Non solo Qatar: da almeno un decennio l’Azerbaigian usa gli introiti da gas e petrolio per acquistare influenza politica e culturale in Europa…
La notizia dell’arresto dell’eurodeputata socialista greca Eva Kaili ha creato un terremoto a Bruxelles e ha avuto ripercussioni anche in Italia nella scorsa settimana. L’accusa è di aver ricevuto tangenti dal Qatar, per ripulirne l’immagine e depotenziare le accuse di non rispetto dei diritti umani e dei lavoratori.
Ma non è solo il Qatar a “investire” in Europa. Sono tanti i paesi del vicinato che, grazie alle esportazioni di gas e petrolio verso i paesi europei, dispongono di un discreto tesoretto da reinvestire in relazioni culturali, politiche, sportive, che possano garantire la tranquillità degli investimenti, a dispetto di conflitti e mancanza di democrazia e diritti umani. E’ ben noto il caso dell’Arabia Saudita, monarchia assoluta che da vari anni fa riferimento, in Italia, al senatore Matteo Renzi – unico caso di un esponente politico in carico a fatturare oltre un milione di euro a un paese straniero.
Un caso particolare è quello dell’Azerbaigian. La repubblica sul Caspio è oggi – proprio assieme al Qatar – tra le principali fonti di gas e petrolio alternative alla Russia, e per questo vezzeggiato dall’Europa – non senza ombre. L’UE investirà 60 milioni di euro in Azerbagian entro il 2024, secondo quanto affermato da Ursula von der Leyen a luglio a Baku – ma non è dato sapere quanti ne abbia investiti finora invece l’Azerbaigian in Europa.
Tangenti da Malta all’Ungheria
Caso di specie, oltre al gasdotto TAP che veicola il gas azero fino a Grecia e Italia, è l’accordo per la costruzione di una nuova centrale elettrica a Malta, con un accordo monopolistico d’intermediazione sul prezzo del gas che spilla al bilancio maltese milioni di euro l’anno. Le tangenti dietro l’affare potrebbero essere tra le motivazioni dell’omicidio della giornalista Daphne Caruana Galizia nel 2017, come rivelato dal Daphne Project.
E anche in Ungheria, le indagini hanno rivelato bonifici per oltre 9 milioni di dollari nel 2012 subito dopo la visita di Viktor Orbán a Baku a giugno e poco prima che, nonostante le proteste, l’Ungheria estradasse in Azerbaigian il soldato Ramil Safarov, colpevole di aver assassinato a colpi d’ascia un soldato armeno durante un’esercitazione NATO nel 2004 nel paese centroeuropeo. A seguito del caso, l’Armenia aveva sospeso per un decennio le relazioni diplomatiche con Budapest.
La diplomazia del caviale e la lavatrice azera
La penetrazione finanziaria azera non è d’altronde cosa nuova: da oltre un decennio l’Azerbaigian avvicina politici europei per garantirsene il favore – la famosa “diplomazia del caviale” che East Journal segue sin dal 2013, e che ha piagato in particolare il Consiglio d’Europa. L’ex deputato UDC Luca Volonté, membro italiano dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa, a gennaio 2021 è stato condannato in primo grado a 4 anni – primo politico europeo a venir condannato per corruzione internazionale legata al governo dell’Azerbaigian.
Sono finiti sotto inchiesta anche vari deputati tedeschi di centrodestra, così come il belga Alain Destexhe, implicato nello scandalo della “lavatrice azera“: per sette anni, la sua associazione European Academy for Elections Observations aveva pubblicato rapporti falsamente positivi sullo stato delle (in realtà scandalose) elezioni in Azerbaigian.
Le relazioni accademiche e il conflitto in Nagorno Karabakh
Le attività pubbliche del regime azero non si sono fermate a Strasburgo. In tutta Europa, Italia compresa, con il pretesto di favorire le relazioni culturali e accademiche, il governo azero ha tessuto una vasta rete di contatti nel mondo giornalistico e universitario. Anche attraverso questi contatti è stato possibile al regime di Baku mettere la sordina alle critiche per la progressiva autocratizzazione del paese e al militarismo revanscista, fino al definitivo attacco al Nagorno Karabakh dell’estate 2020.
Subito dopo la fine del conflitto, il governo azero ha iniziato a organizzare lussuosi e retribuiti viaggi di gruppo per giornalisti stranieri – una pratica denunciata dal giornalista svedese Rasmus Canbäck, che era stato invitato a parteciparvi. Secondo Canbäck “lo scopo di questi viaggi è diffondere la narrativa azera sul conflitto in Nagorno-Karabakh. Porre domande critiche o decidere chi e dove incontrare è estremamente difficile.”
Dollari azeri per i restauri in Vaticano
Tra i beneficiari dei fondi azeri c’è persino il Vaticano. La Fondazione Heydar Aliyev contribuisce sin dal 2012 ai restauri di opere e dipinti custoditi in Vaticano, e come riporta Inside Over nel marzo 2021 i due governi hanno rinnovato l’accordo per il restauro con fondi azeri delle catacombe di Comodilla, alla Garbatella.
Non è chiara quale sia la portata finanziaria delle donazioni della repubblica del Caspio alla Città del Vaticano, ma le sue conseguenze politiche sono evidenti. Già nel 2016, papa Francesco visitò la Georgia e l’Azerbaigian (inclusa la visita al monumento ai caduti dell’indipendenza) ma non l’Armenia – mentre il presidente Ilham Aliyev e signora si recarono in visita in Vaticano nel febbraio 2020.
E dopo la riconquista del Nagorno Karabakh nell’estate 2021, la delegazione azera “ha incoraggiato gli esperti del Vaticano a partecipare da vicino al restauro del patrimonio storico e culturale nei territori liberati dell’Azerbaigian”, come riporta Azernews. Chissà se il Papa stesso visiterà, al prossimo viaggio, quella Shushi/Shusha oggi dichiarata dal regime azero “capitale culturale del mondo turco per il 2023″.
Foto: Lloyd Alozie, Unsplash