REP.CECA: Focus elezioni/5 – Cosa cambia dopo il voto

I socialdemocratici cechi del Čssd rispettano le previsioni della vigilia e si confermano primo partito nazionale con un decoroso ventidue percento di preferenze; a seguire i conservatori rinnovati della Ods, fermi sulla ventina. Entrambi i movimenti sono riusciti nella mirabolante impresa di perdere una valanga di voti tra scandali economici e gaffe di ogni sorta nel brevissimo volgere di un annetto, e assistere più o meno inermi a rapidissimi cali di credibilità. Che il prossimo esecutivo a Praga sia di centrodestra risulta essere conseguenza della natura ben definita dei nuovi astri TOP 09 e Věci veřejné, contenitori plasmati apposta per ricevere le preferenze dei delusi (definizione quanto mai generalista), conservatori al punto giusto e per questo contrari a qualsiasi sorta di imparentamento con la sinistra.

Ecco i motivi per i quali il prossimo Primo Ministro sarà con molta probabilità Petr Nečas -colui che da qualche tempo si è trovato a sostituire Mirek Topolánek alla guida dell’Ods- ed è ancora fresca la notizia delle dimissioni di Jiří Paroubek, corrispettivo socialdemocratico (alla base della scelta la volontà di farsi da parte per «evitare errori di interpretazione» e capire meglio i passi falsi, coerenza e decoro. Sia come sia, Paroubek verrà sostituito dal collega Bohuslav Sobotka.)
Questo a grandi linee un bignamino delle elezioni ceche appena svoltesi. Alcune considerazioni al riguardo.

a) Che il probabile governo Nečas sia diverso dalla truppa capitanata da Topolánek -artefice di favolosi scivoloni a più riprese durante il semestre ceco di presidenza europea- è cosa alquanto possibile. Trattasi infatti di uomo assai più pragmatico, aperto alla società civile e presentabile. Quanto poi sia politico «nello stile di David Cameron» piuttosto è confermato dal fatto che entrambi abbiano ancora dimostrato pochino ai vertici del potere, escluso l’essere più giovani dei rispettivi predecessori, eco-solidali e telegenici (minima differenza, Nečas è decisamente un europeista migliore di Cameron.)

b) Riguardo invece la possibile interpretazione di una vittoria dell’antipolitica in Repubblica Ceca, toccherebbe sottolineare come non sia antipolitico ma ultrapolitico formare coalizioni per tirare su un esecutivo, e un governo capitanato dal leader non del primo partito nazionale non un paradosso ma una eventualità assolutamente contemplabile (senza ricordare poi come il più antipolitico di tutti i candidati, ossia il giornalista/anchorman/paladino tout court dei deboli Radek John, abbia raccolto abbastanza ma non propriamente sfondato.) Tuttavia restano condivisibili -e ciò accade di rado- le parole del Presidente Klaus quando sottolinea come la dipendenza di un esecutivo dalle due forze nuove Top 09 e Věci veřejné possa creare instabilità e imprevedibilità, data la natura estremamente umorale dei movimenti.

c) Tutto ciò nel contesto di una affluenza alle urne che è stata buona, o comunque superiore alle aspettative. Molti analisti avevano scritto infatti quanto eventuali cali potessero essere causati dal fatto che la Repubblica Ceca non navigasse in una situazione particolarmente critica o significativa (tipo il primo libero scrutinio o l’attuale pantano greco) ma evidentemente venivano sottovalutate lo spauracchio dell’indebitamento, l’onda lunga della figura non brillante nel semestre europeo e la conseguente voglia di ripresentarsi con un governo eletto che fosse ragionevole e capace. Staremo a vedere se l’obiettivo è stato centrato.

d) Un esecutivo guidato quindi da Nečas, il quale dovrà sostituire l’uscente Fischer, con caratteristiche assai diverse dagli altri governi di centrodestra saliti alla ribalta centroeuropea in questi tempi, primo su tutti quello ungherese. Nessuna virata nazionalistica all’orizzonte ma anzi maggiore aderenza alle manovre europee di risanamento dei conti pubblici, riforme al sistema pensionistico e tagli alla spesa.

e) Rassegna stampa conclusiva. Il quotidiano Lidové noviny si sofferma stamani sul fatto che il vincitore morale delle elezioni, Karel Schwarzenberg di TOP 09, nonostante abbia puntato assai sul rinnovamento si presenti poi al Castello con una truppa di facce decisamente stagionate e esperti della scena; sia di consolazione ai cechi che capita così pressoché ovunque. Viceversa l’Hospodářské noviny sottolinea come il successo di TOP 09 e Věci veřejné sia stato dettato da strategie promozionali innovative, contrapposte ai vecchi slogan dei dinosauri Čssd e Ods, impegnati solo a sputacchiarsi contro (anche questa una attitudine discretamente diffusa.) Dal Mlada Fronta Dnes invece arriva un’idea di speranza, vaga ma che suona benino: il prossimo governo di centro-destra capisca quanto la ragione della propria esistenza derivi da un voto che si è basato più sui sentimenti che sul cervello, più sulla pancia che sui reali programmi, e non deluda le aspettative di efficaci riforme. Sperare per il meglio, indipendentemente dal colore dell’esecutivo, dicono sia decisione sensata e non costi nulla.

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