SERBIA: Vucic raduna i fedelissimi. Il potere, la lettera falsificata e l’ultima illusione

Alla tre giorni di congresso indetto dal partito di governo per contrastare l’ondata di proteste e rinsaldare il suo potere, il presidente serbo Aleksandar Vučić legge una lettera falsificata per scopi propagandistici.

La lettera falsificata

Il presidente Aleksandar Vučić è intervenuto nella tre giorni di congresso “Ne damo Srbiju” (non rinunceremo alla Serbia) tenutosi a Belgrado lo scorso weekend. Domenica mattina, giornata finale della manifestazione, il presidente ha letto di fronte alla folla “gli auguri, i saluti e le congratulazioni” dei cittadini che gli hanno inviato delle lettere di supporto da tutto il paese.

La lettura è ovviamente stata trasmessa in TV, con tanto di inquadrature sui vari foglietti e pezzi di carta. È stato proprio durante una di queste zoomate che alcuni spettatori si sono accorti di qualcosa di strano: una lettera che Vučić stava leggendo era stata falsificata. Grazie ai primi piani, gli spettatori hanno infatti notato una leggera differenza tra ciò che il presidente stava leggendo e ciò c’era effettivamente scritto sulla carta. In base a quanto letto da Vučić, il contenuto della lettera scritta in stampatello con una calligrafia infantile dal bimbo di otto anni Pavle Jović sarebbe stato il seguente: “Mi chiamo Pavle Jović e ho 8 anni. Gioco spesso a scacchi con mio nonno e lo batto sempre. Amo moltissimo la Serbia. Gioco a basket, guardo l’Eurolega e adoro Nikola Jokić. Lunga vita alla Serbia!”.

Ma lo sguardo attento dei telespettatori ha notato una discrepanza tra quanto messo nero su bianco da Pavle e quanto effettivamente letto dal presidente: il bambino ha sì scritto di amare la Serbia e di giocare a scacchi con il nonno, ma sul foglio di carta non compariva il nome del giocatore di basket Nikola Jokić, ma quello del campione mondiale di tennis Novak Djoković. L’inghippo è presto spiegato: Nikola Jokić ha in più occasioni sostenuto pubblicamente il Partito Progressista Serbo del presidente Vučić attualmente al governo, mentre Djoković e sua moglie Jelena si sono ripetutamente schierati dalla parte degli studenti in protesta contro il regime, motivo per cui la coppia è finita nel mirino dei tabloid filogovernativi.

Il congresso “Ne damo Srbiju”

L’imbarazzante episodio è avvenuto nella cornice della tre giorni di congresso ” Ne damo Srbiju” organizzato dal partito al governo SNS nella capitale Belgrado e che si è chiuso domenica scorsa. Il clou della manifestazione si è svolto davanti al parlamento (nella cosiddetta Ćacilend, come è stato ironicamente ribattezzato il luogo nei pressi del parlamento dove si erano accampati i sostenitori di Vučić durante la maxi-protesta del 15 marzo).

L’evento principale è avvenuto sabato sera con l’intervento del presidente Vučić, ora fondatore del neonato Movimento per il Popolo e lo Stato, che avrà “più di 500 sedi in tutto il paese”. Sì, perché durante la manifestazione è stata data l’opportunità ai cittadini di aderire al nuovo movimento e suggerirne addirittura il nome, scegliendo tra le sette opzioni proposte (per citarne qualcuna: Movimento per il Popolo e lo Stato, Movimento per il futuro della Serbia, Movimento per una Serbia libertaria) oppure elaborandone una propria.

Riferendosi alle proteste all’interno del paese (e all’esterno, visto che stanno pedalando dritte verso Strasburgo) il presidente ha affermato nel suo intervento che sebbene queste si siano sempre dichiarate contro la violenza, essa ne è in realtà parte integrante “che si ripropone quotidianamente”. Dopo aver autoelogiato i suoi 13 anni di operato, Vučić ha ricordato la tragedia del 1° novembre alla stazione ferroviaria di Novi Sad, evento che ha scoperchiato il vaso di pandora delle proteste, con queste parole: “Due giorni dopo la tragedia è iniziata una campagna di demolizione del municipio, che a sua volta ha scatenato il terrore nel paese. Hanno vietato la libertà di riunione a chi è colpevole di pensarla diversamente. Organizzano blocchi stradali, violando la libertà di movimento garantita dalla Costituzione. Non permettono alle persone di ricevere un’istruzione e di frequentare scuole e università”. È inaudito che Vučić  parli di libertà violate quando lungo tutto l’arco del suo regime non ha fatto altro che imbavagliare i mass media, manipolare l’informazione e reprimere il dissenso.

Non ancora soddisfatto, il presidente ha presentato al suo pubblico di fedelissimi cinque richieste inderogabili per ribadire l’intoccabilità del suo potere: l’avvio di procedimenti e misure da parte delle autorità per ripristinare la sicurezza e l’ordine nel paese, garantendo il pieno rispetto della Costituzione, e la restituzione ai cittadini delle istituzioni “sequestrate”; l’accertamento delle responsabilità legali dei partecipanti agli atti vandalici e agli attacchi contro i cittadini durante i raduni pacifici nel paese, in particolare a Niš il 21 marzo 2025; il diritto allo studio per tutti; la ricerca degli autori, istigatori e complici degli attacchi contro le istituzioni e le strutture statali verificatisi negli ultimi mesi per impedire che simili attività vengano nuovamente intraprese in futuro; il divieto di qualsiasi attività che paralizzi arbitrariamente e illegalmente l’attività economica e impedisca ai cittadini di svolgere le loro attività quotidiane in modo normale, nel rispetto dell’ordine pubblico.

Studenti e imperatori

All’inizio di marzo gli studenti hanno organizzato a Niš, nella Serbia meridionale, una delle tante manifestazioni che stanno scuotendo il paese da cinque mesi per protestare contro la corruzione dilagante e per chiedere giustizia. In quell’occasione gli studenti hanno emanato quello che è stato ribattezzato l’Editto di Niš, con chiaro riferimento all’Editto di Milano del 313 d.C. attraverso cui l’imperatore Costantino (nato proprio a Niš) stabilì la libertà di culto nell’impero.

Allo stesso imperatore è stata attribuita anche la famosa Donazione di Costantino, atto con cui l’imperatore concedeva a Papa Silvestro I una serie di vantaggi e privilegi su tutto il territorio dell’impero romano, permettendo così alla Chiesa medievale di rivendicare la proprietà su vasti territori e su immense ricchezze. Il filologo Lorenzo Valla ha poi dimostrato che si trattava di un clamoroso falso.

Ora, per il caso di Vučić e della lettera falsificata non serve scomodare la filologia. È stato sufficiente lo sguardo attento dei cittadini, ormai disillusi di fronte alla plateale brama di potere del loro presidente, per smascherare la viltà dell’azione celebrata in un grossolano autocompiacimento a favore di telecamera. Un po’ come nei filmati di propaganda dei totalitarismi del Novecento, quando i dittatori più spietati avevano intuito la portata carismatica della figura dei bambini e non esitavano a farsi ritrarre con creature in braccio, o nel gesto di porgere loro dei fiori.

Sempre più braccato e messo all’angolo, nonostante i tentativi del congresso testé concluso di ribadirne l’autorità, il presidente aveva già tentato la strada del martirio, dichiarandosi pronto a morire pur di salvare la patria dal pericolo di una rivoluzione voluta e pilotata, secondo lui, da potenze esterne alla Serbia (“qualcuno all’estero è infastidito dal successo della Serbia”, ha dichiarato recentemente). Sempre più nudo, il re accecato dal potere si sta impigliando inesorabilmente nelle sue stesse illusioni con imbarazzanti stratagemmi propagandistici, pur di non cedere all’evidenza che, ormai, il suo destino politico è segnato da uno schianto inevitabile

Foto: telegraf.rs

Chi è Paolo Garatti

Appassionato di Storia balcanica contemporanea, ha vissuto a Sarajevo e Belgrado per qualche tempo. Laureato in Filologia moderna presso l'Università degli studi di Verona, viaggia da solo ed esplora l'Est principalmente in treno

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