Sono trascorsi circa 120 anni dal giorno delle prime elezioni in Iran, tenute a seguito della Rivoluzione Costituzionale del 1906. Da quel giorno, però, molte cose sono cambiate soprattutto nel sistema politico iraniano. Quello noto oggi come Repubblica Islamica dell’Iran è un caso sui generis. Il termine di per sé è un ossimoro, poiché combina elementi di democrazia e teocrazia, e cerca di bilanciare l’idea liberale di sovranità popolare con il principio teocratico di Velayat-e faqih; un’infelice convivenza di libero arbitrio e determinismo autoritario.
Le leggi elettorali e le elezioni presidenziali
La Costituzione della repubblica islamica prevede quattro istituzioni elettive e, secondo l’articolo 6, “gli affari dello Stato saranno gestiti facendo affidamento sull’opinione pubblica e attraverso elezioni come l’elezione del presidente, dei rappresentanti dell’Assemblea consultiva islamica, e i membri dei consigli locali o tramite referendum”. Il presidente e i deputati del parlamento dell’Iran sono eletti per un mandato di quattro anni , e il presidente è limitato a due mandati. Se i candidati non riescono a ottenere più del 30% dei voti espressi, è necessario un ballottaggio. La Costituzione riconosce sia agli uomini che alle donne il diritto di voto. L’età per votare è fissata a diciott’anni.
Tutti i candidati devono essere approvati dal Consiglio dei Guardiani che è composto da dodici membri, che rimangono in carica per sei anni: sei teologi nominati dalla Guida Suprema, sei giuristi nominati dal potere giudiziario (dipendente anch’esso dalla Guida Suprema) e approvati dal Parlamento. Il Consiglio ha svolto un ruolo centrale nel controllo dell’interpretazione dei valori islamici nella legge iraniana: ad esempio, nell’ambito del controllo dei potenziali candidati per determinare chi può e non può candidarsi a una carica nazionale, ha squalificato innumerevoli candidati riformisti dalla candidatura. Inoltre, pone il veto alle leggi approvate dal parlamento eletto direttamente dal popolo. Interessante sapere che la maggior parte degli ex presidenti della Repubblica Islamica non è più stata approvata dal Consiglio dei Guardiani per le successive elezioni. Tra i nomi più illustri: Hashemi Rafsanjani, Mahmoud Ahmadinejad e Hasan Rohani.
Chi sono i candidati delle prossime elezioni presidenziali
A seguito della morte inaspettata di Raisi sono subito state annunciate nuove elezioni per il nuovo presidente. L’iscrizione dei candidati per il quattordicesimo mandato delle elezioni presidenziali è iniziata 10 giugno e si è conclusa 14 giugno: alla sede elettorale situata presso il Ministero dell’Interno si sono iscritte ottanta persone, ma solo sei candidature sono state approvate dal Consiglio dei Guardiani. Come al solito, molti uomini molto vicini al regime non sono riusciti a superare la falce approvatrice del Consiglio dei Guardiani, come ex presidente Mahmoud Ahmadinejad (per la terza volta tra l’altro), Ali Larijani (il presidente del parlamento iraniano dal 2008 al 2020, membro del Consiglio per il Discernimento dell’Interesse del Sistema dal 2020, avendo precedentemente prestato servizio dal 1997 al 2008) ed Eshaq Jahangiri (primo vicepresidente dal 2013 al 2021, ministro delle industrie e delle miniere dal 1997 al 2005, prima di allora, governatore della regione di Isfahan, anche membro del Parlamento per due mandati).
Conoscere meglio i candidati approvati
Mohammad Bagher Ghalibaf, 62 anni, politico conservatore, ex ufficiale militare e attuale presidente del parlamento dal 2020, ex sindaco di Teheran dal 2005 al 2017. In precedenza è stato il capo della polizia dal 2000 al 2005 e comandante dell’aeronautica dei Guardiani della Rivoluzione dal 1997 al 2000. Spesso considerato il candidato perenne alle elezioni presidenziali, si è candidato senza successo nel 2005 e nel 2013. Si è ritirato dalla campagna presidenziale del 2017 per sostenere Raisi nella sua prima candidatura presidenziale fallita e di nuovo nel 2021. In quanto ex generale della Guardia, prese parte alla violenta repressione degli studenti universitari iraniani nel 1999, e ordinò l’uso di armi da fuoco contro gli studenti nel 2003 mentre prestava servizio come capo della polizia del paese.
Saeed Jalili, classe ’65, ex negoziatore senior sul nucleare, si è candidato nel 2013 e si è iscritto nel 2021 prima di ritirarsi per sostenere Raisi, soprannominato “martire vivente” dopo aver perso una gamba durante la guerra Iran-Iraq come membro dei Basij, e ha conseguito un dottorato di ricerca dall’Università Imam Sadegh, palestra ideologica del regime. La sua tesi era intitolata “Il fondamento del pensiero politico islamico nel Corano”. Jalili ha ricoperto una serie di incarichi che spaziano dall’Ufficio della Guida Suprema, al Ministero degli Esteri iraniano e al Consiglio Supremo di Sicurezza Nazionale.
Amir-Hossein Ghazizadeh Hashemi, classe ’71, medico di formazione ed ex membro del parlamento, si candidò alla presidenza nel 2021 ma ha perso. Ebrahim Raisi in seguito lo nominò vicepresidente e capo della Fondazione per gli affari dei martiri e dei veterani.
Alireza Zakani, classe ’65, ha ricoperto una serie di incarichi, tra cui, membro del parlamento, presidente del Centro di ricerca del Parlamento e attualmente sindaco di Teheran. È soggetto a sanzioni da parte del Regno Unito per aver commesso gravi violazioni dei diritti umani in Iran. Zakani si è candidato nel 2021, ma si è ritirato per sostenere Raisi. Curiosamente, Zakani, che era il responsabile della campagna elettorale di Ghalibaf nella sua infruttuosa candidatura presidenziale del 2005, ora corre contro il suo ex datore di lavoro.
Mostafa Pourmohammadi, nato nel ’59, è l’unico chierico ad essere stato approvato per candidarsi alle elezioni del 2024. Ha ricoperto una serie di incarichi, tra cui quello di procuratore rivoluzionario. In seguito divenne ministro degli Interni nella presidenza di Ahmadinejad e ministro della Giustizia nell’amministrazione Rohani. Noto agli iraniani per il suo ruolo insieme a Raisi nella Commissione della Morte che diede il via libera all’esecuzione di migliaia di prigionieri politici nel 1988.
Masoud Pezeshkian, classe ’54, è l’unico riformista approvato dal Consiglio dei Guardiani della Rivoluzione. Cardiochirurgo di formazione, ha precedentemente servito come ministro della sanità nell’amministrazione del governo riformista di Mohammad Khatami. Si candidò anche alle elezioni presidenziali del 2021. Sebbene molti non siano ancora sicuri di come il Consiglio dei Guardiani gli abbia permesso di partecipare alle elezioni, è opinione diffusa che il consiglio fosse fiducioso che non avrebbe vinto. Approvando la sua candidatura, sembra che il consiglio mirasse ad aumentare l’affluenza alle urne.
Stando agli ultimi sondaggi, mentre più di un terzo non ha ancora scelto il suo candidato preferito, finora Pezeshkian risulta il primo, seguito da Jalili e Ghalibaf. Sebbene tramite il consiglio dei Guardiani il regime tenta di controllare il voto popolare e le conseguenti sorprese, tre degli ultimi quattro presidenti iraniani sono stati in realtà sorprendenti poiché la loro elezione non era prevista all’inizio della campagna. Chi sceglieranno i sessanta milioni di iraniani tra i sei candidati scelti per loro da parte del Consiglio dei Guardiani? L’elemento più gradito o quello meno gradito? Lo scopriremo il prossimo 28 giugno.
foto: tehrantonews.com