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Guerra all’Ucraina, le reazioni in Europa orientale

Le reazioni in Europa dell’Est non tardano ad arrivare dopo l’invasione della Russia in Ucraina: il sostegno è incondizionato.

Le cancellerie dell’Est sono in subbuglio. Le reazioni dell’Europa centro-orientale all’invasione russa dell’Ucraina sono ferme e dure, salvo qualche tentennamento iniziale a Budapest. Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Bulgaria, Romania e baltici hanno chiesto l’attivazione dell’articolo 4 del trattato di Washington, il quale prevede l’avvio di consultazioni NATO a seguito di minacce per l’integrità territoriale di uno o più membri.

“Zuzana, ci stanno bombardando”
La Slovacchia tende subito la mano alla nazione vicina: il ministro degli Interni ha ricordato che tutti i cittadini ucraini possono valicare i confini con la Slovacchia – e dunque con l’UE – per un periodo di 90 giorni se provvisti di un passaporto. In caso di assenza di documenti validi, si procederà ad una valutazione individuale. Il paese si dice pronto ad offrire asilo temporaneo a chi lo chiederà. Il premier Eduard Heger (OL’aNO) invita il popolo slovacco ad essere compassionevole e a non cadere nella trappola delle fake news, sostenuto vigorosamente dalla presidente della Repubblica, Zuzana Čaputová. 
In Repubblica Ceca le reazioni sono altrettanto ferme: il presidente della Repubblica Miloš Zeman, da sempre filo-russo, sprona l’UE ad inasprire fortemente le sanzioni contro la Russia. Il paese si è impegnato a fornire 14 milioni di dollari in aiuti umanitari. Due consolati russi in territorio ceco sono stati chiusi, mentre gli ambasciatori cechi a Mosca e Minsk sono stati richiamati in patria.

“Questi sì che sono migranti di guerra”
La reazione polacca era prevedibile: tutto lo scacchiere politico condanna fermamente l’invasione. Il premier Mateusz Morawiecki ha dichiarato che l’Europa – come tutto il “mondo libero” – deve fermare a tutti i costi Putin. Il ministro della salute sta preparando un treno merci che trasporterà materiale medico in Ucraina; gli ospedali polacchi sono pronti a ricevere centinaia di feriti. Donald Tusk – ex-primo ministro polacco ed ex-Presidente del Consiglio europeo – si è scagliato duramente contro il lassismo di Germania, Italia ed Ungheria di fronte alle sanzioni da adottare contro la Russia.
Il viceministro degli Interni polacco afferma che la Polonia è pronta ad accogliere fino ad un milione di rifugiati ucraini. D’altronde, diversi analisti notano che, in assenza di restrizioni e considerato che gli ucraini non hanno bisogno di un visto per entrare nel paese, le scene drammatiche di accumulamento ai confini non si ripeteranno, e dunque l’accoglienza non sarà accompagnata dall’angoscia mediatica che ha caratterizzato, ad esempio, la recente crisi migratoria al confine bielorusso.

Budapest la timida
Se l’opposizione si è schierata prontamente contro la Russia (dai socialdemocratici all’estrema destra di Jobbik), il governo di Viktor Orbán condanna inizialmente a bassa voce l’azione russa e si trincea in un nazionalismo vuoto e fine a se stesso. Sono poco chiare le ragioni per cui il leader ungherese sta invadendo i media con esclamazioni fuori contesto, come “la sicurezza dell’Ungheria è la più importante”. Gli unici appelli di solidarietà sono destinati al popolo ungherese in Ucraina e Orbán dichiara che, sfortunatamente, l’afflusso di ucraini in Ungheria aumenterà. Ore dopo Orbán sembra riallinearsi sulle posizioni dei colleghi di Visegrád: la condanna si fa più chiara e il paese si dice disposto ad accogliere i rifugiati. Il governo rigetta la proposta del centro-sinistra di ridurre la dipendenza dal gas russo, temendo una “geopardizzazione” delle forniture energetiche nel paese; insieme a Germania e Italia, l’Ungheria ha dubbi sull’esclusione della Russia dal sistema di pagamenti internazionali SWIFT. Altri leader “alla Orbán”, come lo sloveno Janez Janša, si sono espressi senza fraintendimenti a favore di Kiev.

Nei Baltici
I paesi baltici, con duecento anni di occupazione russa alle spalle, si sentono direttamente coinvolti dalla minaccia. La Lituania ha dichiarato lo stato di emergenza, mentre la Lettonia ha bloccato le licenze di trasmissione di numerosi canali russi, responsabili secondo il governo di diffondere fake news. L’Estonia si mostra più sicura di sé: la forte reazione del paese è dovuta, secondo l’ex-Presidente Kersti Kaljulaid, ad una questione morale più che ad una reale minaccia.

Il fronte meridionale
La Moldavia, come la Lettonia, adotta lo stato d’emergenza – complice la delicata questione della Transinistria. Il paese si dice pronto a gestire decine di migliaia di rifugiati: già 4000 cittadini ucraini hanno attraversato il confine. Sulla stessa linea la Romania, storicamente anti-russa, il cui ministro della Difesa sta preparando il paese all’afflusso di circa 500.000 rifugiati, considerata la linea di frontiera tra Romania e Ucraina lunga 600 km. Già pronto ad accogliere in precedenza militari della NATO, il paese si dichiara disponibile a divenire uno dei fronti più duri di difesa: il presidente Klaus Johannis sta portando avanti colloqui con Macron circa l’arrivo di un contingente NATO sotto guida francese. La Bulgaria, di norma filo-russa, si sta impegnando per rimpatriare 4000 bulgari in Ucraina e accogliere rifugiati ucraini, i quali saranno momentaneamente alloggiati in strutture turistiche.

Foto: Flickr, Ministry of Foreign Affairs of the Republic of Poland

Chi è Gianmarco Bucci

Nato nel 1997 a Pescara, vive a Firenze. Si è laureato in Relazioni Internazionali all'Università di Bologna con una tesi sul movimento socialdemocratico in Cecoslovacchia, Ungheria e Romania. Al momento è ricercatore alla Scuola Normale Superiore di Pisa. Scrive su East Journal dal dicembre 2021, dove si occupa di Europa centrale e Balcani.

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