Il Ramadan è il nono mese del calendario islamico, quello in cui il profeta Maometto ha ricevuto la rivelazione del Corano. I musulmani celebrano la ricorrenza con il digiuno, uno dei Cinque Pilastri dell’Islam, ossia gli obblighi fondamentali che ogni credente è tenuto a rispettare. La fine del mese è celebrata con la Id al-Fitr, la festa dell’interruzione del digiuno, una delle più importanti dell’anno.
Nei Balcani, questo mese è chiamato Ramazan, mentre la festa per la fine del digiuno è detta Bajram. I due termini provengono dal turco e sono entrati nelle lingue slave e albanesi in seguito all’espansione dell’Impero Ottomano, il principale propulsore dell’Islam nell’area nei secoli passati. I segni di questa influenza sono evidenti non solo nel dizionario religioso, ma anche nelle tradizioni, nella cucina e nella musica tipiche di questo mese, che le comunità dei Balcani hanno spesso rielaborato e fatto proprie.
Digiuno, preghiera e buone azioni
Il Ramazan è ovviamente più sentito laddove le comunità musulmane sono più presenti. Questo mese trasforma profondamente la vita quotidiana di molte città della Bosnia-Erzegovina, del Kosovo e dell’Albania, ma anche di regioni come il Sangiaccato, esteso tra il sud della Serbia e l’entroterra del Montenegro, e di città come Ulcinj in Montenegro o Tetovo, Gostivar e i quartieri albanesi di Skopje in Macedonia del Nord.
Durante il giorno, i locali e le vie tendono a svuotarsi nell’attesa del tramonto, che segna la fine del digiuno, dando alla notte una valenza particolare per gli incontri e per la convivialità. La fine del digiuno giornaliero è celebrata con l’iftar, la cena che, particolarmente nei mesi estivi, è spesso organizzata all’aperto, con la partecipazione di molte persone, riunite insieme per mangiare ma anche per condividere la gioia di questo sacrificio comune. L’iftar può avere inizio quando le candele sui minareti delle moschee si accendono alla sera, invitando i fedeli a interrompere il digiuno e alla preghiera del tramonto, l’akšam namaz, altro nome di origine turca, corrispondente all’arabo ṣalāt al-maghrib. A Sarajevo, il momento dell’interruzione del digiuno è segnalato anche dal tradizionale colpo del cannone dalla Žuta tabija, il cui suono è ormai familiare per tutti i cittadini.
Molti fedeli rompono il digiuno mangiando datteri, in ricordo di quanto faceva il profeta Maometto, mentre sulle tavole si trovano spesso i cibi della tradizione balcanica, come le pite o i somuni, delle pagnotte molto morbide caratteristiche della cucina bosniaca e albanese. C’è spazio anche per i piatti a base di latte e formaggio, come la topa sarajevese, e per i dolci, come la baklava, il kadaif o la torta del sultano. L’iftar è però anche un momento in cui bisogna scegliere con attenzione i cibi e le quantità da assumere, soprattutto quando il mese sacro cade d’estate, visto che il calendario islamico dipende dal moto della luna e la cadenza dei mesi è variabile. Le notti estive sono brevi e l’iftar è molto vicino al sehur (syfyr in albanese), il pasto che si mangia prima dell’alba e che dà il via, insieme alla prima delle cinque preghiere obbligatorie, il sabah namaz, a un nuovo giorno di digiuno, in cui non si può bere, mangiare, fumare, compiere o pensare atti impuri.
Le cinque preghiere quotidiane accompagnano il mese del digiuno, in cui i fedeli fanno spesso l’elemosina (zekat) e non possono mentire o ingannare. Il digiuno è accompagnato anche da un senso di compattamento della comunità, favorito sia dalle occasioni di convivialità che dal sacrificio comune e dalle buone azioni che avvicinano i fedeli tra di loro, rendendo spesso i rapporti molto cordiali. Il digiuno permette di avvicinarsi a Dio, di esercitare la pazienza, di controllare i propri impulsi, di allontanare le cattive abitudini e di fare opere buone. Anche i molti musulmani che non digiunano, data la forte tradizione laica di molte società balcaniche, rinunciano spesso, durante il Ramazan, alla consumazione dell’alcol e della carne di maiale, mentre in luoghi dove la vocazione multietnica è prevalente anche i non musulmani partecipano sia alla preparazione che alla cerimonia dei grandi iftar collettivi, talvolta accompagnati anche dalle note delle ilahije e kaside, brani dai toni orientali, a tema religioso, cantati da cori a cappella in lingua slava, albanese o, più raramente, araba.
Il Bajram e un nuovo inizio
La fine del mese di digiuno è celebrata con la festa del Bajram, che inizia il giorno successivo all’ultimo iftar, dopo il Bajram namaz, una preghiera che riunisce i fedeli nelle moschee poco dopo l’alba e che dà ufficialmente inizio alle celebrazioni. Un giorno in cui anche in Italia molte comunità musulmane provenienti dai Balcani si riuniranno in preghiera.
Sarà così in Valle Camonica, nella provincia di Brescia, dove risiede una grande comunità di musulmani della Bosnia-Erzegovina, che dal 2021 sarà guidata dal nuovo imam Ahmed Tabaković, arrivato da poco da Sarajevo. Sarà un nuovo inizio anche per loro, come è un nuovo inizio la fine di ogni Ramazan, che contribuisce ad avvicinare i fedeli alla benevolenza e all’amore reciproco, creando un ambiente migliore in cui vivere anche nei mesi a venire.
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