La teatrocrazia e noi, felici marionette

La democrazia è un sistema di potere. E fin qui… Ma si tratta di un potere “di” fare qualcosa o “su” qualcuno? Il potere democratico, insomma, è un mezzo per raggiungere uno scopo (potere come strumento, come mezzo) o per determinare le azioni del soggetto che lo subisce? Andando sul concreto: quella russa è una democrazia? e quella turca, ungherese, o persino italiana?

Definire cos’è democrazia è assai difficile, è la duttilità del concetto a causarne la pervesione. Ugo Spirito diceva: “Ci sono varie forme di democrazia quante sono le élites dominanti che la operano”. Quindi dietro ogni democrazia c’è un gruppo di potere? Ma allora la democrazia è una copertura di un gruppo elitario che ha bisogno, in certi momenti storici, della veste della democrazia per legittimarsi. Una teatrocrazia? E’ quanto avviene in molti luoghi del nostro vecchio continente. Forse uno degli elementi dell’attuali crisi europea, una crisi non solo economica.

Il potere relazionale e quello ideologico

Nella teatrocrazia le spinte che rivendicano maggiori libertà individuali (per Gobetti la lotta era essenza stessa della democrazia) diventano lotte tra gruppi di potere che usano le masse. La manipolazione delle masse può avvenire attraverso diversi meccanismi di persuasione di cui oggi il più efficace è senz’altro insito nel controllo del sistema mediatico. Norberto Bobbio delinea una tipologia di potere , quello”ideologico”, che definisce una verità ufficiale e agisce su individui considerati come “minorenni” o “fanciulli” controllando le coscienze attraverso meccanismi di persuasione e facendosi detentore della verità. Oggi il potere ideologico è, con buona evidenza, non più quello della verità religiosa o del dogma politico ma il “potere mediatico”.

Non a caso in Ungheria il governo Orban cerca di controllare i media, in Bosnia addirittura si è candidato a presidente Fahrudin Radončić, magnate dell’informazione; in Francia il presidente della Repubblica corteggia i grandi tycoon dei media; in Italia uno di questi magnati è addirittura assurto al ruolo di primo ministro; in Russia il controllo governativo sugli organi di stampa è forte e le morti di giornalisti “scomodi” sono lì a dimostrarlo. Nella stessa Russia le voci alternative rappresentano interessi di lobby politico-affaristiche: lo stimato quotidiano Novaya Gazeta (quello in cui lavorava Anna Politkovskaya) è controllato dell’oligarca Alexander Lebedev e dall’ex presidente sovietico Mikhail Gorbaciov. In questo caso ci troviamo dunque di fronte allo scontro di due élites e non, come può sembrare, della democrazia contro l’autoritarismo.

Attraverso il controllo dei media si possono attivare retoriche induttive di comportamenti che altrimenti non si realizzerebbero.

Così la democrazia da un lato scivola verso la soggettività, verso quella che è definita la “privatizzazione del potere pubblico” che si concentra in poche mani. Dall’altro l’esposizione alle retoriche ideologiche da parte della cittadinanza la fa diventare, suo malgrado, suddita. Il problema si complica quando le élites oligarchiche detengono il potere ideologico (mediatico), quello politico e quello economico. Un mostro tricipite. Una teatrocrazia autoritaria?

La teatrocrazia, un pericolo per l’Europa

Arriviamo dunque a una definizione di teatrocrazia: potere che esprime interessi di oligarchie mascherato dietro vesti democratiche. Ma anche potere despotico, poiché (come ci insegna Aristotetele) dispotismo è, letteralmente, il potere del padrone (despota) sugli schiavi, dove quindi le persone sono trattate come cose. Nella nostra società  gli individui sono considerati dalla scienza economica “cose” o “mezzi” di produzione, di scambio e di consumo. Se la teatrocrazia è espressione degli interessi economici allora siamo di fronte a un regime despotico. Se poi l’oligarchia che gestisce il potere politico, e che detiene interessi economici, detiene anche il controllo del potere mediatico, eccoci nel trionfo della teatrocrazia.

Fare a meno di Spartaco

La teatrocrazia, ovvero il simulacro della democrazia, la scimmia della libertà individuale, è oggi assai diffusa in Europa. Possono coesistere tutti i tre elementi o può manifestarsene uno solo, quel che è certo è che la loro presenza mina alle fondamenta la possibilità della democrazia reale. Ma come definire, in positivo, la democrazia “reale”? Potremmo forse dirla come quella che “non ha bisogno di Spartaco”. Un sistema di equilibrio tra poteri che, quando il vento tira verso la tirannia, ha un timone che riporta alla giusta rotta senza rovesciare la barca.

Dare la colpa alla democrazia

I cittadini che ancora non rinunciano a rivendicare spazi di libertà si trovano però a combattere contro un simulacro, talvolta accusando la democrazia (come sistema di potere) di coercizione e abuso quando la prima a essere coercita e abusata è la democrazia stessa. Il rischio è la deligittimazione della democrazia e la possibilità di lasciare campo aperto a nuovi sistemi di potere autoritari, populismi mascherati, libertà sloganistiche.

Colpa nostra

La precondizione affinché una democrazia funzioni è l’esistenza di un buon numero di buoni democratici. La democrazia ha però un bisogno continuo della scuola: una scuola di democrazia e una scuola democratica. Guardiamo dove la scuola è debole e vedremo dove domani (se non già oggi) governerà il regime della teatrocrazia. Prestiamo attenzione a dove i cittadini si assopiscono di fronte alla quotidiana sottrazione di diritti, e troveremo i veri colpevoli. Molto spesso su queste colonne ci siamo concentrati sui partiti populisti, radicali, fondamentalisti, falsamente progressisti, indicandoli come un male per la democrazia. Ma essi sono portatori sani della malattia. La malattia siamo noi. Noi europei, felici del guinzaglio.

Chi è Matteo Zola

Giornalista professionista e professore di lettere, classe 1981, è direttore responsabile del quotidiano online East Journal. Collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso e ISPI. E' stato redattore a Narcomafie, mensile di mafia e crimine organizzato internazionale, e ha scritto per numerose riviste e giornali (EastWest, Nigrizia, Il Tascabile, Il Reportage). Ha realizzato reportage dai Balcani e dal Caucaso, occupandosi di estremismo islamico e conflitti etnici. E' autore e curatore di "Ucraina, alle radici della guerra" (Paesi edizioni, 2022) e di "Interno Pankisi, dietro la trincea del fondamentalismo islamico" (Infinito edizioni, 2022); "Congo, maschere per una guerra"; e di "Revolyutsiya - La crisi ucraina da Maidan alla guerra civile" (curatela) entrambi per Quintadicopertina editore (2015); "Il pellegrino e altre storie senza lieto fine" (Tangram, 2013).

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3 commenti

    • Bonaiti Emilio

      Sarebbe interessante un raffronto tra la democrazia europea e quella degli Stati Uniti.

  1. Provocazioni.
    Vivere in un paese teatrocrato giustificherebbe una presa di posizione contro l’élite dominante che impone la teatrocrazia? Giustificherebbe dei mezzi “forti” di lotta a quel potere? In una teatrocrazia, per come la descrivi, gli spazi democratici non sarebbero sufficienti per correggerla, perchè manipolati o assenti.
    Ma allora in capo a chi il diritto di questa lotta, a chi di “stabilire” se si tratti di democrazia o altro?

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