L’unicità del think-tank politico ungherese

Non più un fenomeno da baraccone, ma un laboratorio politico a cui si guarda con particolare attenzione. L’Ungheria di Orbán docet.

Ciò che rende unica l’Ungheria non è solo una lingua singolare, un passato storico dolorosamente incombente, una posizione geografica strategica e al contempo insignificante. Oggi l’Ungheria di Orbán è un vero e proprio think-tank politico. Stato illiberale, Stato-mafia, autocrazia, democratura, populismo paternalistico, persino ordonazionalismo: sono solo alcune delle definizioni che gli analisti hanno dato all’attuale sistema politico magiaro per cercare di descrivere l’insolita combinazione di fattori illiberali che anima il Paese.

Orbán ha salutato il 2025 promettendo agli ungheresi un anno fantastico per l’economia nazionale. A fine gennaio, però, l’inflazione è salita al 6%. Le solite menzogne dei politici? No. Il leader di Fidesz non sta mentendo, è ideologicamente coerente con sé stesso.

Dopo il consolidamento del potere politico (nelle ultime elezioni nazionali tre anni fa ha conquistato il 68 % dei seggi in maniera democraticamente ineccepibile), adesso tocca all’economia e alla società: lo Stato padre-padrone, guardiano ed educatore di cittadini ed istituzioni, deve ora assicurarsi il controllo dei capitali e dei consumi ri-nazionalizzando l’economia (dalle telecomunicazioni alle banche, dai trasporti ai media), e deve anche consolidare una classe media fatta di amministratori e funzionari statali, docenti, avvocati, giornalisti che a quello stesso sistema giurino fedeltà.

Il neoliberalismo, di cui Orbán si fa promotore, è dettato da alcune linee-guida: la flessibilità del mercato del lavoro, la riduzione del debito estero, l’uscita del capitale straniero in nome di una fasulla autarchia, che oltre ad essere impensabile in un mondo globalizzato come il nostro cela una preoccupante dipendenza da Mosca e da Pechino. Ognuno di questi fattori ha insite alcune contraddizioni: come può essere flessibile un mercato del lavoro in un Paese in cui vigono la legge schiavitù e la legge anti immigrati? La riduzione del deficit è encomiabile, ma senza investimenti dall’estero e con il riequilibrio della bilancia commerciale attraverso la riduzione della spesa pubblica e l’aumento delle tasse (sui consumi – l’Iva è al 27% – e sugli investimenti privati strozzati da tassi di interessi elevati) non si rischia forse la fine della crescita economica interna e il conseguente impoverimento del Paese?

Ad oggi il capitale ungherese (compreso quello che arriva dall’UE) viene distribuito in base alla fedeltà politica e non in base a criteri di mercato. Quelli che contano sono i valori mafiosi della lealtà, dell’onore, della famiglia. È il potere politico che decide e che sceglie gli oligarchi a cui dare in mano le redini del sistema. In questo scenario, da altri definito come un esempio di capitalismo paternalistico, la corruzione è alla luce del sole, non c’è bisogno di nasconderla, basta riscrivere le leggi per legalizzarla.

Secondo Zsolt Enyedi, professore alla CEU (Central European University), in alcuni Paesi europei – tra cui l’Ungheria – è in atto un processo di autocratization in cui la fanno da padrone il controllo sui mezzi di comunicazione e sull’istruzione e la formazione di una classe media Stato-dipendente. Il tutto condito da uno sfacciato revisionismo storico. Sì, perché sono finiti i tempi dei regimi ideologicamente monolitici (fascismo, comunismo, nazismo). Ora si parla di Paesi autocratici in cui le giustificazioni ideologiche sono almeno tre: il populismo paternalistico basato sulla narrativa dell’amico-nemico e sulla logica del bottom-up e top-down in cui non c’è posto per i dissidenti; il conservatorismo illiberale che fa della famiglia e delle tradizioni il suo punto di forza; il civilizationist ethnocentrism in cui piccole e omogenee unità etnoculturali, fedeli ad altre culturalmente simili, combattono l’idea di sovranità nazionale e di cosmopolitismo e naturalmente ostacolano tout court ogni forma di migrazione. Tutto in difesa della White Christian culture europea.

L’Ungheria, però, anche in questo caso fa storia a sé. Non basta dire che molti dei fattori qui descritti sono presenti nel Paese magiaro, c’è da sottolineare che la loro combinazione è assolutamente unica. Così come unici sono alcuni elementi del passato storico e delle istituzioni che contribuiscono a far da detonatori ad una situazione già di per sé esplosiva.

Prima di tutto va sottolineato il fatto che più volte nel corso della storia il sistema Ungheria si è mostrato chiuso e ostile alle novità che venivano dall’esterno. Almeno un terzo degli ungheresi si è sentito dichiaratamente e profondamente antidemocratico e antiliberale, perché la democrazia liberale è stata vista spesso come un’idea estranea al senso di magiarità, di cui solo i nobili di provincia sono gli unici veri depositari. In secondo luogo, la costituzione e la nuova forma istituzionale, varate dopo la svolta del 1989 e pensate per arginare il pericolo di un ritorno al comunismo, sono diventate incredibilmente lo strumento attraverso cui Orbán è riuscito a svuotare dal di dentro la democrazia. La legge costituzionale, infatti, prevede un sistema unicamerale, che ha sì evitato le lungaggini burocratiche del bicameralismo, ma ha anche reso possibile la riscrittura rapida di leggi antidemocratiche. Così come la sproporzionalità dell’attuale sistema elettorale che ha giocato a favore di Orbán.

Quello a cui stiamo assistendo è dunque un cambiamento (forse) irreversibile in cui la lenta erosione delle istituzioni democratiche è accompagnata dal deliberato rifiuto dei principi liberali democratici, quali il pluralismo dei mezzi di comunicazione, l’indipendenza del sistema giudiziario, la corretta competizione politica e i diritti individuali universali.

Eppure, all’estero non si fa che parlare dell’Ungheria di Orbán assorta a simbolo della politica illiberale. Non più un fenomeno da baraccone, ma un laboratorio politico che trova sostenitori in vari parti del mondo. A quale prezzo lo vedremo presto.

https://metropol.hu/aktualis/2024/12/orban-viktor-2025-fantasztikus-ev

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