di Andrea Monti
Belgrado accetta di dialogare con Pristina. Se non è una svolta storica, poco ci manca. L’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha adottato per acclamazione e senza votazione una proposta di risoluzione sul Kosovo presentata dalla Serbia ed elaborata insieme all’Unione europea. Nel testo Bruxelles si propone di mediare tra le parti. Entrambe sono ancora irremovibili sull’argomento “indipendenza”, ma da oggi c’è un fatto nuovo: la disponibilità del Paese di Boris Tadic a intrattenere relazioni diplomatiche con la provincia ribelle.
Da quando Pristina ha dichiarato la secessione, nel febbraio 2008, non si sono mai svolti negoziati diretti con Belgrado. Quest’ultima si rifiutava (e si rifiuta) di accettare il fatto compiuto, e le autorità kosovare non avevano (e non hanno) alcuna intenzione di tornare sui propri passi. Anche durante la presentazione del testo approvato all’Onu, il ministro degli Affari esteri serbo Vuk Jeremic ha ribadito che il suo governo non intende riconoscere l’indipendenza del Kosovo.
Per la prima volta, però, la Serbia si dice disponibile al dialogo, senza porre come pre-condizione la riapertura dei negoziati sullo status della sua (ex) provincia. “La battaglia è vinta”, esulta il ministro degli Affari esteri kosovaro Skender Hyseni. A vincere, comunque, potrebbe essere anche Belgrado: il passo compiuto al Palazzo di Vetro dell’Onu accelera il processo di adesione all’Unione europea, traguardo irrinunciabile per un Paese ancora impantanato nelle secche (economiche, ma non solo) del dopo-guerra.
Nelle scorse settimane, proprio la Ue aveva invitato il governo di Tadic ad ammorbidire la risoluzione presentata all’Onu. L’obiettivo iniziale, infatti, era spingere in direzione opposta alla decisione della Corte di giustizia de L’Aja, che a luglio ha legittimato la dichiarazione di indipendenza kosovara. Alla fine Belgrado ha ceduto alle pressioni e ha modificato il testo. Da oggi Pristina è più lontana. Ma Bruxelles è decisamente più vicina.