Si avvicina l’autunno e con esso l’appuntamento del vertice di Vilnius del 28-29 novembre tra l’Unione Europea e i paesi del suo Partenariato Orientale (EaP), ossia tutti gli stati post-sovietici tranne la Russia. Per l’Ucraina, così come per altri paesi dell’area, potrebbe essere la volta buona (e anche l’ultima occasione) per firmare i trattati di associazione con l’UE.
La strategia di Bruxelles: commercio e democrazia per l’Europa orientale
Le relazioni tra l’UE e i paesi ai suoi confini orientali si basano ancora sugli Accordi di partenariato e cooperazione (PCA), firmati negli anni ’90 a seguito delle indipendenze, in continuità all’accordo di commercio e cooperazione tra UE e URSS del 1989. Gli accordi PCA ponevano l’accento sulle necessità della transizione economica, dello stato di diritto e del rispetto dei diritti civili, e prevedevano incontri annuali di vertice tra UE e vertici nazionali. I loro risultati sono rimasti tuttavia modesti.
Con l’allargamento a est dell’UE, nel 2004, Bruxelles ha messo in piedi una Politica europea di vicinato (ENP), volta a inquadrare le relazioni tra l’UE e i suoi partner tanto del sud (paesi arabo-mediterranei e Israele, all’interno dell’Unione per il Mediterraneo) quanto dell’est (Partenariato Orientale), sotto la responsabilità dello stesso Commissario, il ceco Štefan Füle, che segue l’allargamento dell’Unione a Turchia e Balcani.
Ma nell’ultimo decennio la politica europea di vicinato non ha prodotto molto. Da una parte, le relazioni coi paesi arabi, improntate a garantire stabilità e impedire i flussi migratori nel Mediterraneo, si sono arenate sugli scogli delle primavere arabe. Dall’altra, i paesi d’Europa orientale hanno anch’essi vissuto un decennio di instabilità dei regimi più democratici, con i fallimento delle rivoluzioni colorate, e di stabilità dei regimi più repressivi.
Quale futuro dunque, per una politica estera di vicinato che vorrebbe influenzare i paesi dell’Europa orientale, ma che non può permettersi ancora di promettergli che un giorno faranno anch’essi parte dell’UE? L’idea originaria, avanzata da Romano Prodi durante la prima visita di un Presidente di Commissione in Armenia nel 2004, era di offrire “un interesse nel mercato interno” (a stake in the Single Market), attraverso una progressiva liberalizzazione commerciale che legasse sempre più i paesi dell’area a quelli dell’UE, offrendo loro anche un’alternativa alla talvolta oppressiva politica commerciale russa verso il suo “estero vicino”. L’argomento è stato rilanciato nel 2011 con l’iniziativa di condizionalità positiva “more for more“: le relazioni di vicinato con l’UE sono aperte in maniera progressiva ad una maggiore integrazione con i paesi che vi si impegnano di più, in vista – chissà! – di un loro possibile passaggio verso la politica d’allargamento.
Tali visioni si sono concretizzate nel negoziato di una serie di Accordi di associazione (AA), che rimpiazzino gli ormai obsoleti accordi PCA con un’associazione politica e un’integrazione economica, inclusa la prospettiva di una liberalizzazione dei visti. Il loro volano commerciale è un Deep and Comprehensive Free Trade Agreement (DCFTA) che instauri un regime di libero scambio tra l’UE e i paesi del vicinato orientale, includendo un’armonizzazione del diritto interno sugli standard UE.
La risposta di Mosca: integrazione euroasiatica e ricatti energetici
Ovviamente la prospettiva non piace a Mosca, che vede i paesi dell’Europa orientale come parte esclusiva del proprio “estero vicino” più che come attori indipendenti sulla scena internazionale. La Russia ha così ravvivato la propria strategia di una Unione doganale euroasiatica, costruita a partire dall’attuale unione doganale con Bielorussia e Kazakhstan.
Non è difficile comprendere come tale progetto non trovi il favore di molti altri stati post-sovietici, ai quale appare come troppo sbilanciato a favore di Mosca e troppo legato ad economie non certo competitive come quella russa. Ma Mosca non si è data per vinta, mettendo in atto le sue più tipiche tattiche di diplomazia coercitiva. Così, nell’ottobre 2012, la Moldavia subiva il ricatto russo sui prezzi del gas e sul debito della Transnistria, affinché Chisinau rimandasse la propria integrazione economica con l’UE. E neanche un mese fa, a inizio settembre, l’Armenia (che da sempre deve contare sulla Russia, con cui non confina, nelle sue dispute regionali con Azerbaijan e Turchia) annunciava improvvisamente il proprio futuro ingresso nell’Unione doganale euroasiatica, mettendo in forse la firma dell’accordo di associazione e libero scambio con l’UE. L’attuale stato confusionale della politica georgiana, poi, non lascia facili possibilità di comprendere la direzione di Tbilisi, fino a poco fa il più atlantico tra gli stati post-sovietici, oltre ai baltici.
Forti pressioni sono venute da parte di Mosca anche sul governo, non certo troppo filo-europeo, del Partito delle Regioni di Viktor Janukovich a Kyiv. A ferragosto, la Russia ha sospeso le importazioni di macchinari dall’Ucraina, mentre il Kazakistan ha respinto le importazioni a base di uova dall’Ucraina sulla base di supposte mancanze fitosanitarie. Già in luglio, la Russia aveva bandito i cioccolatini Roshen dal suo spazio doganale. Una mossa letta da molti come un sostegno alle parole di Sergei Glazev, consigliere di Putin sull’unione doganale: “Ci stiamo preparando a rafforzare le procedure doganali, se di colpo l’Ucraina dovesse fare questo passo suicida di firmare il trattato d’associazione con l’UE”. Sempre a fine agosto, il sito Dzerkalo Tyzhnia ha pubblicato un pamphlet di 10 pagine che sostiene essere la strategia russa per scardinare le aspirazioni europee dell’Ucraina, e che richiede alle organizzazioni filo-russe di sabotare la firma del trattato di associazione, affinché Kyiv entri nel 2015 nell’Unione doganale euroasiatica.
Showdown sull’Ucraina: ma stavolta Putin potrebbe avere la peggio
Ma la pressione di Mosca su Kyiv sembra essere stata controproducente. Dopo due anni in cui UE e Ucraina sono rimaste ai ferri corti a causa dell’affaire Tymoshenko, e in cui gli accordi sono stati più volte rimandati, le due parti sembrano oggi aver raggiunto un consenso sulla necessità per l’Ucraina di rafforzare i suoi legami con l’UE per sfuggire ai diktat di Mosca. Una soluzione pragmatica al caso dell’ex primo ministro, da due anni e mezzo in prigione dopo un processo-farsa, potrebbe passare per una sua richiesta di grazia e il suo successivo ricovero per cure mediche in Germania. Ma tale procedura le impedirebbe di rientrare in Ucraina e metterebbe termine alla sua carriera politica. I dettagli del negoziato sono ancora aperti, ma la strada da seguire sembra segnata.
I negoziati sul caso Tymoshenko, tra l’UE e il governo ucraino, sono condotti dalla “missione di osservazione” del Parlamento Europeo, presieduta dall’ex presidente polacco Aleksander Kwaśniewski, e dall’ex presidente britannico del Parlamento, Pat Cox. Dall’inizio dell’anno, il duo si è recato già 21 volte in Ucraina per negoziare una soluzione politica del caso. Finora, altri tre ex ministri del governo Tymoshenko, tra cui Yuriy Lutsenko e Heorhiy Filipchuk, le cui condanne erano considerate dall’UE come casi di “giustizia selettiva”, sono stati rilasciati. La soluzione dei casi di “giustizia selettiva” (tra cui il caso Tymoshenko) è l’ultima condizione posta dall’UE per la firma degli accordi di associazione; le altre due (il miglioramento della legge elettorale e delle procedure anti-corruzione) sono oggi considerate come soddisfatte, non solo dall’UE ma anche dalla Commissione di Venezia del Consiglio d’Europa. Il rapporto finale della missione Cox-Kwaśniewski è atteso per il 15 ottobre, e costituirà la base per la decisione UE di firmare o meno il trattato di associazione.
Nonostante le minacce a Kyiv ripetute dai più vicini a Putin, i paesi europei più realisti in termini di geopolitica (in particolare i politici polacchi e lituani, oltre alla Commissione) hanno già assicurato il sostegno di Bruxelles all’Ucraina, attenti a non rischiare di perdere definitivamente l’Ucraina per via di un solo caso giudiziario. Altri stati membri (Francia e Gran Bretagna in primis), più legati ad una “Europa dei valori”, aspettano di vedere una soluzione concreta al caso Tymoshenko prima di autorizzare la firma dell’accordo di associazione, anche per assicurarsi che i politici ucraini restino impegnati fino all’ultimo momento per trovare una soluzione.
La stessa Tymoshenko dal carcere ha spronato i leader ucraini ed europei a firmare l’accordo di associazione, pur sottolineando che “l’autoritarismo, la mancanza di rispetto per lo stato di diritto e i diritti umani, e la debole governance economica del paese non scompariranno da soli solo con la firma dell’accordo”. Uno dei punti fondamentali, infatti, sarà assicurarsi che alla firma segua la messa in atto degli accordi, che potrebbero andare contro gli interessi economici di breve termine degli oligarchi che oggi controllano i maggiori settori economici del paese.
Nel frattempo il primo ministro ucraino Mikola Azarov, il 28 agosto, ha parlato della necessità per Mosca di “accettare la realtà” che il suo paese creerà un’area di libero scambio con l’UE. Perfino i “regionari” di Janukovich sembrano aver compreso che l’integrazione con Mosca è molto più pericolosa, per la sovranità e l’indipendenza dell’Ucraina, di una integrazione progressiva con l’UE.
In termini economici, sarebbe perfettamente possibile per Kyiv firmare un accordo di libero scambio con l’UE, e uno dello stesso tenore con Mosca, massimizzando in tal modo le proprie possibilità di esportazione. Al contrario, la scelta di entrare all’interno di una unione doganale (come quella tra Russia e Kazakhstan, o tra UE e Turchia) avrebbe l’effetto di limitare fortemente gli scambi commerciali con l’altra parte. Resta da vedere se Mosca permetterà all’Ucraina di attuare tale politica commerciale “dei due forni”, o se la costringerà ad una scelta di campo finale, che potrebbe andare contro i suoi stessi interessi a lungo termine.
In ogni caso, l’opportunità del Vertice di Vilnius è l’ultima chiamata per l’Ucraina: a partire da inizio 2014, altre questioni interne interesseranno la burocrazia UE, dalle elezioni del Parlamento europeo al rinnovo delle massime cariche di Bruxelles, oltre alla vexata quaestio della riforma delle strutture comunitarie, e i rapporti coi paesi del vicinato scenderanno irrimediabilmente nell’agenda. Se non coglierà questa occasione, potrebbero volerci almeno altri due anni prima che le relazioni UE-Ucraina tornino in cima all’affollata agenda dei politici e diplomatici dell’Unione.
Foto: Slava Murava Kiss
Dove sia la logica del volersi legare alla UE, lontana e periferica rispetto all’Ucraina, abbandonando il legame con Stati importanti, vicini culturalmente e geograficamente, qualcuno forse un giorno sarà così cortese da spiegarmelo.
Periferica? Ne è sicuro? forse dovrebbe dare un’occhiata a questa mappa
http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/thumb/4/4c/European_Union_Ukraine_Locator.svg/500px-European_Union_Ukraine_Locator.svg.png
E’ più che periferica, semplicemente estranea. E non in senso geografico, ma in senso culturale, economico e sociale. E metà del paese pure dal punto di vista storico. L’accordo con l’UE lo vogliono gli oligarchi di Donetsk perchè temono i loro omologhi russi
Questa per l’Ucraina è una solenne patacca. L’UE non offre nessuna “integrazione”, vuole solo il libero accesso al mercato ucraino per i suoi prodotti. Sarà un libero scambio a senso unico, l’Ucraina non produce alcunchè di esportabile sul mercato europeo.
Il primo vantaggio per l’ucraina sarebbe proprio la garanzia di non finire un giorno in bocca alla russia. vedi i baltici che nonostante la promessa degli Omon :” torneremo” possono godere ormai di una garanzia sulla loro indipendenza e su prospettive di benessere di tipo occidentale. certo l’ucraina è diversa, la corruzione raggiunge standard più che russi, ma oltre ad essere un paese potenzialmente ricco è posizionato in un’area strategica notevole : sul mar nero e sulla rotta terreste verso il far east . ma sono tempi difficili per tutti . saprà ( e soprattutto vorrà) la Ue sostenere il peso di un’ucraina messa in castigo dai russi? e la classe dirigente ucraina è in grado percorrere la strada di polonia o slovacchia piuttosto che finire come la romania ? i protagonisti sapranno gestire la questione della crimea?
Non posso che essere totalmente d’accordo con quanto Vlad ha scritto sopra.
L’Ucraina Terra di Cosacchi e di uomini al servizio degli zar non ha nulla a che vedere con l’Europa propriamente detta. Culturalmente è influenzata da una“certa parte di Mitteleuropa”, ma oltre a questo, niente più!
Replicando ad Enzo, invece, mi trovo costretto a criticare alcune sfumature da lui sottolineate riguardanti ancora una volta la percezione che i più hanno dell’orrenda Russia.
Vorrei ricordare a tutti, che dall’Ucraina si è “generato” il primo nucleo della Russia-stato! La Russia è nata “tramite” l’Ucraina!
Tratteggiare la Russia dipingendola a tinte fosche, tipo mostro “divoratrice di piccoli russi” cioè di ucraini (seguendo la classica tripartizione etnica in cui vengono suddivisi i russi) mi deprime e mi infastidisce parecchio.
Enzo scrive che l’Ucraina è “messa in castigo” dai russi, e che lì regna a momenti una sovrumana corruzione!
Beh riguardo a quest’ultimo tema mi viene da rispondere che in fatto di corruzione, “noi mediterranei” non siamo secondi proprio a nessuno. E se il fenomeno corruttivo ci sconvolge così tanto, e lo presentiamo come se fosse la principale caratteristica dell’apparato dirigenziale russo, allora dovremmo parimenti indignarci dell’incredibile “corruzione invisibile” presente nelle strutture di potere della UE e della BCE (che in modo alquanto discutibile, si proclamano “autonomi ed indipendenti” nel disporre del denaro di milioni di cittadini europei e tecnicamente non-responsabili al cospetto dei vari parlamenti!). Potremmo parlare dei dubbiosi traffici o dei temerari prestiti che i governanti di Strasburgo concedono ai rispettivi “amichetti di Banca” in vista di speculazioni finanziarie di Stato perpetrati da una banda di malavitosi in giacca e cravatta! Perchè no?! E già, perché la mala finanza è soprattutto corruttela!
Disporre del denaro e del destino economico altrui, è un fenomeno dispotico di stampo prettamente europeo (ammantato di falsi proclami e bei propositi..) ancor prima che russo!
L’Ucraina è meno coartata di quanto sembri e comunque non ha nulla da temere dalla sorella maggiore russa, con la quale è nata e cresciuta! Ed in tutto questo bel “ritratto parentale”, vorrei aggiungere che se Kiev iniziasse ad orbitare attorno alla triste galassia dell’UE forse avrebbe solo da perdere.
Qui una mappa con l’indice di corruzione percepita in Europa. Russia e Ucraina sono più o meno pari (leggermente peggio in Russia), a livelli doppi rispetto a quelli di “noi mediterranei” che a quanto pare in questo abbiamo ancora qualcosa da imparare
http://en.wikipedia.org/wiki/List_of_sovereign_states_in_Europe_by_Corruption_Perceptions_Index
Inoltre, l’UE non si proclama affatto “autonoma e indipendente” rispetto ai Parlamenti: la Commissione è eletta dal Parlamento, che è eletto direttamente dai cittadini europei, mentre nel Consiglio siedono i membri dei governi nazionali democraticamente eletti. Altra cosa è la BCE, quella sì indipendente, così come era per Bankitalia
A parte il fatto che Wikipedia non è esattamente il vangelo, ma mi chiedo quali siano i criteri adottati per stabilire gli indici di corruzione tra i vari paesi.
In ogni caso di un orribile classifica nella quale si guarda a chi è primo e a chi è secondo per avere il primato di non “essere il peggiore ”, beh francamente non so se sia da poema tragicomico alla Kafka! …Ci sarebbe da ridere per davvero!
Sul tema dell’Europa bancaria e “dei centri decisionali” di potere, ripeto quanto detto sopra! Infatti non mi riferivo all’Ue…bensi alle sue strutture di potere!
Non me ne frega nulla di come funzionino i meccanismi dell’ordinamento comunitario (del quale conosco tutto, e abbastanza bene!)…infatti non mi riferivo al metodo di costituzione, elezione, composizione di ParlamentoE, Commissione, Consiglio o quant’altro. Mi interessano (ma ormai nemmen più) i sistemi di indipendenza di gestione del danaro pubblico e della totale irresponsabilità giuridica e politica della BCE , che si traduce nel nefasto sistema dell’autonomia!
Poiché io sono visceralmente anti europeo, aggiungo ancora che continuerei a ripetermi inutilmente e all’infinito. Per ciò che riguarda invece, quanto detto su corruzione e mondo orientale, aggiungo, che quest’ultimo è meno problematico della nostra bella Italietta, che per adesso è vergogna del Globo intero (detto da tradizionalista non -conservatore, non-progressista, non-populista)! Ed il mondo orientale è soprattutto meno problematico di molti altri stati che si dichiarano “virtuosi” e grandi costruttori di “Ponti e di Pace”!
Lunga vita alla Russia e all’Ucraina.
A presto