Un momento della protesta del movimento femminista a Varsavia.

POLONIA: il diritto all’aborto ai tempi del coronavirus

La scorsa settimana il parlamento polacco ha bloccato l’approvazione di un disegno di legge che mirava ad inasprire le misure sull’aborto in vigore nel Paese. Con la scusa del coronavirus le lobby cattoliche hanno tentato di far approvare una legge draconiana sul tema, anche contando sul lockdown che avrebbe impedito al movimento femminista di manifestare la propria opposizione a causa della limitazione alla libertà di movimento in vigore in numerosi paesi al mondo.

In realtà, anche su pressione delle proteste popolari, verificatesi nonostante le misure eccezionali per la lotta al Covid-19, la camera bassa (Sejm) e il Senato, dominati dai conservatori di Diritto e Giustizia, non hanno avuto molta scelta. Con 365 voti contrari e 65 a favore hanno rinviato la discussione alla valutazione di una commissione parlamentare, ma nuovi tentativi di presentazione della legge nelle prossime settimane – magari di nuovo in piena emergenza coronavirus – non sono affatto da escludersi.

Il vizietto dei conservatori polacchi

Non è la prima volta che i conservatori polacchi provano a cancellare il diritto all’aborto. Sono già alcuni anni che le frange più tradizionaliste del mondo cattolico polacco tentano di limitare il diritto all’aborto in Polonia. Le leggi in vigore sono già tra le più restrittive in Europa: l’interruzione di gravidanza è ritenuta illegale, tranne nel caso in cui la vita della donna sia in pericolo, in caso di stupro o incesto, o nel caso che il feto abbia malformazioni gravi rilevabili nei primi mesi di gravidanza. E proprio quest’ultimo caso è il bersaglio delle associazioni tradizionaliste cattoliche, che a partire dal 2015, cioè da quando godono della protezione del nuovo governo ultranazionalista di Diritto e Giustizia, hanno intensificato la campagna antiabortista.

Già nel 2016, a meno di un anno dall’insediamento del nuovo governo conservatore, in numerose chiese in tutto il Paese i parroci e i vescovi lessero un comunicato in cui si dichiarava che la legge sull’aborto, che lo consentiva come abbiamo visto in tre casi, era un compromesso stipulato sulla vita dei bambini e che quindi non poteva continuare. Pochi mesi dopo le lobby cattoliche presentarono un disegno di legge durissimo sul tema, che prevedeva un divieto totale dell’interruzione di gravidanza, stabilendo inoltre che, in caso di aborto, fossero puniti sia la donna sia la persona che effettuava la procedura. Il movimento di protesta in tutta la Polonia causò però il ritiro momentaneo della proposta di legge.

Quella stessa proposta di legge, solo leggermente edulcorata, è stata ripresentata dalle stesse lobby nel 2018. Il Comitato Stop all’Aborto guidato da Kaja Godek, attivista vicina all’estrema destra polacca, ha dichiarato di aver raccolto 830mila firme in sostegno all’iniziativa legislativa. Nello specifico il nuovo disegno di legge prevedeva la cancellazione del diritto all’aborto nel caso di feti con gravi malformazioni. Un provvedimento che di fatto avrebbe cancellato il diritto all’aborto in Polonia: nel 2018 su 1100 aborti praticati, 1050 rientravano nella categoria delle malformazioni del feto.

La protesta popolare: Czarny Protest

Già nel 2016 la presentazione del decreto legge aveva causato un ampio e organizzato movimento di protesta delle donne polacche, chiamato Czarny Protest (Protesta Nera): le donne scendevano in piazza vestite di nero, con i volti dipinti dello stesso colore, con in mano ombrelli o grucce in fil di ferro per appendere i vestiti: un riferimento agli strumenti usati negli aborti illegali, pratica che in Polonia è ancora ampiamente diffusa proprio a causa dell’asprezza delle leggi già in vigore. Il movimento si ispirava alle proteste delle donne islandesi, che nel 1975 lottavano contro il gap salariale con gli uomini e per affermare l’importanza del proprio lavoro nella società: immagini che all’epoca fecero il giro del mondo.

Questo stesso movimento delle donne polacche nel 2018 aveva causato un ritardo di quasi due anni nella presentazione del progetto di legge, montando un caso che aveva assunto una portata internazionale. Ma in queste settimane, in cui tutto il mondo deve affrontare l’epidemia di Covid19 e, in molti Paesi, l’inadeguatezza delle strutture sanitarie massacrate da anni di tagli alla sanità pubblica, il governo di Mateusz Morawiecki ha pensato bene di riproporre la discussione sulla legge, tentando di farla approvare nell’indifferenza generale dell’opinione pubblica.

Una manovra tutt’altro che riuscita: nelle prime settimane della pandemia le organizzazioni femministe polacche avevano denunciato che molte donne non sarebbero riuscite a raggiungere uno Stato estero per praticare l’aborto in tutta sicurezza, pratica diffusa da alcuni anni, a causa delle limitazioni imposte dallo Stato polacco nella lotta contro il coronavirus. La presentazione della proposta di legge sull’aborto è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Settimana scorsa migliaia di donne hanno organizzato una protesta davanti al parlamento, una manifestazione condotta seguendo tutti i protocolli sanitari di sicurezza: mascherine, guanti protettivi, distanziamento interpersonale. La pressione di questa protesta, a cui hanno partecipato numerosi parlamentari delle opposizioni liberalconservatrice e socialdemocratica, si è fatta sentire nettamente dentro le aule del Parlamento, che ha infatti rinviato la discussione del progetto di legge, sottoposto ora al vaglio di una commissione parlamentare.

La Polonia è vicina (agli Stati conservatori d’oltreoceano)

Di questi tempi lo stato polacco, in materia di restrizione del diritto all’aborto, non sta certo in posizione defilata. Anzi, è capofila di numerosi stati conservatori che, con la scusa delle restrizioni alla libertà personale dei cittadini in vigore in questi mesi, tentano di rendere illegale l’interruzione di gravidanza. In sette Stati degli USA i governatori hanno tentato di introdurre limitazioni all’aborto portando come argomentazione le difficoltà che il sistema sanitario sta affrontando in questo periodo. Tra i conservatori alfieri della proposta Greg Abbott, che in Texas ha fatto approvare queste limitazioni, seguito a ruota da Alaska, Indiana e Kentucky. Anche in Alabama, Ohio e Oklahoma i governatori avevano introdotto provvedimenti simili, ma sono stati costretti a ritirarli dopo l’intervento dei tribunali dello Stato. Insomma, sembra che oltreoceano le politiche conservatrici polacche abbiano un certo successo. Non resta altro che sperare che il movimento Czarny Protest faccia altrettanto scuola.

 

foto guardian.com

Chi è Davide Longo

Nato nel 1992, vivo e lavoro a Varese. Sono laureato in Scienze Storiche all'Università degli Studi di Milano, ho studiato lingua e cultura cinese e ho trascorso un periodo di studio all'Università di HangZhou, Zhejiang, Repubblica Popolare Cinese. Oggi sono docente di Italiano e Storia nella scuola secondaria di primo grado. Appassionato di storia e politica sia dell'Estremo Oriente, sia dei Paesi dell'ex blocco orientale, per East Journal scrivo di Polonia, Cecoslovacchia e Ungheria, senza disdegnare i Balcani (concepiti nel senso più ampio possibile). Ho scritto per The Vision e Il Caffé Geopolitico e sono autore di due romanzi noir: Il corpo del gatto (Leucotea, 2017) e Un nido di vespe (Fratelli Frilli, 2019).

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