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GEORGIA: Elezioni, un secondo turno surreale

Il 21 novembre si è tenuto il secondo turno delle elezioni in Georgia. L’attuale sistema elettorale, infatti, è prevalentemente proporzionale, ma mantiene alcuni seggi maggioritari; di conseguenza, quello dello scorso sabato è stato un ballottaggio tra i candidati più votati, laddove il 30 ottobre nessuno avesse ottenuto la maggioranza assoluta. Tuttavia, i partiti di opposizione, che da tre settimane chiedono di ripetere la tornata elettorale, hanno boicottato il secondo turno di sabato. Così, solo il 26 per cento degli elettori si è recato alle urne e tutti e i diciassette i seggi da disputare sono stati vinti da Sogno Georgiano, il partito di governo.

Il primo turno: brogli e proteste

Il 30 ottobre si era tenuto il primo turno delle elezioni. Ci si aspettava che il paese andasse incontro al primo governo di coalizione della sua storia politica, ma i voti ottenuti da Sogno Georgiano, hanno superato ogni aspettativa, rendendo possibile la formazione di un esecutivo monocolore.

Tuttavia, la rilevazione di brogli elettorali ha scatenato l’ira delle opposizioni e la debolezza dell’apparato giudiziario del paese ha fatto sì che nemmeno il riconteggio effettuato in alcuni collegi dalla commissione elettorale centrale fosse accettato come un elemento risolutivo.

Poco dopo la chiusura del voto, era stato subito evidente che qualcosa non tornava. Alcuni seggi avevano trasmesso i risultati con svariate ore di ritardo e, al momento dello spoglio, è emerso che il numero delle schede in alcuni collegi non corrispondeva a quello dei votanti effettivi. Ma non solo. Stando a quanto riportato dagli osservatori internazionali, che pure riconoscono l’esito del voto e la sostanziale competitività della tornata elettorale, le regole di prevenzione del coronavirus non erano state applicate uniformemente sul territorio nazionale, il voto di un elettore che aveva fotografato la propria scheda elettorale non era stato invalidato e in più casi i votanti erano usciti dalla cabina senza avere accuratamente ripiegato la scheda.

Da quel giorno, nel paese non è tornata la calma. Il Movimento Nazionale Unito, principale partito di opposizione, ha immediatamente chiesto il ritorno alle urne e nel giro di due giorni tutti i partiti di opposizione hanno annunciato l’intenzione di boicottare il parlamento. Nelle ultime tre settimane sono state organizzate quasi quotidianamente manifestazioni e proteste, che hanno preso di mira non solo il governo, ma anche la commissione elettorale centrale, un’istituzione considerata ancora debole e soggetta alle influenze politiche del governo. Tanto per fare un esempio, il 7 novembre migliaia di cittadini hanno sfilato per le vie di Tbilisi, percorrendo i dieci chilometri che separano il parlamento dalla commissione elettorale centrale. La reazione delle autorità è stata a tratti particolarmente dura, tanto che la polizia ha fatto ricorso a cannoni ad acqua per disperdere la folla.

Il secondo turno

È in questo clima di impasse e grande tensioni che si è tenuto il secondo turno delle elezioni. Chiaramente, avendo le opposizioni trovato un punto di convergenza nella decisione di boicottare il parlamento, sarebbe stato contradditorio partecipare al ballottaggio per eleggere i membri di un parlamento cui non riconoscono legittimità, così gli esponenti più in vista dell’opposizione hanno liquidato la questione con qualche frase talvolta provocatoria e hanno deciso di non competere.

Il leader del giovane partito Girchi, candidato nel distretto di Didube-Chughureti, ha invitato i suoi sostenitori a votare per il candidato di maggioranza, affermando ironicamente che, nella migliore tradizione comunista, questi dovrebbe prendere tutti i voti. Elena Khostaria, la candidata di Georgia Europea a Vake, un quartiere della capitale, ha scritto su Facebook che Sogno Georgiano stava conseguendo una fantastica vittoria contro se stesso. Infine, Giga Bokeria, il candidato di Georgia Europea a Poti, sabato 21 novembre ha affermato che se i partiti di opposizione accettassero di entrare in parlamento, la Georgia si trasformerebbe nella Bielorussia di Lukashenko.

Certo, questo secondo turno ha lasciato emergere qualche dubbio su quale sia stata l’effettiva portata dei brogli: infatti, nonostante il boicottaggio delle opposizioni e l’esito scontato del voto, sabato sono state – ancora una volta – registrate delle irregolarità. Anzi, la Società Internazionale per Elezioni Giuste e Democrazia (ISFED), un’organizzazione locale, ha offerto un quadro più impietoso di quello del primo turno: voto di scambio, agitatori ai seggi, voti multipli e, dulcis in fundo, membri di una commissione elettorale in stato di ebbrezza.

Alla ricerca di un compromesso

Al momento, non sembrano esservi soluzioni per superare l’impasse. Se, da un lato, anche lo scorso venerdì, il leader di Georgia Europea affermava che l’unico compromesso accettabile per l’opposizione è l’indizione di nuove elezioni, il partito di governo non può accettare questa prospettiva. Come spesso accade, il clima politico infuocato di questo piccolo paese ha attirato l’attenzione l’internazionale. Così, la delegazione Ue in Georgia ha invitato i candidati eletti tra le fila delle opposizioni a prendere posto in parlamento. Un segnale analogo è giunto dalla parte americana: l’11 novembre il segretario di Stato americano Mike Pompeo, nell’ultimo viaggio diplomatico del suo incarico, ha visitato la Georgia, dove ha incontrato esponenti del governo, la presidente Salomè Zurabishvili e il patriarca, senza dedicare un momento all’ascolto delle opposizioni.

Ma il riconoscimento internazionale dell’esito del voto non ha moderato il clima politico del paese, basti pensare che il Movimento Nazionale Unito aveva proposto l’organizzazione di “corridoi della vergogna” per umiliare gli elettori che si sarebbero presentati alle urne, non riscuotendo tuttavia consenso unanime in senso all’opposizione. Dal Movimento Nazionale Unito, ciò nonostante, si è levata anche una voce diversa: Grigol Vashadze, presidente del partito, ha sostenuto l’importanza di stabilire un dialogo tra governo e opposizione e, per questo, è stato bersaglio di aspre critiche. Il presidente di Girchi, addirittura, è arrivato a lanciare una campagna social contro Vashadze, invitando i propri sostenitori a scrivere nei propri post #condannaGrigol.

È difficile prevedere quando nel paese potrà tornare la calma. Certo, in piena pandemia, all’indomani della guerra in Nagorno-Karabakh tra Armenia e Azerbaigian, con le frontiere ancora chiuse, la scorsa stagione turistica andata in fumo e un pesante alone di incertezza che ancora pesa sulla prossima, al paese non serviva una profonda crisi politica. Tuttavia, per i georgiani questo appuntamento elettorale rivestiva un’importanza particolare: era il primo con la nuova legge elettorale, voluta anche per intraprendere un processo di ricambio e alternanza politica in un paese che sta ancora consolidando le proprie istituzioni democratiche.

Di passi avanti, a dire la verità, ne sono stati fatti anche nell’ultima tornata elettorale, tanto che il nuovo parlamento, se si insedierà, sarà il più multipartitico della storia della Georgia. Questo, però, a quanto pare non può bastare a tanti georgiani per accettare che le elezioni che avevano invocato a gran voce sin dalla famigerata notte di Gavrilov, siano state, come constatato dal gruppo di avvocati GYLA, le peggiori gestite da Sogno Georgiano.

Immagine: OC MEDIA

Chi è Eugenia Fabbri

Nata e cresciuta a Bologna, si è laureata in Scienze Internazionali e Diplomatiche all'Università di Bologna e frequenta ora il primo anno del corso di laurea magistrale MIREES (Interdisciplinary Research and Studies on Eastern Europe), presso la stessa università. Ha vissuto per sei mesi in Georgia, dove ha frequentato alcuni corsi dell'Università Statale di Tbilisi, appassionandosi alle dinamiche politiche del Caucaso Meridionale.

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