Il parlamento polacco ha nominato Donald Tusk, leader di Piattaforma Civica (KO), quale primo ministro in pectore. Un esito che si attendeva da settimane, ed era ampiamente prevedibile.
Dopo le elezioni parlamentari del 15 ottobre, il presidente polacco, Andrzej Duda, aveva dato mandato a Mateusz Morawiecki – premier uscente ed esponente del partito Diritto e Giustizia (PiS) – di formare un nuovo governo. La Costituzione prevede infatti che sia il partito che ottiene la maggioranza relativa dei voti ad avere per primo la possibilità di trovare una maggioranza, e il PiS aveva ottenuto circa il 36% dei consensi. Il PiS poteva così contare su 194 seggi, cioè 37 in meno del necessario. Il 13 novembre scorso, durante la prima riunione del nuovo parlamento, Morawiecki ha cercato, senza successo, la disponibilità degli altri partiti a formare un governo che ottenesse la fiducia del Sejm, la camera bassa. L’impossibilità di formare una coalizione di destra che assicuri la maggioranza dei seggi ha consentito al parlamento di proporre un’alternativa individuando un primo ministro in pectore, vale a dire Donald Tusk che ha ottenuto l’incarico con 248 deputati favorevoli e 201 contrari.
“Grazie Polonia, questo è un grande giorno, non per me, ma per tutti coloro che credevano che le cose sarebbero migliorate”, ha detto Tusk alla Camera dopo il voto, che ha descritto come un “cambiamento storico”. Tusk annuncerà nella mattinata di oggi, 12 dicembre, la lista dei nomi del suo gabinetto e delineerà il programma del governo. Nel pomeriggio seguirà il voto di fiducia. Se, come previsto, Tusk dovesse vincere quel voto, il passo finale sarà il giuramento davanti al presidente della repubblica, Andrzej Duda.
Una volta insediatosi, il nuovo governo dovrà ristabilire lo stato di diritto, minato dalle riforme del PiS che hanno di fatto assoggettato il potere giudiziario all’esecutivo, rompendo l’equilibrio di poteri che è alla base di ogni democrazia moderna. Non sarà facile scardinare l’impianto illiberale costruito da PiS, ma sarà senz’altro la prima richiesta che Bruxelles avanzerà a Varsavia. Donald Tusk, già presidente del Consiglio europeo, non si tirerà indietro. Infine, c’è la questione dei diritti individuali. La battaglia per la legalizzazione dell’aborto, che il PiS ha di fatto messo al bando, si scontrerà con i settori più retrivi della Chiesa cattolica polacca. Il nuovo governo, centrista e cristiano-sociale, dovrà muoversi con cautela per non scontentare il proprio elettorato ma è da anni che in Polonia si registra una progressiva laicizzazione della società che, pur non abbandonando l’identità cristiana, è sempre più distante dalle posizioni intransigenti e reazionarie della Chiesa.