Pride

ROMANIA: Vent’anni di coraggio, vent’anni di Pride

Sabato 7 giugno ha sfilato per le vie della capitale romena il Bucarest Pride, un lungo  corteo di circa 30 mila persone che si è poi raccolto al Pride Park allestito al parco Izvor, dove si sono tenuti anche dibattiti e spettacoli.

L’edizione di quest’anno del Pride romeno marca il suo ventesimo anniversario sotto lo slogan di “Vent’anni di coraggio”, più volte scandito dai partecipanti al corteo e ripetuto anche dagli organizzatori della manifestazione, gli attivisti della ONG Accept.

“Vent’anni fa al Pride c’erano più poliziotti che manifestanti, ma chi partecipava aveva un coraggio che ancora oggi è difficile immaginare nella Romania degli anni Duemila. Passare da 300 a 30mila partecipanti non è solo una questione di numeri ma è la prova che la nostra protesta ha messo radici nella coscienza collettiva. Siamo una presenza sempre più forte all’interno dello spazio pubblico del paese e la nostra visibilità non può più essere ignorata o minimizzata”, afferma Victor Ciobotaru, direttore di Accept.

La comunità LGBT romena affronta da anni una situazione di pesante discriminazione in un contesto regionale oggi peggiorato dalla crescita dei discorsi estremisti e dai tentativi di limitare i diritti delle persone appartenenti a questa comunità da parte di diversi stati europei.

Nel 2017 la “Coalizione per la famiglia” aveva promosso un referendum per modificare la costituzione romena introducendo una definizione di famiglia più restrittiva, e nel 2022 il Senato romeno ha adottato un progetto di legge ispirato alla legislazione omofoba e transfobica dell’Ungheria per “proteggere i bambini contro la diffusione con qualsiasi mezzo di contenuti sulla deviazione dal sesso stabilito alla nascita o la divulgazione del cambiamento di sesso o dell’omosessualità”.

Nel 2023 la Romania è stata condannata dalla CEDU per avere violato i diritti di diverse coppie omosessuali, rilevando che lo stato romeno ha violato l’articolo 8 della Convenzione che protegge il diritto alla vita privata e familiare, e nel maggio dello scorso anno la Romania, insieme ad altri otto paesi europei (tra cui anche l’Italia), non ha sottoscritto la dichiarazione per la promozione delle politiche europee a favore delle comunità Lgbtiq+ presentata dalla presidenza belga del Consiglio UE.

Solo qualche giorno fa a Bucarest è stato installato un banner gigante sulla facciata di un palazzo abbandonato con la scritta “Stop LGBT”  che le autorità ufficiali si sono rifiutate di rimuovere in assenza di una denuncia formale, a dimostrazione di quanto poco vengano tutelate le discriminazioni contro le comunità gay e lesbiche rumene.

La Chiesa Ortodossa Rumena, inoltre, la scorsa settimana ha diffuso un comunicato ufficiale con cui manifestava apertamente la sua disapprovazione verso il Pride, accusando gli organizzatori della manifestazione di avere provocatoriamente scelto come data del corteo la viglia dei Rusalii (la Pentecoste), una festa religiosa molto sentita dalla comunità cristiana di tutto il mondo. Al comunicato della Chiesa hanno risposto le ambasciate di 24 paesi con una dichiarazione comune di solidarietà verso la comunità LGBT, accennando alla forte risposta democratica dimostrata dalla società romena con le recenti elezioni presidenziali e affermando che “il rispetto dei diritti delle persone LGBTIQ+ non è una questione di ideologia ma un obbligo giuridico di integrità democratica”.

Alla chiamata religiosa hanno risposto pure i politici di S.O.S. Romania e i gruppi di Noua Dreapta (La Nuova Destra), l’associazione ultra-nazionalista ispirata al Movimento Legionario di Zelea Codreanu, che hanno organizzato in parallelo al Pride la “Marcia della Normalità”. L’evento è stato presentato dagli organizzatori come una marcia a favore della famiglia naturale, intesa come famiglia basata sul matrimonio tra un uomo e una donna, a cui hanno partecipato circa 1000 persone che sventolavano manifesti con messaggi del tipo “Tricolore, non multicolore” oppure “Icone, non banane” e pregavano ad alta voce recitando il Padre Nostro. Il corteo della Marcia della Normalità si è concluso davanti la sede della Chiesa Ortodossa Rumena, dove i manifestanti hanno poi organizzato gruppi di preghiera ad alta voce.

Foto: Vadim Ghirda

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