Mercoledì 29 ottobre, il governo lituano ha deciso di chiudere per un mese il confine con la Bielorussia, pur con alcune eccezioni. La misura rimarrà in vigore fino al 30 novembre, dopodiché il Consiglio dei Ministri deciderà se prorogarla.
Il Consiglio dei Ministri ha deciso di chiudere completamente il valico di frontiera di Šalčininkai–Benyakoni e di limitare il passaggio attraverso il valico di Medininkai–Kamenny Log, dove il divieto non si applicherà ai diplomatici, alla posta diplomatica, ai viaggiatori in possesso di documenti di transito semplificati e ai cittadini UE/EEA/NATO e loro familiari di ritorno in Lituania, nonché agli stranieri con permesso di soggiorno o visto umanitario. Non sono previste restrizioni sui viaggiatori in transito da e per l’Oblast’ russa di Kaliningrad.
La chiusura del confine è “un messaggio chiaro al nostro vicino non proprio amichevole, che non sta facendo alcuno sforzo per affrontare il problema”, ossia ha dichiarato il ministro degli interni Vladislav Kondratovič.
Il contrabbando di sigarette come strumento di aggressione ibrida
“La Lituania sta affrontando un attacco ibrido e dobbiamo chiamare le cose col loro nome”, ha dichiarato la premier Inga Ruginienė, riconoscendo che la decisione di chiudere il confine causerà disagi. “Chiedo a tutti comprensione, poiché questo passo è necessario. Crediamo che la sicurezza di tutti i cittadini sia la nostra priorità oggi.”
La scorsa settimana, gli aeroporti lituani sono stati chiusi quattro volte a causa di palloni aerostatici utilizzati dai contrabbandieri per trasportare sigarette dalla Bielorussia, causando cancellazioni, deviazioni e ritardi a più di 140 voli e oltre 20.000 passeggeri in transito da Vilnius e Kaunas.
L’esercito è stato autorizzato ad abbattere gli aerostati. Nel frattempo, il presidente Gitanas Nausėda ha proposto di limitare il trasporto di merci bielorusse nell’ambito del regime di transito di Kaliningrad e ha esortato l’Unione Europea a rispondere collettivamente alla minaccia rappresentata dai palloni aerostatici.
Settimana scorsa, la premier lituana aveva escluso negoziati con il regime di Minsk. “Non ci saranno colloqui con la Bielorussia. Non è un Paese con cui si può parlare o negoziare”, aveva dichiarato Ruginienė alla radio Žinių Radijas. “Sappiamo tutti che la maggior parte dei palloni potrebbe essere fermata sul territorio bielorusso. Se il nostro vicino non lo farà, anche da parte nostra dovrà esserci una risposta adeguata”.
Il sostegno dell’opposizione bielorussa alla misura
La leader dell’opposizione bielorussa Sviatlana Tsikhanouskaya, che vive in esilio in Lituania, ha dichiarato all’Associated Press che gli incidenti con i palloni aerostatici sono “un altro segnale che il regime sta usando il contrabbando di sigarette come strumento di aggressione ibrida contro l’Europa”.
“Chiudere i valichi di frontiera è un passo logico per proteggere la sicurezza. Sosteniamo la Lituania e i suoi partner nel rafforzare le sanzioni contro produttori, trasportatori e organizzatori del contrabbando di sigarette”, ha dichiarato Tsikhanouskaya.
Provocazione ed espansione delle sanzioni
Nel frattempo, la Bielorussia ha reagito alla decisione della Lituania di chiudere il confine tra i due Paesi, definendola “una provocazione volta a giustificare la politica anti-bielorussa e ad ampliare le sanzioni”, ha riportato l’agenzia di stampa russa Tass, come riportato dal Guardian.
Ha aggiunto che la chiusura del confine sta già avendo le sue prime conseguenze pratiche, poiché la compagnia statale Minsktrans ha cancellato diverse linee di autobus per Lettonia e Lituania “a causa della chiusura dei valichi di frontiera lituani”.
Secondo il portavoce del ministero degli esteri bielorusso, Ruslan Varankov, il contrabbando va affrontato con la cooperazione. “Persino il procuratore generale lituano evita termini come ‘attacco organizzato’ o ‘attacco ibrido’ perché non ci sono prove sufficienti. Se la Lituania e l’UE sono veramente intenzionate a porre fine al contrabbando, allora sono necessari sforzi congiunti, anche su questioni operative che richiedono un adeguato scambio di informazioni tra i servizi di sicurezza”.
L’impatto sulle persone in transito
L’agenzia di stampa bielorussa Belta riporta intanto le storie delle persone bloccate al confine. Al valico di Šalčininkai, nessun veicolo dei 720 camion in coda è stato autorizzato a entrare. Alla frontiera di Medininkai, 45 camion su 500 sono stati ammessi, mentre 860 veicoli erano ancora in attesa di entrare in Lituania. I camionisti lamentano di aver dovuto attendere per giorni con il carico alla frontiera, senza informazioni su se e quando sarebbe stato riaperta.
Oleg, camionista di ritorno in Moldavia, ha trascorso quasi un mese in coda. “Siamo bloccati qui da tantissimo tempo! Abbiamo aspettato di entrare per 25 giorni. Ieri ci hanno chiamato, non sapevamo nemmeno che il confine fosse chiuso, ci muovevamo lentamente. Ora non so nemmeno cosa succederà. Certo, speriamo sempre per il meglio. Lavoro come camionista da così tanto tempo, ma questa è la prima volta che mi trovo in una situazione del genere. Quest’attesa è davvero estenuante”, ha affermato per Belta, menzionando le conseguenze finanziarie della lunga attesa. “Ci pagano, ma a che serve? Spendiamo tutti questi soldi in cibo. E le nostre scorte stanno finendo.”
Cornelio, un altro camionista moldavo, ha trascorso 23 giorni nella zona di transito. “Sono al confine da ieri sera. Qui non decidiamo nulla. Decidono loro per noi. È davvero frustrante. Abbiamo famiglie, bambini da sfamare, eppure siamo qui senza guadagnare un soldo.” Ha anche sottolineato la più ampia crisi logistica: “la Polonia non ci lascia passare, quindi la Lettonia è l’unica opzione rimasta. Immaginate: se chiudono due valichi di frontiera, dove andranno tutti questi camion?“
La situazione è difficile anche per le persone in transito. Igor ha deciso di tornare indietro al confine. “Dovevo andare a presentare i documenti per un permesso di lavoro. Loro [il personale di frontiera lituano] mi hanno chiesto come pensavo di tornare. Ho detto per la stessa strada [da cui ero entrato]. Ma mi hanno detto che non mi avrebbero lasciato tornare e che avrei dovuto passare dalla Lettonia o dalla Polonia”, ha spiegato a Belta. “Per me era più economico tornare indietro. Non avevo abbastanza soldi per fare un viaggio così lungo”.
Oleg stava viaggiando da Mosca a Kaliningrad. “Torno a casa. Sembra che lasceranno passare la gente, dovremmo riuscire a tornare a casa. Se chiudono il confine, allora dovremo prendere un aereo“, ha dichiarato a Belta.
Foto: E. Blažys / LRT
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