Nelle ultime settimane si è registrato un aumento delle tensioni tra Azerbaigian e Iran. In particolar modo, tre questioni hanno infiammato i rapporti tra i due paesi. La prima è stata un’esercitazione militare congiunta che le truppe azere hanno condotto insieme a Turchia e Pakistan a circa 500 chilometri dal confine iraniano; la seconda è da collegarsi a delle restrizioni applicate da Baku all’accesso di alcuni camionisti iraniani in Armenia, nonché all’arresto di due conducenti; infine, la terza è dovuta ai crescenti legami dell’Azerbaigian con Israele.
Relazioni sempre più in crisi
Il 12 settembre, le truppe azere, turche e pakistane hanno condotto un’esercitazione congiunta nella capitale azera Baku. Questo evento ha suscitato l’immediata reazione delle autorità iraniane. Un rappresentante della guida suprema dell’Iran Ali Khamenei nella provincia nord-occidentale di Ardabîl, l’Imam Seyyed Hasan Ameli, ha contestato l’esercitazione, dichiarando che l’Azerbaigian non dovrebbe “giocare con la coda del leone”. Un’espressione equivalente a “scherzare con il fuoco” che viene spesso usata dagli alti politici iraniani nei confronti di Stati Uniti e Israele.
Sempre il 12 settembre, la polizia azera ha iniziato a fermare i camion iraniani che transitavano sulla strada che collega le due città principali dell’Armenia meridionale: Goris e Kapan. Siccome questa infrastruttura attraversa anche diverse fette di territorio che sono al momento sotto controllo delle forze azere, ai camionisti provenienti dall’Iran è stato imposto il pagamento di una tassa per poter entrare in Azerbaigian. Tre giorni dopo, la polizia azera ha arrestato due camionisti iraniani lungo la stessa strada.
D’altro canto, Teheran non è di certo rimasta a guardare. L’1 di ottobre, un’esercitazione del corpo delle guardie rivoluzionarie islamiche ha avuto luogo nei pressi del confine tra i due stati, con fanteria, artiglieria missilistica e unità corazzate mobilitate da diverse province iraniane in meno di 48 ore. Un fatto insolito, che già prima del suo svolgimento aveva allarmato Baku. Il 27 settembre, in un’intervista ad Anadolu Ajansı (agenzia di stampa di proprietà del governo turco), il presidente azero Ilham Aliyev aveva dichiarato che “ogni paese può svolgere qualsiasi esercitazione militare sul proprio territorio. È un loro diritto sovrano. Ma perché ora, e perché al nostro confine?”
Il crescente ruolo di Israele nella regione
Vi è infine la questione dei rapporti tra Azerbaigian e Israele, arcinemico per eccellenza dell’Iran. Il 30 settembre, durante un colloquio con l’ambasciatore azero a Teheran, il ministro degli Esteri iraniano Hossein Amirabdollahian aveva dichiarato: “Non tolleriamo la presenza e l’attività contro la nostra sicurezza nazionale del regime sionista vicino ai nostri confini e prenderemo tutte le misure necessarie al riguardo”. Il 6 ottobre, in occasione di un incontro a Mosca con il suo omologo russo Sergej Lavrov, Amirabdollahian ha ribadito come il suo paese non accetterà “cambiamenti nella geopolitica del Caucaso meridionale”.
Non a caso, l’operazione militare condotta dall’Iran al confine con l’Azerbaigian è stata denominata “Conquista di Khaybar”. Questa espressione si riferisce a una battaglia del 628 che ha visto i musulmani impadronirsi di un’oasi a 450 km di Medina (oggi in Arabia Saudita) prevalentemente abitata da ebrei. Celebre il canto di battaglia, utilizzato tutt’oggi in manifestazioni antisioniste: “Khaybar, Khaybar ya yahud, jaish Muhammad, sawfa Ya’ud/ “Khaybar, Khaybar o giudei, l’armata di Muhammad, tornerà”.
I droni di fabbricazione israeliana hanno avuto un ruolo decisivo nella vittoria azera durante il breve conflitto con l’Armenia dell’anno scorso. Da allora, i legami tra i due paesi hanno continuato a svilupparsi. Ad esempio, con l’apertura di un ufficio commerciale dell’Azerbaigian a Tel Aviv quest’estate. Già a marzo di quest’anno, Ali Khamenei, guida suprema dell’Iran, aveva denunciato la presenza di consiglieri militari israeliani sul suolo azero. Tramite un intervento pubblico del 6 ottobre, il presidente Aliyev ha definito le accuse iraniane “infondate”.
Equilibri mai così precari
Ciò che più salta all’occhio in queste settimane di tensioni sono il crescente attivismo azero e la mancanza di una strategia duratura e coerente dell’Iran per quanto riguarda i suoi rapporti con i paesi del Caucaso meridionale. Il primo è motivato dalla sicurezza di Aliyev nell’avere l’alleato turco, e quindi il secondo esercito per importanza e grandezza della NATO, al suo fianco; il secondo dipende dall’atteggiamento di cautela che Teheran sa di dover avere nei confronti di Baku. L’Iran percepisce i 30 milioni di azeri iraniani che abitano prevalentemente lungo i 700 km di confine tra i due paesi come un fattore destabilizzante per i propri equilibri interni. Aliyev gioca quindi con la coda del leone iraniano, ma sa bene di poterselo permettere.
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Immagine: East Journal/Aleksej Tilman