gruppo OHO

CULTURA: Dal reismo a una comune. La parabola artistica del gruppo sloveno OHO

Sensibilizzare su temi ambientali e forze invisibili in tempi in cui il mondo dell’arte sloveno guardava a tematiche legate alla politica e alla storia recente, è stato uno dei segni distintivi di un gruppo poliedrico attivo tra il 1966 e il 1971, ma la cui influenza si è estesa oltre ai confini jugoslavi e sopravvive ancora oggi.

Interessi, linguaggi e protagonisti

Il nome OHO compare per la prima volta in un libro auto-prodotto dai due membri fondatori dello stesso gruppo, Marko Pogačnik e Iztok Geister, come combinazione delle parole occhio (oko) e orecchio (uho). Con questo neologismo intendono significare l’afferrare universale dei fenomeni nella loro presenza immediata e immanente, prima che l’esperienza della percezione diventi la base di una classificazione differente e significante strutturata.

L’appartenenza al gruppo è stata fluttuante nel corso degli anni: da un paio di amici e compagni di scuola fino ad un’ampia cerchia fatta di scrittori, artisti visivi, registi amatoriali, teorici per poi infine richiudersi su quattro membri focalizzati sull’arte visiva. Stesso discorso vale per i linguaggi adottati, quali stampa, disegni, oggetti, film, performance urbane, installazioni, progetti di land art fino a concludersi con esperimenti nelle dinamiche di vita comunitaria e arte.

Il loro primo interesse si focalizza sui testi e sul linguaggio. Le pubblicazioni infatti sono la principale forma espressiva, rappresentata in larga parte da materiale stampato idiosincratico (libri, carte, adesivi da applicare su scatole di fiammiferi), giornali, riviste (disegni, fumetti, testi teorici e poesia sperimentale). In seguito faranno ampio uso della fotografia per documentare le azioni e nell’ultima parte della loro attività di diagrammi. 

L’insoddisfazione verso la società, il desiderio di disturbare la normalità della quotidianità socialista e la loro attrazione e fascinazione per la cultura rock di oltre cortina (soprattutto i Rolling Stones), si ricollegano ai movimenti di protesta della controcultura del 1968. Il gruppo OHO condivide con le altre manifestazioni artistiche jugoslave dell’epoca lo spirito collante, diversamente dalla tradizione dell’arte moderna. I gruppi infatti, non erano solo il risultato di affinità dei loro membri, ma anche dei contatti quotidiani degli stessi, basati su approcci simili alla vita e non su un programma definito o su un lavoro di squadra. Al contrario, i membri del gruppo utilizzano linguaggi e forme espressive diverse l’uno dall’altra, ogni persona mantiene la propria individualità, dal lavoro al nome. Questo a testimonianza del fatto che il gruppo funziona più come un contesto d’azione a livello spirituale piuttosto che professionale. 

Dal reismo ai Summer Projects

Attraverso i loro primi esperimenti linguistici, il gruppo fa riferimento al concetto di reismo (dal latino “res”, cosa). Scopo filosofico dello stesso è di immaginare nuove relazioni tra uomini e oggetti di uso quotidiano e tra lettori e testo: gli oggetti vengono liberati dalla loro funzione intrinseca e i testi da quello di avere un significato. Tale pratica tuttavia non durerà a lungo e si esaurisce nel 1968. 

Allo stesso anno risale uno dei loro lavori più iconici, quello che ne consacra la visibilità. Si tratta della scultura vivente Triglav, ovvero una performance nel parco lubianese di Zvezda, realizzata da Milenko Matanović, Drago Dellabernardina e David Nez (americano). Per la prima volta il loro agire assume la forma della dimensione sociale, rivendicando l’uso dello spazio pubblico come forma di contestazione contro il potere ufficiale. Triglav (letteralmente tre teste) è il nome della vetta più alta delle Alpi Giuliane slovene, un simbolo dell’identità nazionale. La geografia distintiva dell’ambiente naturale è un elemento decisivo della stessa, con la montagna a tre teste rappresentata nello stemma della Repubblica socialista di Slovenia e in seguito anche in quello della Slovenia indipendente – quest’ultimo creato da Pogačnik. La scelta della piazza per la performance ha ugualmente un ruolo simbolico. I più importanti eventi della storia slovena recente sono avvenuti proprio in questo luogo, quali la proclamazione d’indipendenza nel 1918 dall’impero austro-ungarico e la visita di Tito nel 1945. 

A partire da questo momento inizia la loro attività di Land Art con i cosiddetti Summer Projects, ad alcuni dei quali prende parte l’artista americano Walter De Maria. Il gruppo si sposta sempre di più in campagna, per una questione sia pratica che ideologica, per evitare le potenziali ripercussioni e il controllo delle autorità, e per avere uno spazio libero dove operare lontano dagli ambienti culturali conservatori. Come risultato di questi progetti l’attenzione si sposta dagli oggetti e dalla loro posizione al processo. L’uso dei materiale risponde sempre di più a fattori pratici più che estetici. La mostra “Great-Grandfathers” del febbraio 1969 alla Galleria d’arte contemporanea di Zagabria viene ricordata come la prima mostra di arte povera in Jugoslavia per via dell’uso dei materiali, dell’accento posto sul processo, dei paradossi nell’allusione ad arte e vita e per il bilanciamento tra cultura e natura.

Concettualismo trascendentale e comune di Šempas

Nel 1969 Netz presenta con il suo progetto „Cosmologia“ la prima forma di Body Art in Jugoslavia e anticipa le susseguente attività del gruppo stesso. Per definire quest’ultimo perido, lo storico d’arte Tomaž Brejc parla di concettualismo trascendentale, inserendolo all’interno della stessa tendenza globale basata sul principio di rendere visibili le forze invisibili – siano esse naturali, sociali, cosmologiche, interpersonali o interne al mondo dell’arte. Nel 1970 il gruppo OHO lavora infatti sulla telepatia con una serie di diagrammi che trattano il tema nel lavoro “Intercontinental group project America-Europe”, una fusione di arte e vita come esplorazione di queste dinamiche interne e della produzione intangibile del processo artistico. Sempre in base all’interpretazione di Brejc, quello che è importante per il gruppo OHO è l’esperienza diretta e la confrontazione dello stato mentale di una persona con l’ambiente naturale. La documentazione prodotta, fotografie e disegni, diviene così un mezzo, un elemento per collegare gli spettatori alla loro esperienza metafisica e spirituale. 

Nell’ultima fase escono gradualmente dal mondo dell’arte. Passano al misticismo e alla meditazione trascendentale in cui gli unici mezzi funzionali d’informazione sono la telepatia, la percezione ultrasensoriale e le energie. Questo cambio non deve tuttavia essere interpretato come un abbandono dei principi basilari del gruppo o l´adozione di una mitologia privata. Continuano infatti ad operare come un gruppo coerente, ma lo sviluppo personale dei singoli membri, la percezione del tempo e dello spazio, la storia e l’intelletto diventano la fonte e la struttura del loro concettualismo. La tendenza verso il mentale e lo spirituale, un ritorno a se stessi che presuppone un’approfondita conoscenza del mondo materiale ma che comunque non diviene anelito religioso, è il nuovo punto di partenza della loro attivitá. Significativi sono i progetti realizzati nella valle Zarica vicino Kranj, un luogo che conserva una ricca tradizione spirituale. La comunicazione con il passato, il cosmo, il ritmo della natura, dei corpi e dei pensieri diventano i temi della loro ricerca. Pur lavorando immersi nella natura, rinunciano ad intervenire sulla stessa non concependola piú come un ambiente allargato della galleria. La realizzazione di queste esperienze sempre più intime e metafisiche, nel quotidiano a contatto diretto con la natura e all’interno di essa, viene preferita all’esposizione esterna. L’11 aprile del 1971 avviene il trasferimento in una fattoria abbandonata a Šempas, un villaggio nella valle Vipava, e l’inizio della vita della comune dedicata al lavoro della terra e all’artigianato. 

Scioglimento ed eredità

Lo scioglimento avviene come atto di protesta rispetto alle autorità artistiche. Con mostre nei principali centri jugoslavi, quali Zagabria, Novi Sad o Belgrado, la loro attività diviene troppo scomoda e provocante per Lubiana, non disposta a supportarli a livello di mostre internazionali. Il gruppo OHO è stato il primo tra i nuovi artisti jugoslavi a partecipare ad un evento d’arte internazionale nel luglio del 1970 al MoMa di New York nella mostra “Information Show” organizzata da Kynaston McShine. Questo nonostante il loro lavoro non fosse stato percepito come politico in senso stretto, neanche la fondazione di una comune in cui mettere in pratica i loro ideali. Al tempo stesso, il fatto di esporre in ambienti diversi, ha privato le opere di uno spazio sociale concreto e spostato il tutto su un livello di spazio artistico ideale. Mancando il contesto di riferimento si è depoliticizzata l’azione. 

Tuttavia, la cessazione della loro pratica artistica è da collegare anche e soprattutto alle divergenze interne allo stesso gruppo. Tre dei quattro rimasti non erano infatti interessati a dedicarsi alla creazione di una comune. Nonostante lo scioglimento, con la sola famiglia di Pogačnik rimasta a Šempas, la comunitá spirituale ed emozionale del gruppo OHO non ha mai cessato di esistere. Nelle parole dello stesso Pogačnik, quest’ultima esperienza ha fatto maturare la conclusione che era giunto il momento per l’arte di trasportare di nuovo l’informazione spirituale e l’energia indispensabili per l’umanitá e che l’artista era “l´iniziatore di questo impulso, il servitore dell´umanitá e del pianeta in quest´epoca critica”. 

Nella loro seppur breve parabola, i membri del gruppo OHO sono stati pionieri sotto molti aspetti. Non interessati a monetizzare le proprie esperienze o a far parte integrante del sistema dell’arte contemporanea, nel momento in cui le singole strade di sperimentatori esistenziali si sono dirette altrove.

Foto: Triglav, 1968. Uso con l’autorizzazione di Milenko Matanovič e per gentile concessione della Moderna galerija, Lubiana

Fonti

“The green bloc: neo-avantgarde art and ecology under socialism”, Maja Fowkes, CEU Press, 2015

“The OHO Group, “Information,” and Global Conceptualism avant la lettre”, Ksenya Gurshtein, saggio online per il MoMa, 2016

“The new art practice in Yugoslavia 1966-1978”, a cura di Marijan Susovski, Gallery of Contemporary Art Zagreb, 1978 (“The Family at Šempas” di Tomaž Brejc, p. 18-19; “OHO as an Artistic Phenomenon 1966-1971” di Tomaž Brejc, p. 13-18; “Art in the Past Decade” di Ješa Denegri, p. 5-12; “Foreword” di Marijan Susovski, p. 3-4)

Chi è Francesca La Vigna

Dopo la laurea in Cooperazione e Sviluppo presso La Sapienza di Roma emigra a Berlino nel 2009. Si occupa per anni di progettazione in ambito culturale e di formazione, e scopre il fascino dell'Europa centro-orientale. Da sempre appassionata di arte, si rimette sui libri e nel 2017 ottiene un master in Management della Cultura dall'Università Viadrina di Francoforte (Oder). Per East Journal scrive di argomenti culturali a tutto tondo.

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