SERBIA: Condannata l'estrema destra omofoba. Obradović in carcere

La situazione della comunità LGBT serba, di cui ci siamo già occupati in parte in un post recente e sulla quale torneremo con un post ad hoc in un futuro prossimo, resta difficile e precaria. Tra gli elementi che caratterizzano la situazione di questo paese vi é senza dubbio la presenza di una estrema destra tra le più forti e violente d’Europa. Un’estrema destra che negli ultimi anni è riuscita, è importante sottolinearlo, a far capitolare lo Stato in ben due occasioni, spingendo le autorità ad annullare le Gay Prides del 2009 e del 2011. Vi sono però dei segnali positivi e incoraggianti che meritano di essere sottolineati. Nel 2009 la Serbia ha approvato una legge contro le discriminazioni che include anche l’omofobia. Negli ultimi mesi, grazie a questa legge, si sono susseguite una serie di importanti decisioni di giustizia che hanno sanzionato comportamenti e discorsi omofobi.

Obradović condannato

Di particolare importanza é stata la recente sentenza con la quale un tribunale di prima istanza di Belgrado ha condannato Mladen Obradović a dieci mesi di carcere per avere minacciato di morte i partecipanti del (mancato) Gay Pride di Belgrado del 2009. Obradović é il leader di Obraz (“onore”, in Italiano), un gruppo apertamente omofobo, antisemita, ultranazionalista e cristiano-fascista estremamente violento. Non é la prima volta che il capofila ultranazionalista é condannato per incitazione all’odio omofobo. L’anno scorso era già stato condannato a due anni di carcere per la sua partecipazione nei gravissimi incidenti che marcarono la Gay Pride di Belgrado nel 2010.

La sentenza é stata molto commentata in Serbia. Obradović ha affermato che questa condanna non fa che aumentare la determinazione del suo gruppo. Le associazioni di difesa dei diritti umani e i movimenti LGBT locali, dal canto loro, si sono congratulati per la condanna ma hanno deplorato che il tribunale non abbia inflitto una condanna ancora più severa. Molto critico in questo senso é stato, in particolare, il gruppo LGBT Labris.

Breve storia dei Pride Serbi

La storia dei Gay Pride Serbi é una storia complessa e tumultuosa. Nel giugno del 2001 un primo tentativo di organizzare una marcia per i diritti LGBT a Belgrado si scontrò con la violenta reazione dell’estrema destra locale e di gruppi cristiani che assaltarono i partecipanti alla manifestazione e scatenarono un vero e proprio riot omofobo nelle strade del centro della capitale. L’attacco fu talmente violento che il movimento gay serbo si vide costretto a rinunciare per alcuni anni all’idea di organizzare un altro Pride. Nel corso del primo decennio del secolo ci furono alcuni tentativi di organizzare un’altra manifestazione pubblica in difesa dei diritti LGBT, l’associazione Gej strejt alijansa (GSA) tentò di organizzare un Pride a Belgrado nel 2004 e il gruppo LGBT Vojvodina tentò di fare lo stesso a Novi Sad nel 2007, ma nessuno di questi tentativi prosperò. Fu solo nel 2009 che le circostanze si rivelarono propizie e un Pride parve poter essere di nuovo organizzato.

Il Pride del 2009

La storia del Pride del 2009 é per molti versi simile a quella di quello del 2011. Inizialmente tutto parve andare nel migliore dei modi: gli organizzatori fissarono la data della manifestazione per la metà del mese di settembre e le autorità serbe, a partire dal presidente Boris Tadić (sempre desideroso di apparire moderno e europeo), diedero il loro appoggio all’evento. Tadić affermò che lo stato avrebbe fatto “di tutto per proteggere le persone, indifferentemente dalla loro nazionalità, religione od orientamento politico e sessuale” e lanciò un monito agli estremisti di destra, invocando una “reazione dello stato ad ogni atto di violenza per le strade di Belgrado”. Purtroppo, però, queste belle parole rimasero lettera morta.

Nei giorni e nelle settimane che precedettero il Pride l’estrema destra moltiplicò le minacce e gli atti intimidatori. Obradović e il suo gruppo furono molto attivi tanto in internet come nelle strade di Belgrado. La città fu coperta di graffiti e poster che portavano la scritta “Čekamo vas” (“Vi aspettiamo”). Altre scritte erano molto più esplicite e riproducevano slogan come: “Smrt pederima” (“Morte ai Froci”) e “Beogradom krv će liti, gej parade neće biti” (“il sangue scorrerà nelle strade di Belgrado, non ci sarà Gay pride”).

Queste scritte e le minacce che le accompagnavano contribuirono a creare un clima di intimidazione tale che le autorità serbe finirono per capitolare e cancellarono l’evento affermando di non poterne garantire la sicurezza (Obraz ha usato la stessa tecnica anche durante il Pride del 2010 e quello del 2011 che, come quello del 2009, é stato cancellato all’ultimo minuto dalle autorità per motivi di sicurezza). Nel dispositivo della sentenza con la quale ha condannato il capofila ultra-nazionalista la giudice Ivana Ramić ha sottolineato che quei graffiti e poster avevano come solo obbiettivo quello di diffondere la paura in seno alla comunità LGBT  e incoraggiare l’odio. A riprova del carattere intimidatorio di questi slogan si può citare anche un dialogo edificante tra Obradović e un giornalista di B92 che gli chiedeva di chiarire cosa intendeva esattamente con lo slogan “Vi aspettiamo”. Obradović gli rispose con un minaccioso “lo capirete” e aggiunse che “tutti coloro a cui era diretto il messaggio lo hanno capito(B92: Šta znači “Čekamo vas”? / Mladen Obradović: Znači, čekamo vas. / B92: Ne razumem, pojasnite? / Mladen Obradović: Pa dobro, razumećete. Razumeli su očigledno svi koji su, kojima je ta poruka bila upućena).

Altre sentenze contro l’omofobia

Come abbiamo detto la condanna del leader di obraz é solo l’ultima in una serie di importanti decisioni di giustizia che negli ultimi tempi hanno sanzionato comportamenti e discorsi omofobi.

  • Il mese scorso un tribunale di Belgrado ha inflitto, per la prima volta nella storia giudiziaria serba, una pena di prigione per minacce omofobe profferite online. Il tribunale ha condannato il cittadino Simo Vladičić a tre mesi di carcere e due anni di libertà condizionale per una serie di messaggi omofobi contenenti minacce molto gravi che Vladičić aveva lasciato nella pagina facebook del gruppo “500.000 Srba protiv gej parade” (500.000 serbi contro il Gay Pride).
  • Alla fine di febbraio una corte d’appello di Belgrado ha accolto una denuncia di GSA e ha condannato il giornale Press per avere permesso la pubblicazione di commenti omofobi nel suo sito internet.
  • E in novembre dell’anno scorso un altro tribunale condannò il politico omofobo Dragan Marković, detto“Palma”, per avere discriminato la comunità LGBT.

Queste sentenze dimostrano l’importanza dell’esistenza di norme contro le discriminazioni e l’omofobia come quella approvata nel 2009 dal’ Assemblea Nazionale della repubblica di Serbia (una norma che, invece, il parlamento italiano si é negato ad approvare in ben tre occasioni, senza contare i voti negativi in commissione, nel corso di questa legislatura). Sono raggi di sole in un cielo ancora piuttosto plumbeo.

Chi è Matteo Zola

Giornalista professionista e professore di lettere, classe 1981, è direttore responsabile del quotidiano online East Journal. Collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso e ISPI. E' stato redattore a Narcomafie, mensile di mafia e crimine organizzato internazionale, e ha scritto per numerose riviste e giornali (EastWest, Nigrizia, Il Tascabile, Il Reportage). Ha realizzato reportage dai Balcani e dal Caucaso, occupandosi di estremismo islamico e conflitti etnici. E' autore e curatore di "Ucraina, alle radici della guerra" (Paesi edizioni, 2022) e di "Interno Pankisi, dietro la trincea del fondamentalismo islamico" (Infinito edizioni, 2022); "Congo, maschere per una guerra"; e di "Revolyutsiya - La crisi ucraina da Maidan alla guerra civile" (curatela) entrambi per Quintadicopertina editore (2015); "Il pellegrino e altre storie senza lieto fine" (Tangram, 2013).

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