BOSNIA: Virgin megastore. Fotoreportage da Međugorje

 

di Federico Carlini

Proponiamo un reportage fotogiornalistico su Međugorje di Federico Carlini, nostro lettore, che ringraziamo. Il reportage mostra ottimamente le contraddizioni di quello che dovrebbe essere un luogo santissimo di culto, e che sembra un megastore. Un Virgin megastore” per dirla con le parole dell’autore, stretto tra alberghi in costruzione dai nomi improponibili, venditori di cianfrusaglie e immaginette sacre, vetture di lusso (in un Paese dove non è frequente a vedersi), preghiere di massa, confessori di strada e fede genuina. Međugorje però è molto di più di un santuario, esso ha una fondamentale valenza storica che si interseca con la rinascita dei nazionalismi nei Balcani occidentali, quegli stessi nazionalismi che poi sfociarono nelle guerre degli anni Novanta. Il Fenomeno delle apparizioni di Medjugorje è  da 19 anni fonte di entusiasmo e divisione all’interno del Chiesa cattolica che mai ne ha riconosciuto l’autenticità. Tutto inizia il 24 giugno del 1981 quando sei ragazzi del piccolo villaggio raccontano di aver visto apparire in una zona detta Podbrdo (sul monte Crnica), una donna giovane e bellissima con un bimbo tra le braccia, che viene subito identificata con la Vergine. Da quel giorno i giovani dicono di avere visioni ricorrenti e di comunicare con la Vergine. Nonostante lo scetticismo del vescovo di Mostar, mons. Ratko Peric, e di molti prelati all’interno della Chiesa, Medjugorje è diventato negli anni uno dei principali luoghi di pellegrinaggio del cattolicesimo europeo. Dal marzo scorso una commissione d’inchiesta, guidata dal card. Ruini, ha il compito di fare chiarezza sull’autenticità delle apparizioni. 

Međugorje però è di più di un luogo religioso. Come scrive lo storico Joze Pirjevec, il Fenomeno delle visioni mariane si lega a una rinascita del sentimento cattolico nella popolazione di nazionalità croata. I croati, cattolici tra i serbi ortodossi e i bosniaci musulmani, hanno riposto nella religione l’elemento identitario fondamentale. E ciò era necessario dopo i lunghi anni di appiattimento socialista legato a un modello, quello titino, che per far convivere le differenze non poteva che annullarle. All’identità culturale segue la volontà di esprimersi come nazione. Il nazionalismo croato, inficiato dal collaborazionismo coi nazisti durante la Seconda Guerra mondiale, è risorto alla fine degli anni Ottanta portando, con l’indipendenza del 1991, all’elezione di Franjo Tujman quale presidente della neonata Repubblica. Tujman macellò prima serbi e poi bosniaci durante le guerre che seguirono la sua elezione. La popolazione lo supportò sempre. Poiché a quel nazionalismo si legava qualcosa di più profondo: l’identità. Una identità fondata sulla religione. Non esiste una connessione diretta, quindi, tra le guerre jugoslave e Međugorje, ma certo il Fenomeno delle visioni si lega a una rinascita del sentimento nazionalista croato, poi esacerbatosi nella violenza della guerra. (M.Z.)

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Fotoreportage da Međugorje, di Federico Carlini:

Copyright ©FedericoCarlini.

“Sono stato a Međugorje ad Aprile, forse unico non religioso aggregato ad un gruppo di pellegrini italiani. Già in diverse occasioni ero stato invitato da un caro amico ad affrontare il viaggio e quest’anno, sfruttando alcuni giorni di ferie arretrate, sono riuscito a partire. Ho coperto, da solo o con il gruppo, le tappe principali previste dal pellegrinaggio e mi sono riservato un po’ di tempo per assecondare alcune curiosità più profane.

 A Međugorje, questa è l’impressione che ho avuto, si va quasi unicamente per pregare, per “pregare duro” (“pray hard” è la scritta su una delle magliette in vendita nei numerosissimi negozi di articoli votivi) e per vivere immersi in uno stato di coinvolgimento mistico praticamente assoluto. Si parla quasi unicamente delle apparizioni, dei veggenti, dei presunti miracoli, delle conversioni. Si recita il rosario un po’ in tutte le lingue, non proprio ad ogni angolo ma quasi. Su tutte le preghiere spicca l’Ave Maria in croato, cadenzata da un ritmo ossessivo e quasi ipnotico: Zdravo Marijo, Milosti Puna, Gospodin stobom… recitata anche con il megafono o di notte, sulla collina delle apparizioni.

 Qui c’è ormai tutto il necessario per impegnare i quattro o cinque giorni di un pellegrinaggio dei nostri tempi: le salite sulla collina delle apparizioni e sul monte Križevac, la messa multilingue nella moderna cattedrale o nell’enorme piazzale retrostante, gli incontri con in veggenti, lo shopping nei negozi ed il ristoro dei bar, la visita all’enorme crocifisso da cui sgorga, all’altezza del ginocchio, uno zampillo d’acqua (da molti raccolta con tovaglioli di carta perchè si dice che abbia delle non meglio precisate proprietà). A Međugorje tutto è segno, niente è per caso: c’è chi è morto scivolando sulle rocce per volontà del Signore e chi è stato guarito nel corso di un’apparizione, c’è chi si converte e chi se ne torna a casa tal quale è arrivato…

 Ho l’impressione che in pochi si ricordino che Međugorje si trova in Bosnia.

La Bosnia con la sua storia pare che sia da un’altra parte. Mostar, con i suoi cimiteri ed i nuovissimi chioschi della Coca Cola, é solo a mezz’ora di pullman, ma la fermata, distante dalla cattedrale poche centinaia di metri, non è segnalata e sembra lontanissima.

Oltre agli studenti bosniaci, sul vecchio autobus, solo io ed una vivace signora inglese sulla cinquantina”.

 


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