-polacca su Katyn che rischiava di mettere i bastoni tra le ruote della collaborazione coi sovietici contro i nazisti. Tale tesi venne popolarizzata nella pièce teatrale del 1967 di Rolf Hochhuth intitolata Soldaten. Nekrolog auf Genf in cui Winston Churchill emergeva come responsabile dell’assassinio di Sikorski (il pilota cecoslovacco del velivolo, Eduard Prchal, portò causa per diffamazione contro Hochhuth, vincendola).
Katyn e’ uno dei temi caldi della memoria storica della Polonia, portato avanti soprattutto dai partiti conservatori di destra, e che periodicamente infiamma il dibattito politico interno e le relazioni russo-polacche. Lo stesso IPN non è rimasto estraneo a tali controversie e politicizzazione.
Nel 2010 la morte del presidente polacco Kaczynski nel disastro aereo di Smolensk, in Russia, aveva fatto parlare di una “seconda Katyn”. Presto erano anche apparse false notizie su una possibile bomba a bordo. Nello stesso schianto era morto anche l’ex presidente dell’IPN Janusz Kurtyka, della cerchia di Kacyznski.
Sikorski e’ oggi sepolto nella cripta del castello del Wawel a Cracovia, dove dal 2010 riposa anche Kaczynski.
A proposito dell’eccidio di Katyn chi scrive ricorda il caso, nello stesso tempo drammatico e umoristico, del professore Vincenzo Mario Calmieri, direttore dell’Istituto di medicina legale della Regia Università degli studi di Napoli che, invitato a Katyn insieme a scienziati di paesi neutrali, confermò che il massacro risaliva al periodo in cui Katyn era occupata dall’Armata Rossa. All’ora della liberazione di Napoli i suoi colleghi di fede comunista, che in passato avevano aderito all’ordine di iscrizione al partito nazionale fascista, si scagliarono contro il malcapitato definito “di opinioni e passato fascista”, chiedendone l’espulsione, mentre le sue lezioni negli anni 1946-1947 furono turbate da studenti comunisti.