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UNGHERIA: Orbán conferma il no all’embargo di petrolio russo e provoca la Croazia

In Ungheria, Orbán prosegue sulla linea dura: ancora un no all’embargo del petrolio russo. Poi provoca la Croazia sulla città di Fiume.

Nonostante lo sforzo diplomatico dell’Unione Europea, Viktor Orbán, forte della sua recente vittoria elettorale, non sembra disposto a cedere sull’embargo del petrolio russo. La misura è parte del sesto pacchetto di sanzioni UE annunciato da Ursula von der Leyen che richiede l’unanimità dei ventisette. Da subito Bulgaria, Slovacchia ed Ungheria hanno mostrato reticenze: le economie dei tre paesi non sono pronte a staccarsi dai rifornimenti russi.

Lo sforzo diplomatico dell’UE

Ursula von der Leyen si è quindi recata a Budapest lo scorso 9 maggio: nonostante la presidente della Commissione UE abbia annunciato progressi nella negoziazione, non è stato possibile raggiungere un accordo, come ha poi confermato il ministro degli Affari esteri ungherese Péter Szijjártó. Quella che sembrava essere una via d’uscita viene smentita dal ministro: a Bruxelles si vociferava di un’eventuale esenzione per alcuni paesi fino al 2023 incluso, mentre alcune versioni più recenti allungavano il periodo al 2024. Ma Szijjártó ha dichiarato che anche se questa scadenza fosse prolungata, l’Ungheria respingerebbe la misura. Le ragioni di tale posizione vengono ripetute regolarmente da tutti i ministri: il popolo ungherese non pagherà i costi di una guerra in cui non ha colpe.
Il ministro della Giustizia Judit Varga, aprendo un tweet con “L’inverno sta arrivando”, ha elencato i costi onerosi che la decisione avrebbe per Germania e Europa: Berlino vedrebbe il suo tasso di crescita tagliato dal +3% al -2% nel 2022, i prezzi del gas naturale raddoppierebbero e le riserve tedesche sarebbero vuote già a inizio inverno.
Il giorno dopo è il turno di Emmanuel Macron, nelle veci di Presidente del Consiglio dell’Unione Europea. Il presidente francese ha discusso al telefono con Orbán sul pacchetto di sanzioni. Il ministro degli Affari europei del governo Macron, Clement Beaune, si è mostrato più ottimista: un accordo potrebbe essere trovato entro la fine della settimana.
La soluzione potrebbe infatti venire dalla nuova strategia energetica UE, denominata REPowerEU, che ha l’obiettivo di rendere i ventisette indipendenti dai rifornimenti russi entro il 2030: alcuni funzionari UE riportano che l’Ungheria riceverebbe fondi sostanziosi per controbilanciare gli effetti negativi dell’embargo.

Imbarazzo a Zagabria

Intervistato da Kossuth Radio sul pacchetto di sanzioni, Orbán ha poi provocato un incidente diplomatico con la Croazia. Zagabria ha infatti convocato l’ambasciatore ungherese nella capitale, Csaba Demcsák, per chiedere delucidazioni sulle dichiarazioni di Orbán. Il primo ministro ha detto che la Commissione Europea non starebbe prendendo in considerazione il fatto che alcuni paesi UE non abbiano sbocchi sul mare, e dunque la possibilità di differenziare i propri approvvigionamenti energetici. Ha poi ricordato che l’Ungheria ne avrebbe, se questi non gli fossero stati portati via. Il riferimento, ovviamente, è al Trattato di Trianon del 1918 con cui l’Ungheria, uscita perdente dalla Prima guerra mondiale, ha perso due terzi del suo territorio: Fiume fu assegnata all’Italia (oggi la città è croata). Il ministro degli Affari esteri croato ha condannato la dichiarazione, sostenendo che tali affermazioni non fanno altro che rovinare le relazioni amicali tra i due paesi. Budapest ha poi cercato di minimizzare.

Al momento è difficile immaginare uno scontro frontale tra UE e Orbán: il premier ungherese sa di aver perso il sostegno incondizionato di Visegrad (Polonia, Repubblica Ceca e Slovacchia) e dovrebbe perciò fare ostruzionismo da solo. Più astutamente, Orbán potrebbe associare questa negoziazione, che apparentemente coinvolgerà fondi UE, con la battaglia sui soldi di NextGenerationEU: ad aprile, la Commissione ha fatto appello alla clausola di condizionalità sull’erogazione dei fondi legati alla ripresa post-Covid per violazione dello Stato di diritto in Ungheria. La palla passerebbe così nel campo UE, che si troverebbe allora a prendere una decisione che in ogni caso sarà favorevole a Budapest.

Foto: © European Union 2015 – European Parliament, Flickr

Chi è Gianmarco Bucci

Nato nel 1997 a Pescara, vive a Firenze. Si è laureato in Relazioni Internazionali all'Università di Bologna con una tesi sul movimento socialdemocratico in Cecoslovacchia, Ungheria e Romania. Al momento è ricercatore alla Scuola Normale Superiore di Pisa. Scrive su East Journal dal dicembre 2021, dove si occupa di Europa centrale e Balcani.

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