da PRISTINA – Una vigilia importante, un “voto osservato” ed una forte coscienza comune. Durante l’intero processo elettorale la Repubblica del Kosovo appare come pervasa da mille volti, propositi ed interessi. Pristina, nelle ore precedenti all’apertura dei seggi, sprigiona un’ambigua tranquillità. Giungendo da Bulevard Bill Clinton sino al cuore della città si possono osservare maree di giovani sorridenti che sfilano per le strade della capitale incrociandosi con autovetture diplomatiche e militari (Eulex, UN, KFOR ed Observer). Nessuna protesta o manifestazione. Sono semplicemente numerosi. Le statistiche dicono che almeno il 60% della popolazione è di età inferiore ai 35 anni, mentre il 40% di questi è sotto i 25. I cantieri, invece, accelerano i lavori così come la macchina propagandistica dei partiti pronti a sfidarsi.
L’attesa
Per meglio rendersi conto del vasto panorama pre-elettorale ci rechiamo in edicola per comprare un quotidiano. Il più oggettivo possibile. Il parere del giornalaio arriva in sottofondo: “Non fatevi influenzare dai partiti, cercate di dar voce alla gente comune”. Un consiglio da non sottovalutare se si vuole sapere quali siano i reali bisogni dei cittadini.
In un bar del centro, in Rruga Agim Ramadani, un abitante capitolino fa luce sui dubbi della popolazione : “Procede un esperimento politico da parte delle delegazioni internazionali”. Una voce non isolata la sua, viste le copiose scritte murali recanti: “Eulexperiment”, ove il Kosovo risulta da cavia soprattutto in relazione al processo di normalizzazione dei rapporti con la Serbia. Anche la città di Mitrovica, simbolo dell’agguerrita divisione etnica kosovara, è al centro dei ragionamenti del nostro interlocutore il quale sostiene che la tensione viene fomentata al nord per un preciso pretesto affaristico, in cui alcuni esponenti politici sarebbero coinvolti. In una situazione di stallo, in cui lo Stato fatica ad intervenire, possono continuare a vivere traffici e business illegali. Dello stesso avviso è Besnik, nostro mediatore: “Uomini d’affari serbi e albanesi collaborano. Tuttavia quando si tratta di soldi non si parla di nazionalismo”1.
Sono ore di fermento nell’attesa di andare alle urne. In relazione al bizzarro contesto amministrativo kosovaro abbiamo chiesto parere al portavoce dell’AAK, il partito di Ramush Haradinaj (ex comandante UCK).“L’Eulex come l’Unmik ha completato il suo percorso” tuttavia, dice il portavoce: “Rimane l’unico intermediario con l’UE”. Per quanto riguarda la questione a nord del fiume Ibar riferisce, inoltre, che l’intento del suo schieramento politico è a favore di trattare la minoranza serba alla pari di quella bosgnacca, rom, turca o egiziana. Senza ulteriori agevolazioni.
Il voto
Il 3 novembre i cittadini della capitale si presentano alle urne ed esercitano il loro dovere-diritto. Sono giovani, anziani, uomini e donne fiduciosi di voler cambiare la loro città. Il Kosovo è uno stato in transizione, in cui la fede nelle istituzioni è ancora in fase di consolidamento.
I numeri degli affluenti già dalle prime ore del mattino sono soddisfacenti. La direttrice del seggio elettorale in cui ha votato anche il premier Hashim Thaçi, riporta di uno svolgimento senza alcuna irregolarità o eventuali situazioni sconvenienti. Sul territorio kosovaro sono presenti cento osservatori dell’UE, sotto la direzione di Roberto Gualtieri (europarlamentare, del PD italiano), quasi a rassicurare la popolazione che il suo voto non andrà manipolato.
Altro seggio, uguale rispetto nell’applicazione della democrazia. A Prizren, città nel sud del Paese, un giovane cameriere comunica di aver votato sebbene non dimostri particolare fiducia rispetto i propri rappresentanti. “Chiunque vinca, io sono un cameriere e tale rimarrò. Non cambierà nulla!”.
Una volta ritornati a Pristina, scopriamo che il Partito Forte dichiara: “Fitore!” (vittoria). Una dichiarazione goliardica così come si presenta questo sorprendente partito. Fondato in un locale del centro, da ragazzi e ragazze con marcate attitudini artistiche, tale schieramento rappresenta il lato satirico del teatro politico. Contro ogni retorica e con evidente carica ironica, ha presentato i suoi candidati nella capitale, e dallo spoglio ufficiale, risulta assegnatario di un seggio nel consiglio comunale.
Post-elezioni
Mentre Pristina festeggia con tanto di fuochi d’artificio Isa Mustafa (leader di LDK e sindaco uscente), arriva la notizia che a Mitrovica la situazione è peggiorata. Diverse persone mascherate hanno fatto irruzione in alcuni seggi, con fumogeni distruggendo le urne. Valdete Daka, presidente della Commissione Centrale per le Elezioni, annuncia nella conferenza stampa che i voti nei comuni di maggioranza serba saranno annullati.
A Mitrovica il giorno dopo l’evento elettorale si manifesta, qua e là, un esagerato allarmismo circa l’irruzione. “Sono entrati con i kalashnikov!”, sostiene un abitante. La pattuglia dei carabinieri italiani sul ponte, che separa la parte nord serba da quella sud albanese, dimostra un atteggiamento molto più positivo.
La città di Mitrovica vive in uno stallo istituzionale caricato di allarmismi indotti spesso nella popolazione, il medesimo stallo in cui si trova l’intero paese alla fine di queste elezioni. Tutti i partiti sono finiti al ballottaggio e soltanto il 2 dicembre si scoprirà definitivamente chi guiderà i comuni del Kosovo.
Un commento
Pingback: Io sono stato in Kosovo – Prima parte | col Dialogo in corpo