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Polonia e Slovacchia: ad un passo dalle elezioni, i migranti tornano al centro del dibattito

A poche settimane dal voto in Polonia e Slovacchia, la questione migratoria torna al centro del dibattito.

Manca poco per sapere cosa ne sarà del Gruppo di Visegrád (Ungheria, Polonia, Slovacchia e Cechia): il prossimo 30 settembre gli slovacchi si recheranno alle urne, mentre due settimane dopo, il 15 ottobre, sarà il turno dei polacchi. La portata dei due scrutini è enorme: in entrambi i casi non è però affatto chiaro se a vincere saranno conservatori o liberali.

La fine del bastione conservatore?

Quel che è certo è che la regione sarà inevitabilmente scossa dai risultati: in caso di vittoria dei liberali, l’Ungheria di Viktor Orbán dovrà dire addio al vecchio gruppo Visegrád, bastione conservatore d’Europa; in caso di vittoria dei conservatori, seppure la destra polacca si sia molto allontanata dai colleghi ungheresi a seguito dell’invasione dell’Ucraina, Orbán potrebbe almeno tirare un sospiro di sollievo per il ritorno di Robert Fico alla guida della Slovacchia.

Forti di un aumento nel numero degli immigrati che transitano per i due paesi, i rispettivi leader conservatori stanno spingendo sulla questione per massimizzare i consensi. In Slovacchia, è stato registrato un rapido aumento di entrate dal confine ungherese: i numeri si attesterebbero intorno ai 25.000 da inizio anno, un numero basso rispetto al resto della regione ma comunque dieci volte superiore alle cifre raggiunte negli anni precedenti al 2021. Gran parte di questi sono di origine siriana e in larga misura cercano di raggiungere la Germania tramite la rotta balcanica. Il premier ad interim Ludovit Odor ha tentato di rassicurare i cittadini della Slovacchia meridionale inviando 500 soldati al confine e sottolineando a più riprese che i profughi stanno solo attraversando il paese e non intendono fermarvisi.

Ad approfittare del malcontento in alcune aree del paese, oltre all’estrema destra, è Robert Fico. Leader del partito social democratico Smer-SD (a sinistra nelle questioni economiche, ultra-conservatore in quelle socio-culturali), Fico ha bisogno di smarcare i liberali che gli contendono il primo posto alle elezioni. In caso di vittoria, l’”Orbán slovacco” si alleerà probabilmente con l’estrema destra per tornare al governo della Slovacchia, dopo esserne stato cacciato dalla piazza nel 2018 a seguito dell’omicidio del giornalista Ján Kuciak. Un colpaccio per un uomo che, un anno fa, è scampato alla prigione per il solo voto di due franchi tiratori in parlamento.

Sulla questione migranti la presidente Zuzana Čaputová – simbolo del sentimento anti-Fico che ha pervaso la Slovacchia qualche anno fa – ha puntato il dito contro Orbán, provocando l’ira dei giornali ungheresi di partito. La presidente si è detta ad esempio sorpresa della decisione di Budapest di liberare 1400 trafficanti dalle prigioni ungheresi – scelta molto criticata anche dai simpatizzanti del premier ungherese, poi espulsi dal paese.

La situazione in Polonia

Nella vicina Polonia, intanto, il partito di governo Diritto e Giustizia (PiS) cerca di sfruttare a pieno l’aumento dei tentativi di attraversamento del confine bielorusso. 19.000 migranti, provenienti da Medio Oriente, Africa ed India avrebbero infatti cercato di entrare in Polonia nei primi otto mesi del 2023, rispetto ai 16.000 dell’intero 2022.

Si confermano le accuse rivolte a Minsk: la Bielorussia inciterebbe questi flussi migratori per destabilizzare l’Europa. Tale sforzo, secondo le autorità polacche, sarebbe stato rinnovato dall’arrivo in Bielorussia del Gruppo Wagner. Ed è proprio sui mercenari russi che il governo di Mateusz Morawiecki vuole capitalizzare, esagerando – secondo le parole di Andrzej Kruczyński, esperto di sicurezza polacca – la reale minaccia di Wagner.

Come altra strategia per portare voti a sé, i conservatori hanno deciso di far coincidere le elezioni con un referendum che chiederà ai polacchi se sono disposti ad accettare migliaia di migranti da Africa e Medio Oriente come previsto dal piano di ricollocazione dell’Unione Europea (lo scorso giugno i ministri degli Interni UE hanno trovato un accordo sulla questione, al quale la Polonia si è fortemente opposta). Il referendum conterrà anche un quesito sulla necessità di costruire un muro con la Bielorussia.

La riproposizione della questione migratoria sembrerebbe avvantaggiare le forze conservatrici e di estrema destra nei due paesi. Sarà necessario per decidere le sorti delle elezioni o conosceremo presto un nuovo gruppo Visegrád, liberale e riformatore?

Foto: Flickr, Kancelaria Premiera

Chi è Gianmarco Bucci

Nato nel 1997 a Pescara, vive a Firenze. Si è laureato in Relazioni Internazionali all'Università di Bologna con una tesi sul movimento socialdemocratico in Cecoslovacchia, Ungheria e Romania. Al momento è ricercatore alla Scuola Normale Superiore di Pisa. Scrive su East Journal dal dicembre 2021, dove si occupa di Europa centrale e Balcani.

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