Nel 1989 la Romania comunista crollò. Nicolae Ceaușescu e sua moglie Elena furono fucilati a Târgoviște la notte di Natale, dopo un veloce processo. Gli infiniti cambiamenti che avvennero in Romania a partire da quel momento non risparmiarono certo il calcio. Ci fu l‘apertura delle frontiere (chiedere a Nicolae Dobrin a proposito del suo mancato trasferimento al Real Madrid) e ci fu l’amnistia del fortissimo libero Miodrag Belodedici, che era stato squalificato perché fuggito in Jugoslavia. Ma ci fu anche chi vide finire i propri privilegi con il collasso del sistema comunista. Steaua e Dinamo erano viste dai tifosi delle altre squadre come colluse con il potere, ma non furono colpite. Tre le squadre che, invece, pagarono a caro prezzo tutti i piaceri e tutte le scorrettezze dei decenni precedenti: l’Olt Scornicești, il Flacăra Moreni e il Victoria Bucarest.
Victoria Bucarest: dissolta
La sorte più dura toccò alla compagine della capitale. Infatti nel 1990 la squadra fu definitivamente dissolta, in quanto ritenuta espressione diretta del vecchio regime, in particolare del ministero degli Affari Interni, ovvero la Miliția, la polizia romena. Nato negli anni successivi alla Seconda Guerra Mondiale, il club fu inizialmente una costola della Dinamo. Nel corso degli anni cambiò più volte nome, legandosi spesso al quartiere dove era stata fondata, quello di Obor, ma nel 1985 prese il nome di Victoria Bucarest, quando per la prima volta raggiunse la prima divisione. La squadra era conosciuta per essere la terza forza del paese e per questo poteva contare su ottimi giocatori a fine carriera o buoni emergenti, che però non erano abbastanza forti per le due grandi, Steaua e Dinamo.
Il Victoria raggiunse subito grandi risultati, ottenendo anche la qualificazione europea. Il 1989 per le squadre della capitale fu un anno incredibile: lo Steaua raggiunse la finale della Coppa dei Campioni, la Dinamo fu sconfitta solo dalla Sampdoria nei quarti di Coppa delle Coppe e, infine, il Victoria dovette cadere sotto i colpi della Dynamo Dresda nei quarti della Coppa Uefa. Nella storia del calcio non è mai più successo che una sola città riuscisse a ottenere risultati del genere in tutte le competizioni europee. Fra il 1985 e il 1989 la squadra della Miliția raggiunse per quattro volte la semifinale di coppa nazionale, venendo però sempre battuta dai cugini della Dinamo. Al momento della dissoluzione il presidente era Dumitru Dragomir, che ritroveremo in altre malversazioni e che sarebbe poi stato un politico e il Presidente della Federazione Calcistica Romena, in un gattopardesco cambio di casacca post-comunista.
Spenta la fiamma del Flacăra Moreni
Quando l’interesse di Tudor Postelnicu colpì il Flacăra Moreni, la squadra era solo una vecchia formazione fondata nel 1922 da ingegneri petroliferi inglesi e olandesi. Al tempo si chiamava Astra Moreni, ma negli anni Cinquanta prese il nome di Flacăra, fiamma. Trascorse la sua esistenza nelle serie inferiori del campionato romeno, prima che le attenzioni del capo della Securitate cambiassero tutto. Postelnicu da giovane aveva lavorato nelle fonderie di Moreni, cuore dell’industria estrattiva del Paese, ma dal 1978 al 1987 fu Direttore del Dipartimento di Sicurezza dello Stato e infine Ministro dell’Interno. Il 22 dicembre del 1989 la sua carica decadde.
Nel 1986, il Flacăra arrivò in Divisia A, raggiungendo due stagioni dopo il quarto posto in campionato, valevole per disputare la Coppa Uefa nel 1989. Fu un ironico canto del cigno contro il Porto, nell’ultima stagione degna di nota dei giallo-blu. La classifica finale si chiuse con il seguente verdetto: le ultime tre squadre in classifica erano il Victoria Bucarest, il Flacăra Moreni (che solo un anno prima erano arrivate rispettivamente terza e quarta) e l’Olt Scornicești.
Olt Scornicești, la squadra del paese natale di Ceaușescu
Nel 1918, quando Nicolae Ceaușescu venne al mondo, terzo di dieci figli, il suo paese natale si chiamava Tătărăi, ma il Conducător non apprezzava il chiaro e riconoscibile riferimento etnico ai tatari che vivevano in Valacchia e, dopo il 1965, decise di cambiare nome alle sue origini. Tătărăi divenne così Scornicești e insieme al nome cambiarono anche tante altre cose. Il piccolo centro divenne molto più importante di quanto fosse stato fino a quel momento. Venne ricostruito secondo i nuovi dettami dell’edilizia socialista ed entrò a far parte di molte guide nazionali, che ne cantavano l’importanza e la centralità. Contrariamente a quanto si sente spesso dire però, Ceaușescu non si interessò mai o quasi alla squadra di calcio cittadina, che invece rimase saldamente nelle mani di Vasile Bărbulescu detto Lică, segretario regionale del Partito, capo della cooperativa agricola di Scornicești, ma soprattutto marito di Elena Ceaușescu, sorella di Nicolae.
All’inizio degli anni Settanta fu fondato il Viitorul Scornicești che scalò velocemente le serie minori, guidato da Bărbulescu e dal già citato Dragomir. Gli appoggi arbitrali furono evidenti, ma in certi casi si agì senza il minimo scrupolo come in occasione della partita decisiva per salire in seconda divisione nel 1978. Fu uno scontro a distanza contro il Flacăra di Postelnicu. L’Olt Scornicești aveva bisogno di vincere e di farlo in maniera larga, in modo da poter sopravanzare i rivali per differenza reti. Le partite si giocavano in contemporanea, quindi a quei tempi non era semplice conoscere il risultato dell’altra gara. Ma a questo punto entrò in scena il “genio” di Dragomir. La squadra ospite era già retrocessa e non aveva nessun interesse a giocare, per questo i dirigenti di casa presero 11 ragazzi di Scornicești che niente avevano a che fare con il calcio e li fecero giocare al posto degli ospiti. Inoltre disposero una macchina ogni 30 chilometri lungo la strada fra i due campi sportivi, in modo che, con una specie di telefono senza fili, il risultato della partita del Flacăra venisse riportato ai dirigenti dello Scornicești.
Il primo tempo si concluse 2-0 per gli uomini di Bărbulescu, ma da Moreni arrivò una voce incredibile. Il Flacăra stava vincendo 9 a 1. Immediatamente la partita prese un’altra piega e nel giro di poco tempo il risultato fu di 18-0, con quattro autogol dei falsi difensori dello Slatina. I giocatori stavano per andare sotto la doccia, ma la farsa non poteva ancora finire. Fu messo in piedi una specie di tempo ad oltranza nel caso in cui da Moreni fossero arrivate notizie negative. La partita finì solo quando si fu sicuri del risultato acquisito. A Moreni la partita era finita soltanto 2-1, un informatore si era confuso, sbagliando di grosso il risultato.
L’anno successivo arrivò anche la promozione in prima divisione, che fu salutata nel 1982 dall’inizio dei lavori per il nuovo stadio. La squadra di Scornicești, che nel frattempo era diventata Olt Scornicești, non poteva giocare in un piccolo impianto. Ma come già in passato, Bărbulescu esagerò, progettando uno stadio da 30mila posti. Non ci sarebbe niente di male, se non fosse che la città aveva poco più di 10mila abitanti. Gli anni Ottanta furono spesi saldamente in Divisia A, sfiorando più volte la qualificazione europea. Nel 1988 arrivò l’inaugurazione dello stadio, ma ormai il tempo della squadra era segnato. Nel 1990 l’Olt arrivò ultima in campionato e venne sciolta. Destino simile alla città che, come riportato da Internazionale in un reportage su Scornicești a firma Daniele Ongaro: “tutti cominciarono a smantellare e portarsi a casa pezzi di aziende pubbliche, chi un trattore, chi una porta, chi un maiale. […] La ribellione ai Ceauşescu, da queste parti, aveva preso la forma della distruzione assoluta”.
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