A una donna è stato negato l’aborto malgrado una grave malformazione del feto e nonostante due consulti psichiatrici mettessero in guardia dal proseguire la gravidanza…
La notizia è del 7 dicembre scorso. L’ospedale di Białystok, nel nord est della Polonia, ha negato la pratica di aborto ad una donna di 26 anni, nonostante due consulti psichiatrici fossero giunti alla diagnosi di un disturbo psicotico dato dall’impossibilità di terminare la gravidanza. Nemmeno la condizione irreversibile in cui versava il feto – affetto da acrania, una malattia che impedisce lo sviluppo delle ossa piatte della parte superiore del capo – ha fatto sì che la donna potesse accedere alle pratiche di aborto.
La scelta dei medici, per stessa ammissione del direttore della clinica ospedaliera, Jan Kochanowicz, si basa sul fatto che molti di essi siano “non solo spaventati di perdere il diritto all’esercizio della professione medica, ma anche da eventuali responsabilità penali date dall’interpretazione soggettiva di procuratori ed esperti”.
L’ospedale ha provato a difendersi citando la sentenza del 22 ottobre 2020, emessa dal Tribunale Costituzionale polacco. La sentenza, infatti, riduce ulteriormente le modalità per cui le cittadine possono accedere all’interruzione di gravidanza, negandola anche di fronte a seri e irreversibili difetti di nascita, in quello che è, de facto, un divieto di aborto.
Esiste tuttavia una possibilità per cui i medici possono praticare l’aborto, cioè quando viene messa a rischio la salute della partoriente, come nel caso della giovane donna: proprio su questa base, la ONG Federa, attiva nella salvaguardia della salute sessuale femminile, ha denunciato la clinica. Questa volta l’ospedale ha citato un parere di Ordo Iuris, un’organizzazione legale ultraconservativa indipendente polacca, che ribadisce come “la depressione – e quindi lo stato di disturbo psicologico della donna – non rappresenta un problema per la sua salute”: la donna, quindi, avrebbe dovuto aspettare che il feto morisse naturalmente.
La notizia si inserisce nel quadro ben più ampio delle scelte politiche che fanno capo al PiS, il partito conservatore di maggior influenza in Polonia. La sentenza stessa è arrivata a seguito di un esposto di alcuni parlamentari che chiedeva, appunto, se l’interruzione della gravidanza in caso di malattia grave non contravvenisse ai prinicipi costituzionali di dignità umana, diritto alla vita, proibizione della discriminazione e la legge democratica. La risposta del Tribunale è stata positiva: “Il tribunale ritiene che la vita umana abbia valore ad ogni stadio del suo sviluppo, e debba essere protetta” ha detto il portavoce della corte Justyn Piskorski, nell’annunciare la sentenza.
Le scelte operate dal mondo della politica avevano già infiammato la società civile, soprattutto a seguito della morte di una donna di 30 anni per shock settico, in autunno, per un rifiuto da parte dei medici ad intervenire asportando il feto. Sebbene la donna di Białystok sia riuscita ad ottenere l’accesso alle pratiche in un altro ospedale e le proteste si siano notevolmente affievolite in inverno, la sentenza costringe ancora moltissime donne polacche a ricercare questi tipi di trattamenti all’estero.
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