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SLOVACCHIA: Governo sfiduciato, si va verso il voto

Il governo di minoranza conservatore del premier Eduard Heger è stato sfiduciato lo scorso 15 dicembre. cosa succede adesso?

78 deputati su 150 hanno votato contro il gabinetto della coalizione formata dai tre partiti OL’aNO (anti-corruzione), Siamo una Famiglia (destra) e Per il Popolo (centrodestra). La mozione di sfiducia è stata presentata dal partito liberale Libertà e Solidarietà (SaS), membro della stessa coalizione di governo fino all’inizio di settembre quando il leader del partito Richard Sulík ha annunciato la sua uscita dalla coalizione in opposizione all’ex premier Igor Matovič (OľaNO), in quel momento ministro delle Finanze, reo tra le altre cose, di aver aumentato gli aiuti alle famiglie grazie al sostegno in parlamento dell’estrema destra.

La sfiducia dei giorni scorsi è solo l’ultimo episodio di una legislatura tribolata; infatti, Il governo attuale si era insediato nell’aprile del 2021, dopo una crisi che aveva portato alle dimissioni di Igor Matovič, accusato di aver autorizzato l’acquisto di due milioni di dosi del vaccino russo Sputnik V, prima che ne fosse stato autorizzato l’uso dalle istituzioni europee.
La strada indicata dalla Presidente Zuzana Čaputová sembra essere quella che porta a nuove elezioni in primavera. La presidente ha dato tempo ai partiti fino alla fine di gennaio per trovare una nuova maggioranza. In caso contrario, ha dichiarato che il Parlamento dovrebbe consentire nuove elezioni al più tardi nel giugno 2023. La maggior parte degli analisti continua a considerare le elezioni anticipato come lo scenario più scontato viste le difficoltà nel trovare, e soprattutto nel mantenere, una nuova maggioranza.

Cosa dicono i sondaggi

Sullo sfondo di un possibile ritorno al voto vi è il conflitto russo-ucraino. Un elemento da tenere in considerazione è il fatto che, come evidenziato da un report recentemente pubblicato dal think-tank Globsec, la maggior parte dei cittadini slovacchi ha un’opinione negativa sull’accoglienza dei rifugiati in fuga dall’Ucraina, in contrasto con i cittadini degli altri Paesi del gruppo di Visegrad. Inoltre, in Slovacchia solo il 39% degli intervistati vede la Russia come causa del conflitto, mentre addirittura il 46% incolpa l’Ucraina, gli Stati Uniti o la NATO. I sondaggi in Slovacchia misurano quindi una maggiore ambivalenza, rispetto alla maggior parte dei paesi UE, sulle cause e sulle responsabilità della guerra in Ucraina.
Tali echi nella società slovacca non vengono certo ignorati dai partiti, specialmente da quelli d’opposizione. Su tutti, il partito SMER-SD, che ha come leader l’ex premier Robert Fico è quello che più strizza l’occhio ai sentimenti russofili presenti nel paese. Fico non ha mai nascosto la sua posizione fortemente contraria a qualsiasi tipo di supporto all’Ucraina e alle sanzioni in chiave anti Russia. Inoltre, in un dibattitto televisivo ha paragonato le forze NATO in Slovacchia alle truppe naziste. Un ritorno al potere di Fico avrebbe quindi delle conseguenze nefaste per la coesione della NATO e dell’UE. In un sondaggio pubblicato dalla piattaforma Europe Elects, lo SMER-SD è dato al 16%, percentuale che seppur in calo rispetto al 18% ottenuto nel 2020, lo renderebbe uno degli attori chiave nella formazione di un nuovo governo. Nello stesso sondaggio, pubblicato il 21 dicembre, il partito di centro-destra OĽaNO (PPE) dell’attuale premier Heger sembra in forte declino, con un possibile calo dal 25 % delle elezioni di febbraio 2020 al 7,5%. A sostituirlo come primo partito vi sarebbe il partito di centro-sinistra HLAS-SD dell’ex primo ministro Peter Pellegrini, che si aggira attorno al 20% . HLAS-SD, appartenente alla famiglia dei socialdemocratici europei (PES), è nato dalla scissione dallo SMER-SD di Fico. I liberali di SaS, usciti dal governo, vengono dati al 9,5% mentre il partito Progresívne Slovensko (PS), del gruppo ALDE, è stimato all’11%, in crescita negli ultimi mesi.

Risulta difficile fare una previsione politica con una frammentazione così ampia, ciò che è certo è che le eventuali elezioni saranno di vitale importanza per gli equilibri dell’intero continente.

Chi è Federico Dainotti

Nato a Trieste, punto d'incontro tra Est e Ovest, si è laureato in Scienze Internazionali. Ha lavorato a Bruxelles all'Ufficio del Friuli Venezia Giulia e al Comitato Economico e Sociale. Nel corso di un tirocinio presso l'Ambasciata d'Italia in Estonia si è appassionato ai Paesi Baltici che oggi prova a raccontare.

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