SERBIA: Nasce il governo Vucevic. Belgrado continua la sua politica equilibrista

Nella seduta del 2 maggio, con una maggioranza schiacciante, e un apparente sfida a Washington, il parlamento serbo ha approvato la formazione del nuovo governo, con 152 voti a favore e 61 contrari. Il premier eletto Miloš Vučević, già a capo del ministero della difesa e vice primo ministro dell’esecutivo uscente, è anche presidente del SNS (Partito progressista serbo) da maggio 2023, nonché persona di fiducia del presidente Aleksandar Vučić, che lo scorso marzo lo aveva incaricato di formare un nuovo governo.

I membri del nuovo governo

Il nuovo esecutivo, che ha preso forma dopo sei ore di dibattito, conterà 25 ministeri e 5 ministri senza portafoglio. A suscitare polemiche è la scelta di assegnare uno dei 5 ministeri senza portafoglio a Nenad Popović, parte della lista delle persone sanzionate dagli Stati Uniti, per corruzione e stretti legami con le autorità russe, assieme ad Aleksandar Vulin, ex capo dei servizi di sicurezza serbi (BIA), che è stato invece nominato nuovo vice primo ministro del governo Vučević. Un portavoce del Dipartimento di stato statunitense ha ribadito il disappunto degli USA nei confronti di tali nomine, confermando che le sanzioni nei loro confronti rimarranno. Aleksandar Vulin, leader del movimento “Socialisti”, partner di governo del SNS, è infatti sottoposto alle sanzioni americane ormai da luglio 2023, mentre Popović, leader del Partito Popolare serbo, da novembre 2023.

L’ex ambasciatore serbo a Washington, Marko Đurić, sarà invece a capo del ministero degli affari esteri, mentre l’ex capo della diplomazia, Ivica Dačić, guiderà il ministero degli interni. L’ex ministro della Polizia, Bratislav Gašić, sarà ministro della difesa, mentre il ministero per la famiglia è stato assegnato a Milica Đurđević Stamenkovski, presidente del partito di estrema destra Zavetnici, che finora era rimasto all’opposizione, salvo poi rientrare nella coalizione di governo dalle elezioni del 17 dicembre 2023. Anche nelle elezioni locali, previste per il prossimo 2 giugno, Zavetnici parteciperà come partner di coalizione.

Verso le elezioni municipali del 2 giugno

La data del 2 giugno è stata raggiunta a seguito di un lungo braccio di ferro tra maggioranza e opposizione. Già il 6 febbraio, durante la prima seduta della Skupština (l’Assemblea nazionale serba), i parlamentari dell’opposizione si erano rifiutati di giurare in aula, preferendo farlo nei corridoi in segno di protesta contro i brogli elettorali perpetrati, a loro dire, durante il voto del dicembre 2023.

A guidare quella che il primo ministro Miloš Vučević aveva definito una “performance” anti-patriottica, era stata la coalizione Srbija protiv nasilja (Serbia contro la violenza), seconda forza in parlamento in virtù dei 65 seggi ottenuti alle urne. Secondo i risultati ufficiali, SNS aveva invece ottenuto la maggioranza alla Camera con 129 seggi, su 250 disponibili. Tuttavia, questi risultati e soprattutto quelli per il sindaco di Belgrado erano stati immediatamente messi in dubbio dall’opposizione e da parte della popolazione, scesa in strada a Belgrado per protestare nei giorni successivi al voto, sintomo di una situazione politica circa la quale anche il Parlamento Europeo si era trovato ad esprimere le proprie preoccupazioni. Sebbene nell’assemblea della capitale SNS avesse la maggioranza relativa, non è stata raggiunta una maggioranza per sostenere la giunta. Ed è per questo che il voto a Belgrado verrà ripetuto, appunto il 2 giugno.

Alla ricerca di un accordo sulle condizioni elettorali, l’opposizione aveva presentato al governo tre richieste: la formazione di una commissione indipendente che controllasse le liste elettorali prima delle nuove elezioni, un servizio radiotelevisivo pubblico che fosse a disposizione di tutti i partecipanti alle elezioni, e che le elezioni di Belgrado si svolgessero lo stesso giorno di quelle locali.

Quest’ultima richiesta trovava giustificazione in virtù del fatto che la vittoria di SNS alle ultime elezioni nella capitale, secondo i suoi sfidanti, sarebbe arrivata attraverso i voti di persone appositamente trasportate via bus da altre città e altri paesi.

Le prime due condizioni, invece, nascevano dalla necessità di adempiere alle richieste del rapporto ODIHR, l’ufficio OSCE per le istituzioni democratiche e i diritti umani, che dopo aver seguito le elezioni in Serbia dello scorso dicembre, aveva stilato una lista di 25 raccomandazioni da attuare al fine di migliorare le condizioni elettorali nel paese.

In particolare, il rapporto ODIHR aveva rilevato condizioni ineguali tra i partecipanti, per via della posizione dominante del presidente Vučić, a cui veniva imputato anche l’uso improprio di risorse pubbliche a suo favore, nonché l’egemonia mediatica. Inoltre, il rapporto afferma che vi erano state pressioni sui dipendenti pubblici affinché votassero per SNS.

La maggioranza, pur negando le accuse di irregolarità, si era mostrata disponibile ad adempiere le richieste dell’ODIHR e il 3 aprile, termine ultimo previsto dalla legge, la prima ministra uscente, Ana Brnabić, aveva annunciato che le elezioni per l’Assemblea di Belgrado si sarebbero svolte il 2 giugno, ultima data possibile secondo le disposizioni costituzionali. Il 23 aprile, infine, un emendamento alla costituzione ha reso possibile lo svolgimento delle elezioni locali nello stesso giorno di quelle previste nella capitale.

Gli obiettivi del governo Vučević: equilibrio e continuità

Mentre l’opposizione si è divisa e il cartello “Serbia contro la violenza” di fatto non esiste più, poiché alcuni suoi partiti hanno scelto la strada del boicottaggio delle elezioni del 2 giugno, la maggioranza risulta più determinata che mai nel mettere in atto la sua politica di equilibrismo tra l’Europa e Mosca.

Di fronte all’Assemblea, il 1° maggio, Vučević ha presentato il suo gabinetto come il governo della continuità, il cui obiettivo strategico rimane l’ingresso della Serbia nell’Unione Europea, ma al contempo ha parlato degli oneri che quest’ultima sta introducendo nel processo di adesione, rallentandolo. Tali oneri coincidono con le richieste europee di normalizzare i rapporti col Kosovo, e di allinearsi alla politica estera UE verso la Russia, che per la Serbia rappresenterebbero un’umiliazione.

Il premier ha perciò ribadito che Belgrado non aderirà alle sanzioni, perché considera i russi come un popolo fratello, esattamente come gli ucraini. I principi che continueranno a informare la politica estera serba saranno quindi, ha aggiunto Vučević, l’indipendenza politica e la neutralità militare.

Un’indipendenza politica ben esplicata dall’aver sottolineato l’importanza del partenariato tra Serbia e Cina, definita Stato amico, partner e alleato affidabile, a maggior ragione in vista della visita di Xi Jinping nella capitale serba del 7 e 8 maggio. Allo stesso modo, però, il premier ha strizzato l’occhio agli Stati Uniti dicendo che la Serbia è impegnata a mantenere le migliori relazioni tra i due paesi.

Lo slogan della campagna elettorale di SNS, lo scorso dicembre, recitava Srbija ne sme da stane (La Serbia non deve fermarsi), e per farlo, a quanto pare, ha bisogno di non perdere l’equilibrio.

Foto: koha.net

Chi è Lorenzo Serafinelli

Classe 1999, laureato in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali presso l'Università di Roma, la Sapienza. Attualmente, presso lo stesso istituto, sta conseguendo la laurea magistrale in Relazioni Internazionali e sicurezza globale. Esprime la sua passione per la storia e l'attualità dei Balcani Occidentali scrivendo per East Journal da luglio 2022.

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