RUSSIA: Improbabili spie, il caso Ivan Safronov

Sebbene ormai nessuno si stupisca particolarmente dell’arresto di un giornalista in Russia, il caso di Ivan Safronov è abbastanza eccezionale. Ivan Safronov non scriveva infatti per una delle testate d’opposizione (ora più note come agenti stranieri) ma si occupava di questioni militari per due giornali piuttosto importanti, Kommersant e Vedomosti, che negli ultimi anni hanno visto la loro autonomia ridotta a causa di cambi di proprietà. Una delle vittime è stata proprio Ivan Safronov, licenziato da Kommersant nel maggio 2019 per aver rifiutato di svelare l’identità di una fonte.

In seguito al licenziamento, Safronov si è spostato a Vedomosti, continuando a scrivere di fatti militari come aveva fatto suo padre fino alla morte sospetta nel 2007. Nel maggio 2020, dopo essersi allontanato da Vedomosti in seguito a un controverso cambio di vertice e la nomina di un nuovo direttore, è stato nominato consigliere dell’amministratore delegato della Roscosmos (la Nasa russa) Dmitrij Rogozin. Nemmeno due mesi dopo, il 7 luglio 2020, è stato arrestato da agenti dell’FSB (Servizio Federale di Sicurezza) e portato a Lefortovo, il carcere di massima sicurezza più inaccessibile della Russia, con l’accusa di tradimento. Se solitamente, come nel caso di Navalny, la vicenda “si conclude” con l’arrivo in prigione, per Safronov la situazione è differente. 

Accuse traballanti 

L’accusa rivolta a Ivan Safronov, come già detto, è quella di alto tradimento, contemplata all’articolo 275 del codice penale russo. Tuttavia, dato che l’accusa è quella di aver rivelato segreti di stato, il materiale relativo al caso è classificato e quindi inaccessibile a Safronov e ai suoi avvocati. Stando alle dichiarazioni delle autorità, tra cui quelle di Putin stesso, il crimine sarebbe stato compiuto durante l’incarico presso Roscosmos, dove però Safronov ha lavorato per un mese e mezzo. Inoltre, lo stesso amministratore di Roscosmos ha affermato che il giornalista non aveva accesso a informazioni riservate e ha dichiarato di credere fermamente nell’innocenza del suo consigliere (carica che formalmente Safronov detiene tuttora)

Leggendo i documenti pubblicati dalla pagina Telegram “Libertà a Safronov” pare tuttavia che il crimine sia stato commesso nel 2017, ben tre anni prima dell’incarico in Roscosmos. Le carte dell’FSB parlano di un contatto stabilito nel 2012 da Safronov con un esponente dei servizi segreti della Repubblica Ceca, il quale avrebbe poi trasmesso tutti i materiali ai servizi segreti americani. Le informazioni trasmesse riguarderebbero la collaborazione tra le forze armate russe e quelle di alcuni paesi africani, oltre a informazioni riguardanti le truppe russe in  Medio Oriente. 

Stando alle ricostruzioni degli inquirenti, l’agente segreto della Repubblica Ceca sarebbe Martin Lariš che, in occasione della sua permanenza a Mosca come inviato del giornale ceco Lidové Noviny, avrebbe stretto amicizia con Safronov. Rimane ancora da chiarire come mai lo stesso Lariš, un presunto agente segreto, appaia in una foto dell’account Instagram del giornalista russo. 

In attesa del processo

Safronov si trova in custodia cautelare da quasi un anno e mezzo (il Codice di Procedura Penale prevede un massimo di 18 mesi per le indagini preliminari) e, nonostante il processo non sia ancora iniziato, le sue condizioni di permanenza in carcere fanno sembrare invidiabile il 41-bis. Sin dai primi giorni di detenzione al giornalista non è stato concesso di incontrare i propri parenti e nemmeno comunicare telefonicamente. La motivazione data dalle autorità, e in particolare dal procuratore che si occupa del suo caso Aleksandr Čaban, è la presenza di un rischio concreto di diffusione di segreti di stato di cui, secondo l’accusa, Safronov sarebbe in possesso. 

La spiegazione data dalle autorità, già in contrasto con l’articolo 18 della legge federale “Sulla detenzione cautelare […]” e con il Codice di Procedura Penale, appare ancora più pretestuosa alla luce della decisione presa poche settimane fa di vietare l’invio e la ricezione di lettere, garantita dall’articolo 20 della legge precedentemente citata. Così come per le visite, anche il diritto alla corrispondenza può essere esercitato dall’accusato in maniera illimitata, con l’unica differenza che le lettere passano anche attraverso la censura del penitenziario e quindi rendono impossibile la trasmissione di informazioni sensibili. Quest’ultima decisione discredita quindi le autorità, mostrando che il vero scopo è quello di esercitare pressione sull’accusato. A conferma di questa tesi si aggiunge la testimonianza dello stesso Safronov, stando alla quale il procuratore gli avrebbe garantito una chiamata con la madre in caso di maggiore collaborazione. 

Il 31 ottobre l’agenzia stampa Interfax ha riportato la notizia, ricevuta da una fonte anonima, della fine delle indagini preliminari. Ciò significa che gli avvocati di Safronov avranno ora accesso ai documenti raccolti dall’FSB nel corso dei mesi precedenti e che a breve inizierà il processo a carico del giornalista.

Lettere dal carcere

Da buon giornalista, Safronov non ha cessato di comunicare nemmeno dal carcere, riuscendo a rilasciare un’intervista a Kommersant, inviando una lettera alla Novaja Gazeta e scrivendo un articolo per Vedomosti. Quest’ultimo ha una storia particolare in quanto, pubblicato sul sito della testata, risulta oggi inaccessibile. Alla richiesta di spiegazioni da parte del giornale online Meduza, i responsabili di Vedomosti hanno risposto che si era trattato di un attacco DDoS e che tutto sarebbe stato risolto presto. Tuttavia, dalla segnalazione di Meduza a metà luglio 2021 non è cambiato nulla e il link porta a una pagina 404. 

Questo ha spinto gli avvocati di Safronov a pubblicare l’articolo su una pagina Telegram a cui tutti possono accedere facilmente. Il contenuto di questo breve scritto è abbastanza inquietante e ricorda le descrizioni degli interrogatori realizzate da Aleksandr Solženicyn in Arcipelago Gulag: pressioni, ricatti, promesse di riduzioni di pena, fabbricazione di accuse. L’aria che si respira durante la breve lettura è decisamente sovietica, staliniana, con la differenza che l’articolo 58 è ora diventato 275. 

Come se non bastasse, la pubblicazione della lettera su Vedomosti ha portato a un peggioramento delle condizioni di detenzione del giornalista che è stato trasferito in una stanza più vicina al carcere dove si trovano i detenuti condannati ed è sottoposto a perquisizioni più frequenti. Per far sì che il suo caso non venga dimenticato, il giornale online Meduza ha invitato i suoi lettori a inviare delle lettere di supporto, mentre The Bell ha raccolto in una pagina i link ad alcuni dei suoi migliori articoli.

Immagine: Wikipedia

Chi è Luca Zucchetti

Studente triennale di Lingue e Letterature all'Università Cattolica di Milano e appassionato di Russia. Si interessa alle dinamiche socio-politiche interne alla Federazione Russa, alle violazioni dei diritti umani e civili e più in generale alle vicende geo-politiche dell'ex blocco sovietico.

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