I sondaggi lo vedono già in testa e gli ultimi eventi aumentano ogni giorno le possibilità di una futura presidenza Trump per gli Stati Uniti. Intanto la situazione geopolitica mondiale rimane instabile e la sua agenda spaventa le organizzazioni internazionali, che corrono ai ripari.
Trump è già qui
In questi mesi la campagna elettorale per la presidenza americana si è fatta sempre più calda e alcuni trovano nei toni troppo infuocati anche una delle ragioni dietro alla sparatoria che ha coinvolto l’ex presidente Trump il 14 luglio scorso. Un evento che, secondo vari analisti, aumenterebbe le sue chances di vittoria, anche grazie ai 45 milioni al mese che Elon Musk ha detto di voler versare in favore della campagna repubblicana, essendo stato anche lui vittima di attentati. Un quadro simile va solo ad aggravare la sempre più precaria posizione dei democratici, soprattutto dopo il recente ritiro alla corsa presidenziale di Biden che lascia un forte svantaggio tecnico a chiunque lo sostituirà.
Man mano che aumentano le possibilità di una presidenza Trump aumenta però anche la paura in tema di politica internazionale, date le posizioni tendenzialmente isolazioniste di cui Trump si fa promotore. Tanto che durante il G7 di metà giugno e il vertice NATO, tenutosi fra il 9 e l’11 luglio, sono state intraprese una serie di azioni dichiaratamente ‘a prova di Trump’ e, in questo senso, si potrebbe dire che Trump sia già qui.
Al centro della discussione dei due eventi internazionali c’è stata la crisi Ucraina. Il G7 si è concluso con un piano di 50 miliardi di prestiti per l’Ucraina, da ripagare attraverso gli interessi che gli asset russi, congelati nelle banche europee, hanno e stanno maturando. E azioni simili sono state prese durante il vertice NATO, all’apertura del quale si è parlato di un ‘processo irreversibile’ di adesione dell’Ucraina, confermato nella dichiarazione finale insieme ad un ‘impegno incrollabile’ che vedrà gli Alleati versare all’Ucraina finanziamenti per un totale di ‘minimo 40 miliardi di euro entro il prossimo anno.
‘Impegno sostenibile’ e a ‘lungo termine’ dunque, quello delle potenze occidentali nei confronti dell’Ucraina. Ed un messaggio di sostegno, con grande enfasi sul futuro, che è diretto non solo alla Russia, ma anche a tutti coloro che temono che Trump possa realizzare la sua promessa di mettere fine alla guerra nel minor tempo possibile seppur, facendo intendere, a tutti i costi.
Project 2025
La corsa ai ripari degli Alleati e delle potenze del G7 è infatti da leggersi come risposta alle intenzioni dichiarate da Trump in relazione alla guerra russo-ucraina. Sul tema, inizialmente, l’ex presidente era rimasto piuttosto ambiguo, facendo dichiarazioni intrise allo stesso tempo di elementi neorealisti e protezionisti, oscillando fra il desiderio di mostrare i muscoli armando l’Ucraina ‘più che mai, se necessario‘, e la volontà di continuare in direzione ‘America First‘ puntando a una pace che fosse veloce, ad ogni costo, e con un coinvolgimento americano che fosse il più limitato possibile.
Con l’evolversi della crisi, e un impegno europeo giudicato non all’altezza, ha preso però sempre più piede il secondo approccio. Lo ritroviamo nelle dichiarazioni in cui Trump unisce disimpegno verso l’Ucraina, e disinteresse verso i paesi NATO che non contribuiscono abbastanza alla propria difesa: “se non pagate i vostri conti, noi non vi proteggeremo” e che la Russia “faccia il diavolo che vuole” con voi. Ma ancora “Zelenskij deve essere il miglior venditore di tutti i tempi, ogni volta che mette piede nel nostro Paese se ne esce con 60 miliardi, questa cosa non finirà mai, ma io, da presidente eletto, risolverei la situazione”, e come se non bastasse, dice Trump in un’altra occasione, non solo la risolverebbe, ma lo farebbe nel giro di ‘24 ore’.
‘Un solo giorno‘, dice Trump. Un’affermazione che non solo conferma come l’ex presidente, se fosse rimasto in carica nel 2020, avrebbe minato l’unità nella risposta occidentale contro l’invasione russa, ma anche il fatto che, molto probabilmente, questa crisi, Trump non la comprende davvero fino in fondo. E soprattutto getta ombre sul tipo di pace che Trump sosterrebbe, giustificando le apprensioni degli Alleati di questi mesi.
Una pace giusta?
Impegno e disimpegno, dunque, come risposte di forza uguale e contraria per il raggiungimento di uno stesso scopo: la fine della guerra. Ma se nella dichiarazione finale del vertice NATO l’impegno occidentale è condizionale al riconoscimento dell’Ucraina come “stato sovrano, democratico e indipendente“, il piano di pace di Trump non vede invece la sovranità ucraina come priorità. Infatti, come riportato dalle più importati fonti di informazioni, che citano in anonimato suoi collaboratori, il piano di Trump si baserebbe sue tre punti cardine: sostegno economico e militare all’Ucraina per la ricostruzione; cessione dei territori occupati (Donbass e Crimea) alla Russia e garanzia a Mosca di non ulteriore espansione della NATO ad est, con particolare riferimento a Ucraina, Georgia e Moldavia.
Una pace che metterebbe d’accordo quanti sono preoccupati dal continuo deterioramento dell’economia e della possibile estensione del conflitto in territorio europeo, ma che non considera la prospettiva, non solo Ucraina, ma anche dei Baltici e della Polonia. Una prospettiva che, anche solo nella sua formulazione, continua a perpetuare l’idea di un’est Europa come niente altro che zona cuscinetto a garanzia dell’Europa occidentale, entro i confini del quale tutto è permesso fintanto che non si riversi troppo a Occidente.
Allora, se ancora oggi si discute il ruolo della NATO sia in relazione alla crisi ucraina, sia per le responsabilità in altri conflitti, è altrettanto vero che in risposta all’invasione, l’Alleanza ha promosso e facilitato una risposta unita da parte delle potenze occidentali. La NATO, all’indomani del vertice a Washington, si propone di continuare a farlo anche in prospettiva di una pace che sia rispettosa dell’integrità territoriale e della sovranità dello stato ucraino. Resta da vedere se riuscirà in questa promessa
Allo stesso tempo, la leadership americana, se finisse in mano a Trump, è probabile minerebbe questa unità, già fragile, e addirittura ci potrebbe riportare indietro ai tempi della ‘guerra fredda‘ come già sentenziato da Putin. E se qualcuno considera la proposta di Trump ‘folle‘ ma anche ‘l’unica possibile‘, lo fa da una prospettiva quasi imperialista e probabilmente troppo eurocentrica, perché l’unica pace possibile, che sia sostenibile e non metta a rischio l’attuale ordine mondiale, è anche una pace giusta.
Se davvero Trump prendesse il potere negli Stati Uniti e decidesse di realizzare la sua politica di disimpegno, per gli altri stati occidentali dovrebbe essere l‘occasione per un rinnovato protagonismo. Senza una leadership americana, l‘Unione Europea avrebbe l’occasione, e il compito, di condurre il complesso valzer fra le varie parti coinvolte nel conflitto, e di farlo facendo tesoro delle voci dei paesi membri est-europei, accogliendone la prospettiva e le preoccupazioni. L’Unione Europea avrebbe l’occasione di promuovere una pace giusta, anti-imperialista e rispettosa della sovranità e integrità territoriale ucraina, che non vada a pestare troppo i piedi alla Russia, pur senza accomodarne tutti i desideri, come sembrerebbe invece voler fare Trump.
Foto: Evan Vucci / Associated Press