Sono state roventi le polemiche scatenatesi in Montenegro a seguito dell’assegnazione del “Premio Tredici Luglio” al poeta e scrittore Bećir Vuković. Assegnazione ufficializzata con una cerimonia tenutasi nella prestigiosa sede di Villa Gorica, a Podgorica, con la partecipazione del presidente del parlamento montenegrino, Andrija Mandić.
Il premio
Il Premio Tredici Luglio è il più importante riconoscimento nazionale conferito ogni anno a personalità che in ambito culturale e scientifico contribuiscono a dare lustro alla nazione, entro e fuori confine. La data evocata dal premio è, per il Montenegro, data fondante – il “nostro nome e cognome” come l’ha definita il regista Mladen Ivanović – e fa riferimento a due momenti storici dirimenti per il paese. Il 13 luglio del 1878, quando il Montenegro ottenne il riconoscimento internazionale al Congresso di Berlino e il 13 luglio del 1941 quando ebbe inizio la rivolta partigiana all’occupazione nazifascista.
Ed è proprio ai principi dell’antifascismo e della democrazia che il concorso dovrebbe ispirarsi, come dichiarato dal presidente della repubblica, Jakov Milatović, che ha tenuto a ricordare che “chiunque decida di assegnare i premi Tredici Luglio deve sempre tenere a mente questi valori”. Parole che tuttavia mettono a nudo il cortocircuito che ha portato non solo alle controversie di questi giorni ma, persino, ai violenti scontri tra la polizia e le centinaia di persone accorse in piazza al grido di “fascisti, traditori” nel giorno delle celebrazioni.
Cosa c’è di controverso in Bećir Vuković
Passaporto montenegrino ma studi belgradesi, Vuković si è fatto notare negli anni scorsi per una serie di prese di posizione marcatamente filoserbe, addirittura – secondo molti – negazioniste della nazione montenegrina. Accusa, quest’ultima, bollata dallo stesso scrittore come il risultato di una insensata “isteria antiserba” e di “insinuazioni decontestualizzate”.
Resta il fatto, tuttavia, che in alcuni articoli risalenti al 2018, Vuković aveva apertamente glorificato Draža Mihailović, leader del movimento serbo dei cetnici negli anni della Seconda guerra mondiale, strenuo antagonista di Tito e da questi giustiziato subito dopo la sua conclusione: “chi non lo difende andrebbe incriminato” sosteneva accoratamente Vuković, parlando di “Zio Draža”.
Nel 2016, in qualità di presidente della Società degli scrittori serbi del Montenegro e dell’Erzegovina, il poeta col pallino della politica aveva invece deciso di conferire l’annuale riconoscimento societario ad Aleksandr Dugin, ideologo del neo ultranazionalismo russo, legato a doppio filo con Vladimir Putin – al punto dall’essere considerato un sorta di nuovo Rasputin – e sostenitore dell’invasione russa dell’Ucraina nel 2022.
Le reazioni
Ce n’è d’avanzo, dunque, per scatenare un ampio fronte di indignazione. Al netto delle parole del presidente del parlamento Mandić (noto per le sue posizioni filo-serbe) che ha paragonato Vuković “ai più grandi nomi della letteratura serba”, l’intera opposizione – guidata dal Partito Democratico dei Socialisti – si è invece schierata contro l’assegnazione del premio a uno “sciovinista, sostenitore del fascismo”, denunciando “l’attacco brutale della polizia” ed ergendosi a unici difensori “del Montenegro civico e moderno in questo periodo buio”. Persino nella maggioranza, va detto, la ministra della Scienza e dell’Istruzione, Anđela Jakšić Stojanović, ha ammesso la necessità di fare chiarezza facendo solo riferimento, però, a presunte irregolarità formali, tutto sommato risibili nel contesto dato.
Ma è da molta parte della società civile e del mondo della cultura e della scienza che sono venute le prese di posizione più nette. Tra coloro che gridano al “crollo sociale”, l’attivista civica Dina Bajramspahić ha sostenuto che con questa assegnazione si è “toccato il fondo”, mentre il regista Danilo Marunović – peraltro membro della giuria – ha platealmente votato in dissonanza dagli altri sei componenti del collegio parlando senza mezzi termini di “premio truccato”.
È stato tuttavia quello di Miloš Karadaglić il gesto più eclatante: musicista di fama mondiale – incluso dalla BBC Music tra i più grandi nomi della chitarra classica – si è rifiutato di ritirare il premio di cui, pure, era stato insignito invocando “circostanze al di fuori del mio controllo”, con chiaro riferimento al putiferio in corso.
Tanta politica, poca letteratura (e un libro che non c’è)
C’è tanta politica, dunque, dietro questa vicenda, di quella brutta; sembrerebbe esserci solo quella, anzi. Tanta prepotenza e poca cultura, tanta arroganza e poco talento. Di sicuro c’è poca, pochissima, letteratura. Al punto che, secondo fonti ufficiali, il libro premiato “Case dei Senzatetto” non risulterebbe nemmeno registrato in Montenegro e non sarebbe disponibile nelle librerie o nelle biblioteche. Dragica Lompar, direttrice della Biblioteca Nazionale di Cetinje, afferma che “non ci è pervenuta alcuna copia e non è stata richiesta alcuna registrazione del catalogo della Biblioteca Nazionale del Montenegro per quella pubblicazione”. Insomma, il libro è stato premiato ma nessuno l’ha potuto leggere.
Un’assurdità. Un’assurdità spiegabile solo con la prepotenza del potere, le sue connivenze, i suoi collateralismi. Con quei legami che si formano tra chi lo detiene e chi a quel potere è funzionale, ai sodali, ai fedeli. Della vicinanza di Vuković alla coalizione filorussa del Fronte Democratico, definita come “l’unica verità nel nuvoloso cielo politico del Montenegro”, si sapeva. Ma è “curioso” notare come proprio all’indomani dell’assegnazione del premio, lo scrittore sia entrato ufficialmente nella struttura di Nuova Democrazia Serba (partito presieduto proprio da Mandić e già componente di quella coalizione), come membro del Consiglio Comunale di Podgorica. Tra le sue fila anche Želidrag Nikčević, membro della giuria che quest’anno ha assegnato il Premio Tredici Luglio. Curioso anche questo.
Foto: Courrier des Balkans