GEORGIA: I risultati delle elezioni e le proteste

Una lunga e controversa storia quella delle elezioni parlamentari georgiane, iniziata il 20 giugno 2019, quando in quella che sta passando alla storia come la “Notte di Gavrilov” migliaia di georgiani erano scesi in piazza a protestare contro la scelta del governo di invitare un parlamentare russo ad accomodarsi nel posto riservato al presidente del parlamento. Questo episodio e la violenta repressione delle proteste allora avevano causato una notevole emorragia di consensi per Sogno Georgiano, il partito di governo, e hanno ulteriormente polarizzato un clima politico già teso. Sulla scia di questi eventi e di grandi pressioni popolari, a giugno il parlamento ha modificato la legge elettorale in senso più fortemente proporzionale.

La tornata elettorale di sabato 31 ottobre, dunque, è stata particolarmente importante per una duplice ragione: costituiva da un lato un importante test di democrazia per questo piccolo paese post-sovietico, dall’altro prometteva di porre fine al feroce confronto tra governo e opposizione. Se la prima sfida, seppure con alcune ombre, sembra essere stata superata, lo stesso non si può dire della seconda.

I risultati

La situazione sanitaria, che in Georgia come in gran parte d’Europa si sta aggravando, non lasciava spazio a previsioni ottimistiche sull’affluenza elettorale. In realtà, il dato sulla partecipazione, seppure di per sé ridotto (circa 56%), si è rivelato in crescita rispetto a quello delle elezioni del 2016.

Il partito di governo, Sogno Georgiano, ha visto confermata la propria leadership, ottenendo il 48% dei consensi e assicurandosi la possibilità di formare un governo monocolore. Un grande successo rispetto ai numeri forniti dai sondaggi, secondo cui il partito avrebbe dovuto probabilmente ricorrere a una coalizione.

Il Movimento Nazionale Unito (UNM), che per la storia del paese ha un significato particolare e che si presentava alle elezioni guidato dall’ex presidente Mikheil Saakashvili, si conferma secondo partito, con il 27% dei consensi.

L’esito del voto è stato dunque inaspettato, ma la vera novità di questa tornata elettorale è il carattere multipartitico del neoeletto parlamento. La riforma elettorale del giugno scorso, infatti, ha ridotto la soglia di sbarramento dal 5 all’1%, aprendo così le porte delle istituzioni a nuove formazioni. Tra queste Lelo e Girchi, un partito liberale e libertario che ha condotto importanti battaglie per la liberalizzazione delle droghe leggere e contro la leva militare obbligatoria. Per un soffio è riuscito a entrare anche il partito dei lavoratori, che si è però fermato all’1%, perdendo due punti percentuali rispetto alle elezioni precedenti e confermando che le proposte di sinistra sono ancora viste con molta diffidenza nel paese.

Nemmeno l’estrema destra, tuttavia, ha avuto performance particolarmente brillanti. Se il filorusso Allenza  dei Patrioti è riuscito a superare la soglia di sbarramento, lo stesso non è avvenuto a Marcia Georgiana, che, nonostante negli scorsi mesi abbia fatto molto parlare di sé, ha dovuto fare i conti con un magrissimo 0,25%, che lo condanna alla politica extraparlamentare.

Quanto ai seggi maggioritari, il partito di governo ha vinto al primo turno in quattordici municipalità su trenta e le restanti sedici dovranno andare incontro a un ballottaggio tra i due candidati più votati, poiché nessuno ha raggiunto la maggioranza assoluta dei consensi.

A questo link è disponibile una mappa interattiva del paese diviso per circoscrizioni con tutti i dati aggiornati.

Distribuzione del voto sul territorio e minoranze etniche 

In un paese tanto piccolo quanto eterogeneo come la Georgia, non si può ignorare la distribuzione geografica del voto. La figura di Saakashvili riscuote più successo nelle regioni provinciali e nelle località prossime alla linea di occupazione con l’Abcasia, raggiungendo in certi distretti il 38% dei consensi, ma in nessun distretto UNM è riuscito ad affermarsi come primo partito.

A Tbilisi tanto Sogno Georgiano quanto UNM hanno ottenuto consensi inferiori alla media nazionale, lasciando spazio a piccoli partiti dell’opposizione. Particolarmente interessante il risultato di Girchi, che in molti distretti della città ha superato l’8% dei consensi, dimostrando di essere un punto di riferimento importante per i giovani con un’istruzione medio-alta.

Controllando i risultati elettorali circoscrizione per circoscrizione, un dato balza subito all’occhio: nei distretti di Akhalkalaki e Ninotsminda, UNM ha ottenuto un magro 3,9% dei consensi. Le ragioni di questa apparente anomalia non sono in realtà difficili da comprendere. Si tratta, infatti, di una regione a maggioranza armena che nelle settimane passate ha vissuto con molto coinvolgimento il conflitto in Nagorno-Karabakh. Amaliya Babayan, una giovane giornalista originaria di Akhalkalaki, in un articolo pubblicato sulla testata OC Media, descrive il clima politico delle ultime settimane nella comunità armena della regione: le elezioni sono scivolate sullo sfondo del dibattito locale, mentre le attenzioni dei cittadini erano interamente rivolte al conflitto e, nell’ultimo mese, non sono nemmeno stati organizzati grandi eventi di campagna elettorale. Saakashvili, dal canto suo, pochi giorni dopo l’escalation del conflitto in Nagorno-Karabakh aveva preso espressamente posizione a favore di Baku: “la mia posizione è chiara e basata sul principio di integrità territoriale. Il Nagorno-Karabakh è un territorio sottoposto alla sovranità della Repubblica dell’Azerbaigian e nulla cambierà questo dato di fatto”. Non stupisce dunque che il partito sia crollato nei consensi in una zona a maggioranza armena.

Le difficoltà dei residenti nei territori occupati

Nei momenti di crisi e instabilità sono quasi sempre i più deboli a pagare il prezzo più alto. I georgiani residenti in Abcasia e Ossezia del Sud, le due repubbliche separatiste in territorio georgiano, erano soliti attraversare il confine de facto con la Georgia per votare nelle regioni controllate da Tbilisi. Questa volta, però, ciò per molti non è stato possibile poiché le autorità delle repubbliche secessioniste, non appena l’epidemia di coronavirus ha iniziato a far parlare di sé nel mondo, hanno chiuso il confine con la Georgia. Esclusi dal diritto di voto anche nelle repubbliche separatiste, dove un eventuale attivismo politico dei georgiani viene percepito come una minaccia, alcuni di loro hanno espresso la volontà di recarsi a votare comunque, anche attraversando illegalmente il confine, ma si tratta ovviamente di casi isolati; la maggior parte dei locali, almeno per questa volta, si è rassegnata a non esercitare il proprio diritto di voto.

Critiche e irregolarità

L’assenza dei georgiani residenti nei territori occupati, tuttavia non è stata l’unica ombra su queste elezioni. Già durante lo scrutinio dei voti, il ritardo con cui i risultati venivano comunicati da alcune circoscrizioni ha fatto sollevare sospetti che qualcosa non stesse funzionando correttamente. Stando a OC Media, inoltre, sono state riscontrate incongruenze nei protocolli di voto di almeno cinque circoscrizioni. Queste notizie hanno sollevato l’indignazione – e, forse, la speranza – dei partiti di opposizione che si sono unanimemente rifiutati di riconoscere i risultati delle elezioni e nella giornata di ieri hanno organizzato una manifestazione davanti al parlamento.

L’ISFED, la Società internazionale per la democrazia e le giuste elezioni, ha denunciato che l’8% dei protocolli includeva un numero di firme diverso da quello dei voti. Tale incongruenza potrebbe avere distorto il risultato delle elezioni di almeno quattro punti percentuali. La segretaria della società, Elene Nizharadze, ha chiesto che la Commissione elettorale centrale provveda a garantire che in tali circoscrizioni i voti siano ricontati.

La missione di controllo dell’ODIHR ha voluto rassicurare gli animi, sostenendo che le elezioni si sono tenute in un clima competitivo e rispettoso delle libertà fondamentali, senza però mancare di precisare che il sottile confine tra macchina statale e potere politico governativo ha eroso la fiducia dei cittadini nell’effettiva trasparenza e correttezza del processo elettorale.

La Georgia, in fondo, pare aver scelto la stabilità. La figura di Saakashvili, inevitabilmente associata alla guerra del 2008, nel paese è ancora molto sentita e divisiva e potrebbe non aver aiutato UNM nella sua performance elettorale. Il paese, infatti, sta affrontando un momento di grande incertezza, tra una pandemia globale, una guerra che ne lambisce confini e la prospettiva di un’imminente crisi economica, i cittadini al fervore ideologico di Saakashvili hanno probabilmente preferito la certezza del governo uscente, seppur aspramente contestato.

Domani martedì 3 novembre alle ore 20.30 la redazione di East Journal, assieme alla giornalista Monica Ellena, commenterà i risultati di queste elezioni, proponendo una panoramica della situazione politica e sociale nel paese. La diretta sarà trasmessa sulla pagina Facebook ufficiale di East Journal e sarà poi disponibile sul nostro canale YouTube.

Immagine: OC Media 

Chi è Eugenia Fabbri

Nata e cresciuta a Bologna, si è laureata in Scienze Internazionali e Diplomatiche all'Università di Bologna e frequenta ora il primo anno del corso di laurea magistrale MIREES (Interdisciplinary Research and Studies on Eastern Europe), presso la stessa università. Ha vissuto per sei mesi in Georgia, dove ha frequentato alcuni corsi dell'Università Statale di Tbilisi, appassionandosi alle dinamiche politiche del Caucaso Meridionale.

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