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RUSSIA: Quale giustizia per Anna Politkovskaya? Gli assassini sono uno, nessuno e centomila

di Lorenzo Bodrero

Vittoria o sconfitta? Questo è il dilemma che scaturisce dalla recente condanna a undici anni di carcere inflitti a Dmitry Pavlyuchenkov per aver preso parte all’omicidio della giornalista russa Anna Politkovskaya. L’euforia mostrata dalla stampa internazionale alla notizia del primo vero risultato giuridico del processo che dovrebbe fare luce sulla morte della giornalista si scontra con il terribile dubbio che l’ennesimo capro espiatorio sia stato sacrificato sull’altare della verità.

I legali dell’accusa, rappresentata dai figli Ilya e Vera Politkovsky, hanno dato notizia di un patteggiamento avvenuto tra gli investigatori e Dmitry Pavlyuchenkov. L’imputato avrebbe dovuto confessare il suo coinvolgimento nell’omicidio e fare il nome del mandante in cambio di uno sconto della pena, o di un cambio di capo d’accusa. Pavlyuchenkov fu portato in aula con l’accusa di aver organizzato l’omicidio. Il processo lampo, durato due giorni, ha invece stabilito che ne fu solo partecipe.

Il portavoce del Comitato Investigativo, a capo delle indagini, a conclusione del processo ha riferito che l’imputato avrebbe fatto i nomi del magnate russo esiliato a Londra Boris Berezovsky e dell’ex primo ministro ceceno Akhmed Zakayev quali mandanti. Due noti “nemici” della Russia e di Vladimir Putin in persona, il quale il giorno dopo l’attentato aveva suggerito di «rivolgere l’attenzione a Berezovsky» per scovare le ragioni dell’omicidio. Secondo gli avvocati, Pavlyuchenkov non ha mantenuto fede agli accordi.  «Dmitry Pavlyuchenkov è un personaggio chiave che può condurre all’identificazione dei veri mandanti – ha dichiarato Nina Ognianova per il Committee to Protect Journalists – ma un processo così rapido e a porte chiuse genera più dubbi che risposte».

L’ex colonnello della polizia di Mosca nella sua testimonianza alle autorità ha inoltre fatto i nomi dei fratelli Makhmudovs (Rustam, Ibragim e Dzhabrail) e dell’altro ex poliziotto Sergei Khadzhikurbanov come uomini chiave dell’omicidio. Secondo le autorità russe, Pavlyuchenkov avrebbe anche tirato in ballo il capo mafia di origine cecena Lom-Ali Gaitukayev, sospettato di aver assemblato il gruppo omicida e di essere il collegamento tra questo e i mandanti, e già in carcere per altri crimini. Accuse molto pesanti di cui i cinque imputati dovranno rispondere in un processo separato da quello che ha coinvolto Dmitry Pavlyuchenkov. Dubbi sull’efficacia delle indagini sono alimentati anche dal fatto che due dei fratelli Makhmudovs e Khadzhikurbanov furono già processati e poi assolti nel 2009 dall’accusa di omicidio. Per loro si riaprono le porte del tribunale.

Sull’effetto controproducente dell’accordo tra Pavlyushenkov e gli inquirenti si è pronunciato anche Ilya Politkovsky, il figlio di Anna, secondo cui l’accordo non aiuterà a individuare l’ideatore dell’omicidio. Comunque sia il coinvolgimento del primo vero colpevole dell’assassinio di Anna Politkovskaya sembra ormai assodato. Rimane da chiudere il cerchio sul resto del gruppo di fuoco e di individuare chi diede l’ordine. Nella speranza che le autorità russe e il Cremlino non reputino “soddisfacenti” i risultati ottenuti con il processo appena concluso.

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