cupa recita Cremlino

Putin e la folla osannante, la cupa recita del Cremlino

Mentre l’avanzata delle forze russe in Ucraina rallenta sino quasi ad arrestarsi, e subisce a tratti il contrattacco ucraino, si è consumata in due diverse apparizioni, televisiva prima e in presenza allo stadio Luzhniki poi, la cupa recita dell’autocrate del Cremlino. Le peggiori attese, le più lugubri aspettative, che già erano legittime dopo la furia appena controllata della dichiarazione di entrata in guerra, sono state confermate dal sordo rancore e dalla violenza delle minacce, a quanti non rispondano all’idea di Russia portata avanti dal Vozhd.

Un ritorno al passato

Qualunque suggestione occidentale, qualunque apertura o desiderio verso un mondo libero considerato ostile e quasi peccaminoso, sono totalmente rigettate e minacciate di soppressione. In futuro dovrà esistere, e probabilmente a causa delle sanzioni occidentali non ci sarà comunque altra possibilità, solo una sorda oppressione veterosovietica, una dittatura stalinista che consenta solo il peggio di quanto era stato abbandonato con fatica al termine dell’esperienza sovietica: una chiusura assoluta verso il mondo esterno, la riproduzione di una dittatura ancor più asfissiante perché cementata dalla tecnologia, e il trionfo di tutto quanto era insopportabile negli anni in cui il Capo si era formato, e che tanto rimpiange; un luogo in cui il potere giudiziario è controllato completamente dal potere politico, come è già tuttora, senza alcuna possibilità di giustizia al di fuori dell’autorità o della corruzione, un orizzonte di valori puramente locale, con una chiesa oscurantista che continui ad essere braccio religioso dei servizi di sicurezza, una produzione autarchica che offra i medesimi sollievi gastronomici di un lontano passato, a base di bisunti cheburieki, cetriolini, vodka e insalata Olivier sino alla fine dei secoli, la delazione quotidiana delle dejurnaie, il servilismo onnipresente, un militarismo rafforzato che già ora vede una hitlerjugend per bambini che sentano il precoce richiamo delle armi, i valori maschilisti di una tradizione che si presume sana, un materialismo autarchico che sfugga al materialismo occidentale già introiettato dalle giovani generazioni tramite la rete. Un paradiso per pensionati, che avrebbero la conferma di quanto la pessima vita che avevano vissuto avesse un intrinseco valore morale, un tratto di giustizia profondamente russo e nazionale.

La volgarità del potere

Più difficile da spiegare a una gioventù che passava intere giornate su Instagram, alla continua ricerca dei corrotti valori occidentali, già resi nazionali con l’eccesso spropositato di volgarità esteriore, e continua ricerca del lusso più pacchiano, a conferma evidente del vero successo, ormai apertamente materiale e totalmente superficiale. Gli stessi valori perseguiti dagli oligarchi, che meno vistosamente ma più efficacemente, hanno proiettato per il mondo, con lo spreco visibile delle proprie ricchezze, l’immagine volgare del russo intento a comprare tutto ciò che lo circondasse, dalle persone ai beni più fatui ed esteriori. Peccato che questo delirio sia perseguito attraverso lo scempio del “paese fratello”, di quell’Ucraina ora colpita duramente e ciecamente dai missili a lunga gittata, unica cosa che veramente funzioni, di un esercito sfilacciato che ha già perduto energia, un alto numero di mezzi corazzati ed aerei, e un altissimo numero di soldati, per lo più giovani reclute inesperte, ma anche un buon numero di generali ed alti ufficiali.

Resistere agli sciacalli

L’indomabile resistenza ucraina, che difende le proprie case e il proprio futuro da questo sciame di sciacalli che uccide senza distinzioni e devasta un paese per puro istinto di vendetta, rallenta e vieta il trionfo atteso dal Capo per poter rimandare indietro le lancette della storia, e rimettere al potere il fantoccio Yanukovich, già convocato a Minsk nei primi giorni del fallito blitzkrieg, rende ancora più furioso il basso condottiero, e lo porta a minacciare attacchi nucleari a chi tenterà di opporsi ai suoi disegni.

Peccato che ora la tecnologia permetta di seguire in diretta le sue imprese, e non consenta più bagni di sangue assoluti come quello in Cecenia, che aveva visto la distruzione della capitale Grozny e un semi-genocidio della popolazione, nel silenzio-consenso dell’Occidente, che includeva grossolanamente i ceceni nel pericolo musulmano. Ora i ceceni vengono usati come tagliagole nel terribile assedio di Mariupol, prossima città martire, pur se totalmente di lingua e cultura russa, e quindi da difendere, secondo le misere e ripugnanti menzogne usate per giustificare l’invasione. Già ora, e ancor più violentemente che in passato, il comportamento materiale della Russia sta scavando e fondando un rancore irredimibile negli ucraini aggrediti, un rigetto che sfiderà il tempo, pari a quello dei paesi baltici, della Polonia, che ne hanno conosciuto molto bene i metodi: ancor più grave però, perché instillato in un paese fratello, un paese che ne condivideva molti valori, così come una comune storia sovietica.

Una catastrofe storica

L’entità della catastrofe storica avviata dalla cerchia ristretta del potere russo, da quei volti accomunati dal rancore e dalla volontà di rivincita, non è ancora completamente misurabile, ed offre sviluppi potenzialmente devastanti. L’incapacità di affrontare una sconfitta, che già si palesa sul campo nel franare dei progetti iniziali, può scatenare nel Capo un delirio distruttivo che è già comunque avviato: la sua ferocia nel voler fagocitare di nuovo l’Ucraina come propria preda e proprietà non sarà mai placata, e se si interromperà temporaneamente sarà per preparare nuove conquiste territoriali, per poter sbranare nuovi territori dal corpo della propria vittima. La lotta sarà mortale. La menzogna e l’inganno saranno portate ad un livello ancora più estremo. Come l’uomo del bunker di Berlino, il nonno nel bunker, come viene chiamato già dai giovani dai tempi della pandemia, può ormai solo distruggere o essere distrutto.

foto di Markus Spiske, Unsplash

Chi è Giovanni Catelli

Giovanni Catelli, cremonese, è scrittore e poeta, esperto di cultura e geopolitica dell’Europa orientale. Suoi racconti sono apparsi in numerose testate e riviste, tra cui il Corriere della Sera, la Nouvelle Revue Française, Nazione Indiana, L’Indice dei Libri. Ha pubblicato In fondo alla notte, Partenze, Geografie, Lontananze, Treni, Diorama dell'Est, Camus deve morire, Il vizio del vuoto, Parigi e un padre (candidato al Premio Strega 2021). Geografie e Camus deve morire (con prefazione di Paul Auster) sono stati tradotti in varie lingue. Collabora con Panorama e dirige Café Golem, la pagina di cultura di East Journal. Da più di vent'anni segue gli eventi letterari, storici e politici dell'Europa orientale, e viaggia come corrispondente nei paesi dell'antico blocco sovietico.

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