La Lex Assassination, prevista in vigore dal 15 luglio, introduce una serie di norme fra cui il divieto agli incontri pubblici e la difesa personale per le più alte cariche dello Stato. Previsto anche un vitalizio che però, oggi, sembrerebbe spettare solo al primo ministro Robert Fico.
La Slovacchia dice stop agli assembramenti. Non un ritorno all’epoca Covid, bensì il nuovo scenario a cui si prepara Bratislava. Giovedì 27 giugno il parlamento ha approvato, infatti, una serie di misure note col nome di Lex Assassination che prevedono, fra le altre disposizioni, forti limitazioni quando non veri e propri divieti agli incontri pubblici.
Un insieme di norme difese strenuamente dalla coalizione composta da forze di sinistra e di estrema destra, che lo definiscono uno strumento decisivo a tutela della sicurezza nazionale dopo l’attentato di metà maggio ai danni del primo ministro Robert Fico.
Scatta il divieto agli incontri pubblici
Ben più critica invece l’opposizione, che si è scagliata con forza contro la Lex Assassination pronta a entrare in vigore il prossimo 15 luglio. Al centro della querelle il divieto di potersi assembrare davanti alle abitazioni private, anche nel caso in cui il proprietario di casa sia una persona direttamente correlata alla finalità dell’incontro, per via del suo lavoro o della sua posizione sociale. In poche parole, dunque, vietato accalcarsi davanti alla porta altrui se non si vuole incorrere, nella migliore delle ipotesi, nel reato di violazione del diritto di privacy.
Quella che la maggioranza “difende” come una misura a salvaguardia della pubblica sicurezza viene però attaccata dalle altre forze del mondo politico e sociale. Secondo il direttore di Amnesty International Slovacchia, Radoslav Sloboda, la proposta normativa mina la libertà di riunione e “descrive le proteste come una minaccia all’ordine pubblico”, ponendo un freno al diritto di manifestare piuttosto che agevolandolo.
Norma sul vitalizio: una misura ad personam?
Oltre ai limiti sugli assembramenti, la proposta di legge stabilisce per le più alte cariche dello Stato, cioè il presidente della Repubblica, il presidente del Parlamento e il primo ministro, il diritto a risiedere in un alloggio “adeguatamente attrezzato” su incidazione diretta da parte del ministero dell’Interno.
Il punto più dibattuto, però, è un altro. la Lex Assassination prevede, infatti, che i presidenti della Národná Rada, il Consiglio nazionale della Repubblica slovacca che dal 1992 svolge le funzioni parlamentari, assieme ai primi ministri che hanno completato almeno due mandati elettorali completi abbiano accesso a un vitalizio e alla protezione garantita da guardie del corpo.
Per i detrattori della proposta si tratterebbe, tuttavia, di una norma cucita su misura per Robert Fico: l’attuale primo ministro, infatti, è al momento l’unico politico di tutta la Slovacchia con un profilo corrispondente alla descrizione prevista per legge.
Lo scontro tra sicurezza nazionale e stato di polizia
Era il 22 giugno quando a Rozhlas a televízia Slovenska (Rtvs), la radiotelevisione slovacca sulla cui chiusura è incentrata la nuova legge sui media entrata in vigore il 1° luglio, il ministro della Difesa, Robert Kaliňák, affermava che la Lex Assassination apporterà dei miglioramenti in termini di sicurezza a tutto il Paese, difendendo poi anche la decisione di riconoscere uno stipendio a vita a Fico (“Abbiamo questa consuetudine nel caso del presidente, quindi non vedo perché non potrebbe essere così anche per i primi ministri che sono in carica da molto tempo”).
L’opposizione, invece, dal canto proprio mette in guardia su un possibile “stato di polizia” che verrebbe a istaurarsi in Slovacchia all’indomani dell’entrata in vigore della legge: secondo Mária Kolíková, ex ministra della Giustizia e oggi deputata tra le fila del partito liberale d’opposizione Libertà e Solidarietà, la Lex Assassination “è stata cucita con un ago caldo e non ha nulla a che fare con il miglioramento della sicurezza”.
Foto: dal profilo Facebook di Robert Fico