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SERBIA: Nuova alluvione, nuove polemiche?

La Serbia è stata flagellata, martedì scorso, da piogge torrenziali che hanno coinvolto soprattutto la parte centro-occidentale del paese, al confine con la Bosnia Erzegovina che, pure, lamenta numerosi allagamenti. Le piogge hanno provocato lo straripamento dei corsi d’acqua e il conseguente alluvionamento di vaste aree del settore interessato: una decina di municipalità in Serbia, due in Bosnia. Particolarmente colpite sono state Zvornik, in Bosnia, Ivanjica, Ljubovija, Loznica, Krupanj, Osecina, Lucani, Kraljevo e Guca, in Serbia.

Non si contano, ad oggi, vittime tra gli abitanti (solo un ferito grave a Kraljevo), ma è già possibile stimare che i danni siano molto ingenti: l’interruzione di strade e ferrovie ha provocato l’isolamento di molti centri, a Ljubovija sono crollati tre ponti mentre sono centinaia le case sommerse. A Kraljevo, dove ad esondare è stato il fiume Ibar, due ristoranti sono stati trascinati dalla forza della corrente. Vista la situazione le autorità locali hanno proclamato lo stato di emergenza e messo sotto osservazione speciale anche il Danubio e la Sava.

La polemica dietro l’angolo…

Ancora in piena emergenza si intravedono già le argomentazioni polemiche che accenderanno la discussione politica delle prossime settimane: dopo la devastante alluvione che coinvolse la Serbia (e non solo) nel 2014, le autorità hanno speso quasi 80 milioni di euro nella realizzazione e nella manutenzione delle opere di difesa, inclusa la costruzione di diverse protezioni fluviali.

Di questi, nel quinquennio tra il 2014 e il 2019, ben 4,4 milioni di euro sono stati destinati proprio ai comuni finiti sott’acqua in questi giorni. In particolare, Ljubovija e Osecina hanno ricevuto, ciascuna, una cifra vicina al milione di euro per la ristrutturazione di ponti, argini e dighe.

Se siano tanti o pochi e, soprattutto, se siano stati spesi bene è difficile dirlo. Da una parte, infatti, resta l’osservazione inconfutabile che, secondo quanto dichiarato dal primo cittadino, Milovan Kovacevic, a Ljubovija alcuni argini avrebbero ceduto sotto la pressione delle acque del torrente Ljubovida, lasciando intendere che qualcosa sia “andato storto”. D’altra, va detto che i 210 millimetri di pioggia che secondo il primo ministro serbo, Ana Brnabic, sarebbero stati segnali in alcune zone del paese rappresentano, da soli, quasi un terzo delle precipitazioni mediamente registrate in Serbia nell’arco di un anno. E che i 60 millimetri, circa, misurati lo scorso martedì nei dintorni di Ljubovida sono, secondo i dati del Servizio Idrometereologico Nazionale, le piogge normalmente attese per tutto il mese di giugno, storicamente il più piovoso dell’anno.

Il territorio fragile

La Serbia e più in generale l’intera regione si conferma un’area fortemente predisposta a questi accadimenti e, soprattutto, un’area dal tessuto urbano e infrastrutturale assai fragile e, conseguentemente, ad alto rischio. Un anno fa, a inizio giugno 2019, un evento simile riguardò un’area per larga parte sovrapponibile a quella coinvolta oggi con un bilancio molto pesante in termini di danni: decine di strade danneggiate, cinquanta ponti crollati o danneggiati, migliaia di ettari di terreni agricoli inondati e nove comuni posti in stato d’emergenza.

Nella memoria collettiva, tuttavia, è l’alluvione del maggio del 2014 a rimanere maggiormente impressa, per estensione (quasi tutti i Balcani coinvolti) e danni. In quei giorni le piogge più intense degli ultimi 120 anni lasciarono uno strascico a dir poco drammatico: oltre 60 morti – la Bosnia a pagare lo scotto più caro, con 30 vittime – 30 mila evacuati e danni stimati per 3,5 miliardi di euro, congiuntamente tra Serbia e Bosnia. Un episodio talmente violento, esteso e trasversale da far dimenticare, una volta tanto, le ataviche rivalità regionali, facendo prevale la cooperazione e la solidarietà transnazionale anche tra Croazia, Serbia e Bosnia.

Fortunatamente le inondazioni di martedì scorso non hanno avuto né quella magnitudo né quelle conseguenze. Solo a bocce ferme, tuttavia, si potrà fare una stima più precisa e mettere mano ai necessari interventi di ripristino della normalità. Dovendo, tra l’altro, fare i conti con la crisi pandemica in atto che ha visto, proprio nell’ultimo periodo, una nuova recrudescenza in tutta la Serbia.

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Chi è Pietro Aleotti

Milanese per caso, errabondo per natura, è attualmente basato in Kazakhstan. Svariati articoli su temi ambientali, pubblicati in tutto il mondo. Collabora con East Journal da Ottobre 2018 per la redazione Balcani ma di Balcani ha scritto anche per Limes, l’Espresso e Left. E’ anche autore per il teatro: il suo monologo “Bosnia e il rinoceronte di pezza” ha vinto il premio l’Edizione 2018 ed è arrivato secondo alla XVI edizione del Premio Letterario Internazionale Lago Gerundo. Nel 2019 il suo racconto "La colazione di Alima" è stato finalista e menzione speciale al "Premio Internazionale Quasimodo". Nel 2021 il racconto "Resta, Alima - il racconto di un anno" è stato menzione di merito al Premio Internazionale Michelangelo Buonarroti.

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