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ROMANIA: Verso l’adesione a Schengen? Intanto si prepara la riforma dell’area di libera circolazione

Lo scorso febbraio, durante un’intervista alla testata locale Digi24 Romania, il primo ministro Florin Cîțu, alla domanda riguardante l’adesione della Romania all’area Schengen aveva affermato: “Spero entro quest’anno”.

L’obiettivo di fine 2021 si basa sulla speranza che il rapporto del Meccanismo di Cooperazione e Verifica (CVM) della Commissione europea, attesto per l’estate, sia favorevole per Bucarest (ne abbiamo parlato qui). “Se attuiamo le riforme promesse e osserviamo le raccomandazioni del MCV dovremmo ottenere il pieno ingresso nell’area Schengen”, ha dichiarato il premier romeno.

Nel dicembre 2018 il Parlamento europeo si era espresso a larga maggioranza (514 favorevoli contro 107 voti contrari, 38 astensioni) per l’adesione di Romania e Bulgaria all’area Schengen. La decisione finale richiede, però, il voto unanime del Consiglio UE, e alcuni paesi membri pongono il proprio veto: fra questi i Paesi Bassi, per i quali la Romania presenta ancora criticità legislative ed istituzionali e sarà pronta solo “quando rispetterà lo stato di diritto e la democrazia”.

Il lungo cammino di Bucarest verso Schengen

L’area Schengen senza frontiere interne comprende 26 paesi europei, sia UE che non-UE, fra cui Islanda, Liechtenstein, Norvegia e Svizzera. Sono esclusi Croazia, Cipro, Irlanda, oltre a Romania e Bulgaria (anche il Regno Unito ne era escluso, prima della Brexit).

Le prime discussioni per l’adesione dell Romania iniziarono nel 2011; in febbraio 2018 un colloquio fra l’ex premier romena Viorica Dancila e l’allora presidente della Commissione Jean-Claude Juncker sembrò promettere concreti avanzamenti. Per Dancila, la Romania aveva raggiunto i requisiti tecnici essenziali per l’adesione, ma il suo ritardo era dovuto a fattori di natura politica, con diversi stati membri che si opponevano al volere di Bucarest.

In novembre 2018, l’allora presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani, durante un incontro a Bucarest con Dancila, aveva richiesto un’accelerazione dell’accesso della Romania a Schengen, affermando che era importante che il paese vi partecipasse il prima possibile. Nel 2020 fu la volta della Commissaria europea agli affari interni, Ylva Johansson, la quale espresse la speranza che Romania, Bulgaria e Croazia partecipassero quanto prima allo spazio comune.

Verso un’area Schengen 2.0

Da parte UE esiste da tempo la volontà politica (e la necessità per molti versi) di rafforzare Schengen, nell’ottica di garantire una migliore sicurezza delle frontiere esterne, permettendo il coordinamento e l’operato comune con cui fare fronte alle pressioni sui confini esterni. Il riferimento è alla crisi migratoria del 2015/2016, durante la quale apparvero evidenti i pericoli e i limiti di un’azione scoordinata e caotica dei paesi UE, ma anche alle “temporanee” chiusure delle frontiere interne per i vari allarmi terrorismo dal 2015 al 2020, nonché alla situazione causata dalla pandemia in corso.

Nel frattempo, a partire dall’autunno 2020, la Commissione europea ha predisposto un forum per discutere della “priorità urgente” di riformare Schengen. L’obiettivo è delinearne una nuova strategia, che la Commissione intende presentare per la metà del 2021. Secondo la Commissione, “i controlli alle frontiere interne devono rimanere eccezionali, limitati nel tempo e proporzionati a rispondere a una minaccia dimostrata” e non possono diventare la modalità standard con cui reagire alle emergenze.

Il rinnovamento di Schengen deve quindi rendere lo spazio europeo più solido e resistente alle sfide, senza mettere a repentaglio la libera circolazione delle persone. La ‘Nuova Strategia per il Futuro di Schengen‘ dovrebbe includere maggiori controlli alle frontiere esterne, un rafforzamento della cooperazione tra autorità nazionali e un sistema interconnesso fra paesi membri UE per il controllo dei confini, anche grazie al contributo delle agenzie europee, tra cui la nuova Frontex.

Foto: Pixabay

Chi è Rebecca Grossi

Appassionata di politica e di tutto ciò che sta al di là della ex Cortina di ferro, ha frequentato Studi Internazionali a Trento e Studi sull'Est Europa presso l'Università di Bologna. Dopo soggiorni più o meno lunghi di studio e lavoro in Austria, Grecia, Germania, Romania e Slovenia, abita ora a Lipsia, nell'ex DDR, dove è impegnata in un dottorato di ricerca sul ruolo del Mar Nero nella strategia geopolitica della Romania. Per East Journal si occupa principalmente di Romania e Turchia.

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