Giustizia

SERBIA: Verso il referendum sulla giustizia. Riforma europea e test politico

“Sei favorevole alla conferma dell’atto di modifica della Costituzione della Repubblica di Serbia?” Sarà questo il quesito che sei milioni e mezzo di cittadini serbi troveranno sulla scheda elettorale domenica quando si recheranno alle urne. Dovranno votare per un referendum sui nuovi emendamenti costituzionali il cui obiettivo è assicurare l’indipendenza della magistratura dal potere politico.

Una riforma attesa

Il referendum è stato sostenuto dalla coalizione di governo legata al presidente della Repubblica Aleksandar Vučić che ha prima proposto e poi approvato a giugno le nuove norme, ma il voto guarda anche a Bruxelles. Quella della giustizia è una delle riforme chiave per lo Stato di diritto richieste dall’Unione europea alla Serbia per avanzare i negoziati di adesione.

“È nell’interesse del popolo serbo confermare questa decisione che sarà un grande passo avanti sulla strada della Serbia verso l’UE“, ha affermato Ivica Dačić, presidente del parlamento e leader dei socialisti, partner di governo del Partito Progressista Serbo (SNS) di Vučić.

La campagna per il No è spinta da molti partiti extraparlamentari di opposizione, dai socialdemocratici ai sovranisti, con qualcuno, come il Partito Democratico di Serbia e il Partito della libertà e della giustizia, che chiede di boicottare il voto.

Le novità per la giustizia

Le modifiche prevedono una minore influenza del parlamento sull’elezione del presidente della Corte suprema di cassazione e di presidenti di tribunale, pubblici ministeri, giudici e sostituti pubblici ministeri come, in teoria, prevede l’ordinamento dei paesi UE.

L’assemblea nazionale eleggerebbe solo quattro membri del Consiglio superiore della magistratura (CSM), del Consiglio superiore della procura (CSP) e dell’ufficio del procuratore capo. Il CSM serbo diverrebbe a capo della nomina dei giudici, mentre il Consiglio superiore della procura dei pubblici ministeri.

Le modifiche costituzionali prevedono che il CSM serbo diventi un organismo indipendente e che garantisca l’indipendenza di giudici e tribunali. Il CSM sarà composto da sei membri eletti dai giudici, da quattro avvocati con almeno dieci anni di esperienza eletti dal parlamento, e dal presidente della Corte suprema.

Degli undici membri del Consiglio superiore della procura, cinque saranno eletti dai capi dei pubblici ministeri, quattro dal parlamento su proposta della commissione per la magistratura e approvati all’aula con una maggioranza di due terzi, mentre il procuratore supremo e il ministro della Giustizia saranno membri d’ufficio.

Verrà inoltre abolito il mandato triennale di prova dei magistrati. Gli emendamenti includono anche il “divieto delle attività politiche dei giudici” e che la Suprema Corte di Cassazione torni a essere chiamata Corte suprema.

L’accoglienza 

La Commissione di Venezia, organo consultivo del Consiglio d’Europa sulle questioni giuridiche e costituzionali, a novembre ha dato parere globalmente positivo sulla riforma, sottolineando però che è necessario ridurre i rischi che i due Consigli superiori di giudici e procuratori possano essere influenzati dalla politica.

La Commissione di Venezia aveva proposto inoltre un meccanismo anti stallo per cui gli avvocati di spicco sarebbero stati scelti dal presidente della Corte costituzionale, dal presidente della Corte suprema, dal procuratore generale e dal difensore civico se il parlamento non fosse riuscito a farlo con una maggioranza di due terzi. Un altro suggerimento non recepito dal parlamento era quello di rmuovere i membri d’ufficio dei due Consigli, per limitare ancora di più la politicizzazione.

Sugli effetti del referendum, analisti come quelli dell’IFIMES di Lubiana ritengono che il voto di domenica possa rappresentare un punto di svolta nella riforma e nello sviluppo del sistema giudiziario, oltre a contribuire allo sviluppo di un sistema giudiziario moderno.

Le polemiche

Intorno al referendum non sono però mancate le polemiche, prima di tutto perché il voto si terrà con una nuova legge che ha abolito il quorum del 50% per la validità della consultazione. Gruppi ambientalisti aveano affermato che tale modifica potrebbe essere utilizzata dal governo per assicurare il via libera alle compagnie minerarie straniere nel Paese.

Le tensioni piú accese vengono però, dal Kosovo. I cittadini serbi che vivono nell’ex provincia non potranno votare in regolari seggi elettorali, ma o via posta o nell’ufficio di collegamento serbo nella capitale kosovara Pristina. Due modalità definite ‘inaccettabili’ da Belgrado, dato che equiparerebbero di fatto il voto dei serbi del Kosovo a quello dei serbi all’estero, un elemento dal valore simbolico non indifferente. La questione è arrivata anche a Bruxelles ma nel braccio di ferro con Vučić il premier kosovaro Albin Kurti non ha aperto a concessioni.

L’affluenza e il risultato finale misureranno inoltre la popolarità del governo e la voglia del paese di fare un passo avanti verso l’Europa. Un test importante anche in vista degli appuntamenti elettorali che aspettano il Paese nel 2022, con il rinnovo del parlamento e della presidenza che diranno molto sullo status del potere di Vučić sulla società serba.

Foto: Pixabay

Chi è Tommaso Meo

Giornalista freelance, si occupa soprattutto di Balcani, migranti e ambiente. Ha scritto per il manifesto, The Submarine e La Via Libera, tra gli altri. Collabora con East Journal dal 2019.

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