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“Il leone e l’usignolo” di Kaya Genç, la lotta tra arte e potere in Turchia

Cosa vuol dire essere un artista in Turchia? E soprattutto, si può essere degli artisti per il semplice piacere di fare dell’arte in un contesto in cui tutto è permeato dalla politica? Sta qui il senso dell’ultimo libro di Kaya Genç, scrittore, giornalista, ma soprattutto uomo di cultura. Si intitola: “Il leone e l’usignolo”, dove il primo simboleggia il potere e il secondo sta per coloro che vogliono esprimersi senza bavagli. Lo traduce dall’inglese Luca Castelletti e lo pubblica la casa editrice Hopefulmonster per la collana “La stanza del mondo”, a cura della storica del Vicino Oriente Paola Caridi.

Storie personali per raccontare la storia generale

Kaya Genç scegliere di indagare il particolare per spiegare il generale: sono le storie personali di questa fetta della popolazione turca di cui lui stesso fa parte ad attirare la sua attenzione: poeti e poetesse, fotografi e fotografe, ballerini e ballerine, registi e registe. Attraverso il vissuto degli “usignoli”, Genç ripercorre gli ultimi dieci anni cruciali del Paese (da qui il sottotitolo: ‘viaggio attraverso la Turchia moderna’) fornendo un ritratto sincero di una società che ha affrontato gli anni più difficili della sua storia dal punto di vista della libertà di espressione. I leoni, i signori del potere, attentano ogni giorno, se non alla vita, quantomeno alla felicità di questi usignoli.

Oltre agli eventi salienti e conosciuti ai più, come le proteste di Gezi park o il tentato colpo di stato del 2016, sono molti gli aneddoti dimenticati o passati quasi inosservati che Kaya Genç riporta alla memoria: Recep Tayyip Erdoğan che definisce i Paesi Bassi un “residuo nazista” oppure ancora il caso Zarrab che incrinò definitivamente i rapporti tra Turchia e Stati Uniti. Ecco, in molti di questi casi, durante o appena dopo questi avvenimenti, Genç si ritrova spesso all’estero per lavoro e nel libro condivide la frustrazione, l’obbligo di fornire una versione più veritiera possibile, quasi a giustificarsi per le cose come accadono, testimone di una storia che continua a svolgersi sempre più imprevedibile e travolgente. È altrettanto interessante notare il punto di vista esterno, l’opinione di chi legge di Turchia senza viverci, spesso forzando un paragone con il proprio Paese. Genç racconta di essere stato una sorta di oracolo per gli americani che lo interpellavano a seguito dell’elezione di Donald Trump, per sapere come fosse vivere sotto un leader autoritario e conservatore.

Un distacco difficile, se non impossibile

“Nè terre nuove troverai, né nuovi mari. Ti verrà dietro la città”: questo verso di Konstantinos Kavafis si trova tra le righe del libro e riassume quanto anche chi sceglie di andar via, che sia per un giorno o per il resto della vita, la Turchia non se la scrolla mai di dosso.

Alla presentazione italiana de “Il leone e l’usignolo”, in occasione del festival di Internazionale a Ferrara 2022, in molti hanno chiesto a Genç se avesse mai pensato di vivere altrove per essere più libero di praticare la sua professione. Genç è consapevole del crescente rischio che corre stando in Turchia. Molti dei suoi colleghi e amici sono dietro le sbarre, ma sostiene anche di essere diventato cieco, sordo, immune al pericolo. I viaggi all’estero spesso nutrono la paranoia perché, agli occhi degli altri, la realtà della repressione è tangibile e a tratti ingigantita. In molte occasioni, alcuni colleghi stranieri hanno supplicato Genç di restare dov’era e non tornare a Istanbul. Ed ecco, è proprio Istanbul, invece, a richiamarlo a sè. Nonostante tutto, lì un’opposizione ferma e nient’affatto minoritaria è riuscita a imporsi eleggendo un sindaco anti-Erdoğaniano come Ekrem İmamoğlu e questo ha riacceso la speranza di un cambiamento, confermando che la società non è silente, che gli usignoli possono ancora cantare.

Alla luce della recentissima condanna del papabile sfidante di Erdoğan alle prossime elezioni politiche e presidenziali si spera che il cinguettio non venga nuovamente strozzato dalle zampate dei leoni, in quello che lo stesso Genç sul suo profilo Twitter ha definito “un altro passo verso la dittatura”.

Chi è Eleonora Masi

Classe 1990, una laurea in Relazioni Internazionali ed esperienze in Norvegia, Germania, ma soprattutto Turchia, di cui si occupa dal 2015. Oltre a coordinare la redazione dell'area del Vicino Oriente per East Journal svolge il ruolo di desk per The Bottom Up mag. Ha ideato e prodotto il podcast "Cose Turche" che racconta gli ultimi 10 anni della Turchia dal punto di vista dei millennial che li hanno vissuti sulla loro pelle.

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