Jobbik

UNGHERIA: Jobbik cambia nome per allontanarsi dall’estrema destra

In Ungheria, l’ex partito di estrema destra Jobbik prosegue con la strategia di moderazione che lo ha spinto sempre più al centro.

Márton Gyöngyösi, presidente dell’ex partito di estrema destra Jobbik, ha annunciato un cambio di immagine per la sua formazione: il partito adotterà il nome “Jobbik-Konzervatívok” (ovvero “Jobbik – I conservatori”). Si tratta di un altro piccolo passo del percorso di moderazione che Jobbik ha intrapreso negli ultimi anni.

Durante il congresso di partito, Gyöngyösi ha dichiarato che il suo partito vuole restaurare l’onore della destra ungherese, riportarla ad una visione borghese ed europea del mondo – tipica degli anni di József Antall, il premier eletto dopo la caduta del regime comunista – ed allontanarla dalle attuali molestie perpetrate dagli estremisti e dall’idolatria per la Russia.

Una scelta conveniente?

La strategia di moderazione di Jobbik – così come il destino stesso del partito – è strettamente legata alle scelte di Fidesz, il partito del premier Viktor Orbán. Quando Fidesz era ancora una forza liberale, Jobbik ha trovato grande riscontro piazzandosi sull’estrema destra: il partito si era subito fatto conoscere per il suo razzismo, squadrismo ed antisemitismo. La svolta a destra promossa da Orbán ha però soffocato Jobbik, lasciandogli poco spazio di manovra. Il partito ha quindi deciso si spostarsi al centro, fino a entrare in una larga alleanza in chiave anti-Orbán con tutti i partiti d’opposizione per le elezioni dell’aprile 2022.

Anche il campo moderato sembra però sovraffollato: Péter Márki-Zay, il candidato della coalizione anti-Orbán, ha dichiarato che creerà il suo partito di centro-destra. Sempre centristi ma più liberali, Momentum e Coalizione Democratica (il partito dell’ex premier socialista Ferenc Gyurcsáni) si spartiscono il voto moderato, anche se Jobbik e Márki-Zay fanno sicuramente riferimento ad un elettorato più conservatore rispetto a loro. Il margine di lavoro è decisamente stretto, considerato che il grande scontro politico in Ungheria – così come in Polonia – ha poco a che fare con destra e sinistra, ma si catalizza intorno al duello tra liberali e illiberali, o meglio tra pro- e anti-Orbán. Jobbik ha quindi molto lavoro da fare per distinguersi dagli altri partiti d’opposizione.

Verso la scomparsa

La moderazione, al momento, non sembra pagare: Jobbik è dato nei sondaggi sotto la soglia di sbarramento del 5%. Una cifra ben lontana rispetto al 20% ottenuto nel 2018 e che ha in larga parte causato il fallimento della coalizione anti-Orbán nelle elezioni del 2022. Gábor Vona, il leader che ha portato Jobbik al successo, ha abbandonato il partito nel 2018, mentre Péter Jakab – l’uomo che ha allontanato gli elementi più radicali di Jobbik ed ha spostato il partito al centro – si è dimesso dopo dispute interne a seguito della sconfitta elettorale. L’ala più radicale guidata da László Toroczkai si è staccata da Jobbik per formare Mi Házank (“La nostra patria”), partito che è riuscito a ritagliarsi una nicchia alla destra di Orbán e che ha ottenuto il 6% nel 2022, indebolendo ulteriormente Jobbik.

Foto: Beroesz, Wikimedia Commons

Chi è Gianmarco Bucci

Nato nel 1997 a Pescara, vive a Firenze. Si è laureato in Relazioni Internazionali all'Università di Bologna con una tesi sul movimento socialdemocratico in Cecoslovacchia, Ungheria e Romania. Al momento è ricercatore alla Scuola Normale Superiore di Pisa. Scrive su East Journal dal dicembre 2021, dove si occupa di Europa centrale e Balcani.

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