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POLONIA: Incostituzionale l’aborto per gravi malformazioni del feto

Nel 2019 un gruppo di deputati conservatori ha sollevato questione di costituzionalità sull’interruzione volontaria di gravidanza per malformazioni fetali. Con una decisione storica, il 22 ottobre la Corte costituzionale polacca ha dichiarato incostituzionale l’aborto in caso di gravi patologie del feto.

La lunga strada del proibizionismo

Sin dalla propria vittoria alle elezioni del 2015, il partito conservatore “Diritto e Giustizia” (PiS) ha cercato di introdurre nuove limitazioni all’accesso all’aborto. Allo stato attuale, l’interruzione volontaria di gravidanza è consentita in tre casi: stupro o incesto accertato da un giudice, pericolo grave per la vita o salute della madre, gravi malformazioni o anomalie genetiche del feto. Si tratta della legislazione più restrittiva in Europa, ad eccezione di Malta.

Già nel 2016 era stato presentato un disegno di legge di iniziativa popolare, sostenuto da alcuni gruppi pro-life, finalizzato a criminalizzare l’aborto in tutti i casi salvo pericolo di vita per la madre. La proposta spinse 100mila donne a scendere in piazza vestite di nero, in segno di lutto (da cui il termine “czarny protest“), costringendo il parlamento a ritirare l’iniziativa.

Una proposta analoga, ad iniziativa del comitato “Stop all’aborto“, è tornata all’esame della Camera nel 2018. Il disegno di legge prevedeva l’eliminazione della facoltà di interruzione volontaria di gravidanza per gravi anomalie fetali, caso che riguarda il 98% degli aborti ufficialmente praticati in Polonia. Nuove proteste hanno spinto il governo a posticipare la discussione di ben due anni e il disegno di legge è stato di presentato alla camera lo scorso aprile, in piena crisi epidemiologica da covid-19. Ancora una volta i movimenti pro-choice sono tornati a manifestare il proprio dissenso, malgrado le difficoltà date dalle misure per contrastare la diffusione del virus.

Del resto, il PiS aveva giurato che avrebbe fatto il possibile per “difendere la vita sin dal concepimento“: “Lotteremo per assicurarci che anche in gravidanze molto difficili, quando il bambino è condannato a morire o è gravemente malformato, si concludano con un parto, in modo che possa essere battezzato e sepolto”, aveva affermato il leader del PiS Kaczyński, nel 2016. Lo scorso autunno, la Conferenza dei vescovi polacchi ha criticato apertamente il partito per non aver rispettato l’impegno. Il tema è tornato alla ribalta durante la campagna presidenziale: nel corso di una visita al santuario di Jasna Góra ad aprile, il presidente Andrzej Duda aveva annunciato il proprio sostegno a una legge per vietare l’aborto in caso di malformazioni del feto.

La decisione

Dove non è riuscito il Parlamento è arrivata la Corte Costituzionale, chiamata a decidere sulla compatibilità tra l’interruzione volontaria di gravidanza in questo caso e il diritto alla vita e al rispetto della dignità umana previsti dalla Costituzione.

Nella decisione, la Corte definisce l’aborto motivato da gravi patologie del feto come una selezione eugenetica e ingiustificata discriminazione verso i bambini disabili. Si tratta di un giudizio in aperto contrasto con la giurisprudenza, anche costituzionale, degli stati europei: il 95% delle donne europee in età fertile vive in paesi dove è consentito l’aborto volontario o per motivi sociali.

La pronuncia non può che essere letta nel contesto fortemente politicizzato in cui si trova ad operare la corte. Nel 2015 il Presidente Duda si è rifiutato di far giurare i cinque giudici nominati da Piattaforma Civica (PO), aprendo una crisi costituzionale ancora irrisolta. Al loro posto, ha nominato altri cinque magistrati e ha scelto direttamente il presidente, Julia Przyłębska. Le opposizioni, nonché un giudice della Corte costituzionale tedesca, hanno definito la Corte così composta come un “burattino” nelle mani del governo. In parallelo, il PiS ha avviato una controversa stagione di riforme della giustizia che hanno progressivamente indebolito l’indipendenza della magistratura.

Le reazioni

Dal momento che riguarda il 98% degli aborti praticati legalmente nel paese, la sentenza getta una pietra tombale sul tema dei diritti riproduttivi in Polonia. La decisione è inappellabile e non potrà essere superata da una legge in caso di cambio di maggioranza: sarebbe una legge incostituzionale. Né la sentenza può essere contrastata a livello europeo, dato che la materia è lasciata alla discrezionalità degli Stati nazionali. Solo una nuova pronuncia della Corte costituzionale potrà restituire la libertà alle donne polacche di interrompere una gravidanza.

I movimenti pro-choice hanno annunciato battaglia e al momento si registrano manifestazioni sia in Polonia che all’estero, forti della capacità di mobilitazione già dimostrata con la Czarny protest. Che sia l’inizio di un movimento dal basso per rovesciare il PiS?

 

Foto: SkyNews

Chi è Maria Savigni

Nata a Lucca nel 1994, si è laureata in Giurisprudenza presso l'Università di Pisa. Durante un soggiorno studio in Polonia si è perdutamente innamorata della Mitteleuropa e della sua storia. Si interessa in particolare di diritti, questioni di genere e cultura ebraica.

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