di Pietro Acquistapace
Abbiamo già parlato del complesso momento che sta vivendo il Kazakhstan, alle prese con scelte di politica estera non indifferenti, e con un’identità che continua a essere sfuggente. Proprio dal paese centroasiatico giunge una notizia, in realtà due, che illumina ulteriormente la situazione kazaka. Il 6 gennaio il presidente Nazarbayev ha semplicemente escluso la città di Zhanaozen dal partecipare al voto per le future elezioni amministrative. Su East Journal abbiamo raccontato come questa città sia stata, in dicembre, teatro di sanguinosi scontri tra le forze dell’ordine e gli scioperanti della compagnia petrolifera di Stato Kazmunaigas.
Temendo ripercussioni sul voto che, di fatto, farà entrare un secondo partito nel parlamento Kazako, Nazarbayev ha ritenuto di dover posticipare a una data indefinita la tornata elettorale (fissata al 15 gennaio) per tutti gli abitanti di Zhanaozen. La commissione elettorale centrale kazaka ha giustificato tale decisione con la motivazione che una città in “stato di emergenza” (dal 4 gennaio esteso fino alla fine del mese) non può partecipare al voto. I votanti privati del loro diritto elettorale sono 50mila; Kuandyk Turgankulov, presidente della citata commissione elettorale, sostiene che una cifra così modesta non potrà comunque modificare gli esiti del voto.
Il governo kazako sta tentando in tutti i modi di manipolare le elezioni imminenti, che secondo gli osservatori internazionali in Kazakhstan non sono mai state regolari, tra l’altro per non avere un cattivo “ritorno di immagine”. Desta quindi sospetto il fatto che, in concomitanza con la decisione di riammettere gli elettori di Zhanaozen al voto (notizia di oggi 10 gennaio, e questa è la seconda), nel panorama politico kazako ci sia stata una serie di espulsioni. In OSDP Azat, che rappresenta il diretto avversario di Nur Otan (sino ad oggi l’unico partito politico a guidare il paese), sono state eccellenti. Accusati di frode fiscale sono stati espulsi Bolat Abilov, co-fondatore di Azat, e Gulzhan Yergaliyeva, politica nonchè giornalista.
Altri membri di Azat sono invece emigrati in Aq Zhol, partito creato da Nazarbayev come proprio antagonista e con le maggiori possibilità di sedere nella Majilis, la camera bassa del parlamento kazako. Anche altri partiti minori hanno visto l’esplusione di propri membri, fenomeno presente anche nel partito al governo, e nello specifico con il caso di Vladimir Bobrov. Inoltre l’8 gennaio Serikzhan Mambetalin , leader di Rukhaniyat, ossia la formazione più tenacemente contraria al governo in carica, è stato espulso dal suo stesso partito, che a sua volta era stato escluso a fine dicembre dalla competizione elettorale.
Non basta quindi dichiarare che le imminenti elezioni faranno del Kazakhstan un paese democratico perchè ciò si avveri. E non basta pagare un allegato al Daily Telegraph per far svanire i dubbi sulla situazione politica e sociale kazaka. Il futuro del colosso ex-sovietico è una matassa da sbrogliare, e come ha dichiarato l’International Crisis Group nel 2012 il Kazakhstan rischia di vivere una situazione esplosiva dove il malcontento sociale si potrebbe sommare al malcontento religioso dovuto alla politica di controllo del culto intrapresa da Nazarbayev.
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