TURCHIA: Attenti al kemalismo. Che la rivolta non ci accechi

Che questa protesta turca vada presa sul serio, è ormai evidente. La reazione barbarica delle forze di polizia, la violenza inutile e gratuita contro giovani ragazze e ragazzi, ma anche vecchi e persino bambini, l’uso sconsiderato di gas urticanti in metropolitana e di sostanze chimiche dannose per l’uomo, sgomentano. Le immagini che riportiamo testimoniano questa violenza. Ma dopo i primi giorni di scontri e manifestazioni è ora giunto il momento di capire qualcosa di più. Dove stanno le ragioni e i torti, e quali sono i possibili rischi per il paese. Come sempre in questi casi, facciamoci delle domande. Chi sono i contestatori? A chi giova la protesta? Quali possono essere le conseguenze interne? Proviamo a dare delle risposte che non vogliono essere verità rivelate ma possibilità per una riflessione “a freddo”.

La duplice anima della protesta

A veder bene ci accorgiamo di una duplice “anima”. La prima sembra essere non-ideologica, ecologista e democratica, simile ai movimenti dei cosiddetti indignati. Questa, anche a causa della repressione poliziesca, si è esacerbata in posizioni anti-governative pur non rifacendosi a nessun partito politico di opposizione. La seconda, e le molte bandiere “rosse” o con l’effige di Ataturk ne danno immediata visione, è un’anima kemalista. Cosa intendiamo con “kemalista”? Una ideologia politica corporativista, vicina al nazismo (prima) e al socialismo (poi), di tipo nazionalista e razzista (“chi non è un puro turco ha solo un diritto in questo paese, il diritto alla schiavitù” tuonava il ministro della Giustizia di Ataturk nel 1930) che, dalla morte del pater patriae Mustafa Kemal Ataturk, è andata incontro a mutamenti che non ne hanno mai fatto, però, un ideologia democratica. Oggi il kemalismo è rappresentato dal Chp, partito di sinistra che ha ottenuto il 25% dei voti nel 2011, e dal Mhp, partito nazionalista e panturco, che ha preso il 13% dei voti.

Il kemalismo antidemocratico

Ancora una riflessione: il kemalismo, con il pretesto della laicità, ha sempre rovesciato (attraverso l’esercito, garante della nazione fondata da Ataturk) tutti i governi eletti nelle poche votazioni pluri-partitiche andate in scena nel paese dal dopoguerra in poi. Nel 1960, poi nel 1971 e infine nel 1980 tre colpi di stato rovesciarono governi che, di fatto, minavano la supremazia dell’esercito. Ancora nel 1995 (l’altroieri) la vittoria del partito islamico Refah, che aveva abbandonato l’Islam politico per farne un semplice riferimento culturale, viene contestata dall’esercito che pone un ultimatum in seguito al quale il governo si dimette per evitare un nuovo intervento dei carroarmati. Il partito viene poi sciolto dall’esercito che, attraverso il Consiglio nazionale di sicurezza, è il vero padrone della Turchia. In nome della laicità il kemalismo ha asfaltato ogni espressione democratica nel Paese. In nome dei valori “democratici occidentali” di cui era fedele alleato ha distrutto ogni espressione democratica interna. Ma che laicità era quella del kemalismo? Ataturk disse: “Grazie ad Allah sono turco, quindi musulmano. Ogni turco deve essere musulmano”. Il nazionalismo turco si è sempre legato strettamente all’Islam, purché la religione fosse sotto il controllo dell’esercito. Le persecuzioni ai danni delle minoranze etniche e religiose sono storia nota, l’ultima rivolta degli aleviti a Istanbul nel 1994 causò 25 morti. 

Arriviamo così al contestato Erdogan, tutt’altro che un democratico (e i fatti di questi giorni lo dimostrano) ma l’unico capace (anche a causa della fine della Guerra Fredda) di limitare il potere dell’esercito introducendo nuove norme costituzionali e diritti individuali (libertà di assemblea, di culto, etc…).

Le radici della protesta

Torniamo al presente. E’ da due anni, in verità, che Istanbul cova questa protesta: precisamente da quando, nel 2010, alla piazza era stata tolta l’interdizione per manifestazioni pubbliche che durava dal 1977. In questi due anni è diventata il centro del malcontento degli universitari nei confronti di un primo ministro sempre più sprezzante verso il dissenso. Ma piazza Taksim è uno dei luoghi simbolo del kemalismo, e vi sorge il monumento alla Repubblica (inaugurato nel 1928 commemora la guerra d’indipendenza turca guidata da Ataturk). La decisione di Erdogan di farne un centro commerciale ha quindi suscitato la reazione degli ambientalisti, che non volevano la distruzione del parco, e dei kemalisti, che vi vedevano lo sfregio dell’eredità di Ataturk ad opera di un governo islamico che per di più vuole edificarci una moschea gigantesca. Ed è pur vero che il piano di sviluppo urbanistico voluto da Erdogan investe proprio quelle aree di Istanbul popolate da classi sociali che non si riconoscono nel progetto politico e culturale del partito di Erdogan né nel suo modo di tradurre a livello urbanistico quel progetto. E fuori da Istanbul? Izmir è una città “repubblicana” (leggi: kemalista) per eccellenza. Ankara è la capitale mausoleo di Ataturk. Certo queste città hanno dato alla rivolta un carattere diverso, più “repubblicano”, rispetto a quello stanbuliota, Ma ormai sono tutte le città, anche quelle più tradizionaliste, a dar vita a proteste.

Dunque chi sono i manifestanti? Democratici “indignati” e social-kemalisti, ma anche elettori di Erdogan che vorrebbero un rinnovamento dopo dieci anni di potere. Alle violenze hanno poi partecipato anche gruppi di ultras che, in genere, sanno muoversi in modo organizzato e hanno dato alle proteste un carattere di guerriglia. Se i primi non possono che godere della simpatia di tutti, i secondi possono forse diventare il grimaldello per una restaurazione kemalista? Fin qui i media europei hanno acriticamente sostenuto le proteste contro il “dittatore” Erdogan, ma Erdogan (che non è un democratico) non è un dittatore. Anzi, il suo governo può forse essere stato apripista per un reale sviluppo democratico che estrometta del tutto l’esercito dalle stanze del potere e trasformi la Turchia in una democrazia compiuta. Erdogan punta sul referendum del 2014 per trasformare il Paese in una repubblica presidenziale (dove l’esercito dipende, come ovunque, dal presidente e non viceversa) ma è ovvio che veda se stesso come Presidente. Questo non va giù né ai democratici “indignati” (in genere giovani istruiti delle grandi città) né ai “neokemalisti” di vario ordine e grado. Se questa protesta portasse alla fine del governo del partito islamico, cosa succederebbe?

Ecco cosa circola su internet quale “proclama ufficiale” della protesta la cui ufficialità, è ovvio, è tutta da dimostrare ma che certo incarna una delle “anime” della protesta:

“…Hai ficcato il naso nelle mie sigarette, hai ficcato il naso nelle mie bevande, nella mia camera da letto, hai fatto rimuovere le immagini di Ataturk, hai dato dell'”infedele” ad Izmir, hai ostacolato il 10 novembre (giorno commemorativo della morte di Ataturk ndr), hai ostacolato il 29 ottobre (festa della Repubblica ndr), hai ostacolato il 23 aprile (festa dei giovani ndr), hai dato del “malate di osteoporosi” alle madri dei martiri, hai fatto combriccola con i terroristi delle montagne, non hai detto una parola sulla morte di molte donne, hai proibito i voti, non hai mai usato l’İnno nazionale in nessun meeting, ti sei seduto al tavolo con quel bastardo di Apo (Abdullah Ocalan, capo del PKK ndr), non hai rispettato la parola data ad Obama, hai ficcato il naso nei telefilm, hai dato diritti al consiglio del PKK, hai rimosso la scritta “T.C.” (Turkiye Cuhmurieti /Repubblica Turca ndr)… Secondo te, adesso la Turchia si è levata solo per il parco Gezi?…”

Il testo originale del proclama diffuso dai protestatari

Un nuovo golpe “soft”?

Pensare a un nuovo golpe pare eccessivo ma la storia riserva sorprese e di “golpe soft” in Turchia ce ne è già stato uno, nel 1997, che portò alla fine del Refah (dalle cui ceneri nacque l’Akp). Erdogan è un fiero antikemalista (si fece anche il carcere nel 1998) ma non è un fondamentalista islamico né un autocrate. Piazza Taksim non è piazza Tahrir, qui non c’è il tiranno. E quella turca non è una primavera ma, dopo dieci anni di sviluppo economico vertiginoso, forse un autunno. Se dobbiamo scegliere, da democratici, tra Erdogan e una “restaurazione kemalista”, forse è meglio Erdogan. Se potessimo scegliere, insieme ai molti nostri coetanei turchi, il futuro di quel Paese, vorremmo una superamento di Erdogan in senso democratico.

Una democrazia che ancora non esiste in Turchia se dobbiamo vedere bande di poliziotti e persone non identificate (chi sono?) andare in giro con bastoni per le strade di Izmir. Se dobbiamo vedere gas lacrimogeni lanciati in metropolitana di Istanbul, persone colpite a morte da proiettili di gomma, gas urticanti e pestaggi contro persone inermi, una barbarie poliziesca che è tutta responsabilità di Erdogan. Una barbarie che grida vergogna ma che, nella costernazione, non deve farci confondere sui rischi che una Turchia destabilizzata potrebbe correre. La protesta, legittima e condivisibile, non deve accecarci nel valutare le possibili conseguenze. Come i gas non devono accecare i manifestanti servendo la loro protesta su un piatto d’argento alle forze della reazione. E’ successo a Teheran nel 1979, a Bucarest nel 1990, al Cairo nel 2011. Speriamo non a Istanbul nel 2013.

Foto da http://showdiscontent.com/

Chi è Matteo Zola

Giornalista professionista e professore di lettere, classe 1981, è direttore responsabile del quotidiano online East Journal. Collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso e ISPI. E' stato redattore a Narcomafie, mensile di mafia e crimine organizzato internazionale, e ha scritto per numerose riviste e giornali (EastWest, Nigrizia, Il Tascabile, Il Reportage). Ha realizzato reportage dai Balcani e dal Caucaso, occupandosi di estremismo islamico e conflitti etnici. E' autore e curatore di "Ucraina, alle radici della guerra" (Paesi edizioni, 2022) e di "Interno Pankisi, dietro la trincea del fondamentalismo islamico" (Infinito edizioni, 2022); "Congo, maschere per una guerra"; e di "Revolyutsiya - La crisi ucraina da Maidan alla guerra civile" (curatela) entrambi per Quintadicopertina editore (2015); "Il pellegrino e altre storie senza lieto fine" (Tangram, 2013).

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12 commenti

  1. Ciao Matteo, lo spunto di riflessione è buono ed è giusto riflettere su questi temi, ma vedendo la protesta con i miei occhi e vivendo in Turchia ormai da molto tempo, mi sento di escludere i tuoi timori. La protesta non è per niente politicizzata ed è assolutamente trasversale, la società turca è cambiata e sta cambiando. Oggi il capo del Partito Kemalista CHP, Kemal Kilicdaroglu ha detto queste parole: “Questa è una generazione nuova ed è diversa dalla nostra. I loro modi sono diverse e noi dobbiamo provare a capirli. Dobbiamo cambiare le nostre politiche per avvicinarci alle loro aspettative. Le autorità dichiarano che la gente in strada viene organizzata dal nostro partito CHP. No non è vero. Lo dicono solo perchè non riescono a capire”. Mi sembrano parole chiare ed importanti.

  2. Ciao Can

    lo sono senz’altro ma possono anche essere viste come un tentativo, da parte del Chp, di capitalizzare la protesta facendone consenso elettorale. Il Chp non sarà più quello “di una volta” ma certo da questa protesta ha solo da guadagnare. Giustamente dici che la società turca sta cambiando, e con lei è cambiato anche il Chp. Non ho elementi per dire il contrario. A me preoccupa solo vedere un partito che, fondato da un tiranno, ed espressione della tirannia militare, è ancora lì a cercare di vincere le elezioni… Mi preoccupa, questo non significa che io sia “pro-Erdogan”, è ovvio. Se dici che la protesta andrà avanti senza derive, mi dici una bella cosa alla quale voglio credere anche come speranza.

  3. Estremamente interessante, grazie!

  4. Bonaiti Emilio

    . Definire Mustafà Kemal un tiranno addirittura vicino al nazismo è a mio personale avviso sbagliato. Ataturk prese in mano un paese sconfitto nella Grande Guerra che le potenze vincitrici volevano gravemente amputare, come successo per fare un esempio all’Ungheria, e lo portò a battersi contro gli invasori greci che vaneggiavano una Grande Grecia ricacciandoli in mare. Successivamente in un paese arcaico e fuori dai tempi instaurò la repubblica, portò a termine una serie di riforme, ridusse il potere del clero , abolì l’arcaico califfato, diede alle donne gli stessi diritti degli uomini, proibì il velo islamico, creò nuovi codici penali e civili , diede orgoglio a una nazione che. tra quelle islamiche fu una delle pochissime a conservare l’indipendenza, unitamente, salvo errore, all’allora Persia e all’Afghanistan. Certo alla luce degli odierni principi commise errori e sopraffazioni ma sosteneva Arturo Carlo Jemolo: “E’ un atteggiamento antistorico per eccellenza il considerare i problemi, le opinioni, i sentimenti di un tempo, alla stregua del sentire e delle convinzioni di tutta altra epoca”.

    • Kemal non era vicino al nazismo, ma il kemalismo (già dal suo successore, Inonu) lo era eccome. Poi, visti gli esiti della guerra, il kemalismo si è sviluppato su un modello “socialista”, nel senso di corporativista, pur alleandosi con le potenze occidentali.
      Ataturk ha fatto quello che lei dice, ma a che prezzo? L’Anatolia, una regione storicamente plurale, è stata “turchizzata” a forza in nome di un nazionalismo violento e repressivo (le migliaia di morti tra curdi e aleviti, ma anche la purga dei turchi grecofoni). E infine, a che prezzo questo modello è stato mantenuto: coi carriarmati, con l’assenza di libertà politiche e religiose, agitando lo spauracchio dell’islamismo (Iran e Afghanistan erano le ragioni che il regime adduceva). Ne è valsa la pena?

      Quello che nel pezzo cerco di dire è che il kemalismo non è un’ideologia democratica e che la “laicità” è un pretesto, anche perché kemalismo e islam vanno a braccetto. E cerco di dirlo perché vedo nei media italici (e in tanta gente cresciuta ai tempi della guerra fredda) ancora l’idea che la laicità turca sia a rischio, che sia un valore (turco), che Erdogan sia un integralista, che l’Islam sia un pericolo, e che quindi il kemalismo sia la soluzione. La soluzione, secondo me, è un superamento in senso democratico sia del kamalismo che della “democrazia” secondo Erdogan.

      Non ho voluto giudicare Ataturk con i valori di oggi (posto che già allora esisteva la democrazia liberale e che da quel pulpito, e non da questo, si sarebbe già potuto criticare il kemalismo per il suo autoritarismo), ho voluto mettere in guardia dal kemalismo che, secondo me, potrebbe essere una regressione per la Turchia nel caso la rivolta venisse cavalcata da forze reazionarie.

    • emma prosperini merlini

      Atatuerk fu il Mazzini dei turchi;sono vissuta nella sua Turchia:liberale,democratica,stupenda.Ora l’Arabia Saudita,pagando ha imposto l’islamizzazione estrema del Paese.Che non sia mai!

      • Mazzini non è al livello di Ataturk: non ha fondato una nazione, non ha combattuto armi in pugno, non ha perseguitato i nemici politici e le minoranze etniche e religiose. Si è fatto l’esilio e il carcere senza predicare l’odio né la guerra: uno sfigato in confronto ad Ataturk. Poi a me piacciono gli sfigati ma questo è un altro discorso…

  5. salve Matteo,intanto veramente le consiglio di informarsi molto meglio in tutto quello che succede in Turchia e quello che è successo fino adesso..
    kemalizm è vicino nazismo ,,,,razzismo???ma lei cosa sta dicendo? questa è una offesa per tutti noi,si deve informarsi ,le invito anche di chiedere a scusa a Tutti Noi ,perché saremmo nazisti secondo lei tutti quelli k credano a Ataturk.?senta ha salvato la Turchia alla caduta dell’impero ottomano ,è unita la Turchia ha fondato la repubblica ,23-04-1923,ha cambiato le lettere ha cambiato i vestiti prima avevano fes ,lui è entrato in parlamento con frac,ha dato il diritto di voto alle donne prima dell’italia (si informi)ha chiamato hindemit,bartok,in turchia per fondare il primo conservatorio di Ankara nel 1936 ,ha fondato le prime fabriche d’aereo o di tessile,aveva fondato un paese ferito e stanco di combattere.in anatolia i capitali erano stati bursa ,Istanbul ma lui ha scelto Ankara perché era in centro del paese e era consapevole dell’etnie,per tenere insieme tutti (sono convinta) ha detto -Turchia ha una lingua sola in quel momento.(mi sembra alto adige ha 2 lingue nn da sempre?mi sbaglio?).ecco un altra cosa per i laici lui è stato sempre un idolo, con questo nn sono fanatica ma ,consapevole di; se non fosse stato lui io non sarei qui dove sono adesso!!e una altra cosa ,nessuno avrebbe immaginato tutto quello che successo in questi giorni,,,manifestanti nn sono politici nn sono ‘no global’ erano semplici ragazzi all’inizio, ma dopo le violenze della polizia per soliderieta ;ha risposto tutto la Nazione scendendo in piazza, casalinghe,bambini,nonni,commercianti,anche quelli passivi mettendo asciugami bianchi alla loro porta per far vedere loro disponibilità d’aiuto .questo è succeso ;anche perché nessuno poteva più di sentire un nuovo divieto in ogni giorno! …semplicemente that’is!

  6. posso sapere perche è stato cancellato il mio commento?

    • Gent. Ozlem

      il suo commento non è stato cancellato ma era in attesa di approvazione. Quando l’ho visto (poco fa) l’ho pubblicato. Provo a risponderle sui vari punti. Il razzismo: parola grossa, è vero. Ma credo non sia falso: Afet Inan era la figlia adottiva di Kemal, studiò presso il teorico razzista svizzero Pittard e contribuì alla radicalizzazione in senso razzista del nazionalismo turco. Siamo negli anni Trenta e Kemal era ancora vivo. Nel 1937 si procedette a misurazioni antropometriche sui crani di 64mila turchi per dimostrare l’origine ariana della razza turca. Può sembrare assurdo, ma è successo. Accanto a questi elementi, che descrivono un razzismo scientifico, come quello europeo dell’epoca, c’era la concezione della superiorità turca. Una concezione propria di qualsiasi nazionalismo e che, in Turchia come ovunque, ha portato alla discriminazione degli altri popoli presenti in un territorio (in questo caso l’Anatolia) fino al tentativo di eliminazione. I curdi furono le prime vittime di questa concezione “razzista” volta a “turchizzare” l’Anatolia (dove pure erano presenti molte popolazioni non-turche (armeni, curdi, greci, arabi). Alla base dell’allontanamento, della deportazione, o della lotta contro queste popolazioni c’era un concetto di superiorità etnica che mi sembra non sia scorretto definire razzismo. Dopo Kemal fu la volta di Inonu, già primo ministro sotto Kemal, e dei suoi controversi rapporti con il nazismo sono pieni i libri. Quello che voglio dire è che Ataturk non fu tenero con le minoranze e avallò certe dottrine razziste allora in voga poiché utili al suo disegno di controllo dell’Anatolia. Peggio di lui si fece prima, con il genocidio armeno. Quindi non fu tutta colpa di Ataturk ma la Turchia post-ottomana è stata sempre segnata da persecuzioni contro le minoranze etniche o religiose (curdi, greci, aleviti, sufi, etc). E poi c’erano gli ebrei che, pur non subendo le persecuzioni viste nel resto d’Europa, dal 1923 fu loro vietata la libera circolazione in Anatolia.

      Poi lei parla dei meriti di Mustafa Kemal. Quello che dice è corretto ma secondo me (e siamo nel campo dei punti di vista) non sono tutti meriti. Ad esempio l’imposizione della lingua turca e dell’alfabeto latino non fu certo gradita dalla popolazione araba che veniva di fatto estromessa dalla vita pubblica. Lei dice bene quando parla dell’Italia: ci sono zone bilingue. L’Alto Adige, ad esempio, fu oggetto di una violenta campagna di “italianizzazione” durante il fascismo, proprio negli anni in cui Ataturk imponeva il turco come lingua dominante. Per un italiano, in genere, l’imposizione forzata di una lingua non è un merito ma una violenza. E anche Inonu, nel 1925, scrisse: “annienteremo chi si oppone ai turchi e alla turchizzazione”.

      Infine i meriti che lei espone (voto alle donne, industrializzazione, occidentalizzazione) a che prezzo sono stati pagati? I partiti politici erano vietati, i giornali erano censurati, le religioni (tranne l’Islam) perseguitate, i beni delle minoranze espropriati. Personalmente non ritengo che il fine giustifichi i mezzi. Per questo ho espresso riserve sulla figura di Ataturk.

      In ogni caso il mio articolo voleva dire altro: ovvero che il kemalismo (e non Kemal) pur essendo molto cambiato nel tempo potrebbe essere un “pericolo” per la Turchia se il kemalismo è ancora quello che vede nell’esercito (e quindi nell’assenza di democrazia) il fondamento della nazione. Se il kemalismo è ancora così, e se settori “reazionari” dovessero impadronirsi della protesta, allora forse la Turchia non andrebbe incontro a quello sviluppo democratico che tutti ci auguriamo. Sottolineo “se”. Sono il primo a sperare che tutto vada per il meglio. Ho semplicemente avanzato un dubbio poiché, anche alla luce dell’esito delle “primavere arabe”, bisogna fare attenzione a che la protesta non venga strumentalizzata a fini politici particolari. Grazie per il suo commento, spero di essermi spiegato meglio e di averle soprattutto chiarito che quando scrivo mi informo. Posso anche sbagliare ma non ho l’abitudine di scrivere la prima cosa che mi passa per la testa senza avere dei fondamenti. Un saluto

      Matteo

  7. Gentile Matteo,
    la figlia di ataturk ha fatto questa scuola nn lo sapevo ,ma lo stesso trovo molto pesante le’accuse di razzismo o vicino nazismo per ataturk.qui nn stiamo parlando di un certo un Hitler che ha programato quello che ha fatto.Ataturk se nn fosse stato sicuramente la Turchia adesso era un paese arabo ..nn sono d’accordo di dimunire le cose ha fatto per cambiare un paese cosi è stato una revoluzione!!!!..Si lui ha fatt fare una ricerca per gli origini dei turchi ,ma secondo quanto ha detto da James churhward 1851-1936 perché lui ha sostenuto che turchi venivano da MU ,è una civiltà vecchissima,nel l’oceono pacifico,dopo di che lui ha mandato un suo diplomatico per capire le realte delle cose..che le lettere di questo diplomatico sono nei archivi ottomani ad Ankara.(sinan meydan MU)perché lui diceva gli egiziani maya sumeri hititi venivano da MU e probabilmente erano turchi..Allora questa cosa ,,,nn credo che è partito per un desiderio di creare turkismo ,perché anche quessioni della razza ariana sempre detto da James churwad.io penso che la protesta di Gezi Park ha superato tutte le l’idee fino adesso,perche ci sono religiosi,giovani,casalinghe,bambini,artisti,alevi,curdi,noi abbiam vissuto sempre insieme ,senza poblemi ho amici armeni,curdi,alevi,abbiam avuto primo ministro curdo ,ministri ,loro sono dappertutto,è giusto che parlano pure loro lingue,con questo pero nn sbagliamo la mira,in TURCHIA mi dicano il paese ha ogni giorno nuovi divieti varii e ,liberta di pensiero o di esprimersi,sempre più limitata.con questo mi auguro Gezi park diventa l’immagine della Turchia della fratellanza ,dell’arte per il tutto il mondo………….

    • Gent. Ozlem

      lei ha tutto il diritto di pensarla come vuole, ci mancherebbe. Dal mio punto di vista Ataturk era un tiranno, certo per i turchi è stato importante, non lo discuto. Capita spesso (in Ungheria con Horty, in Crozia con Tudjman) che i padri della patria non vengano mai messi in discussione anche se hanno fatto delle cose sbagliate: credo che mettere in discussione i propri “idoli” sia importante per una società. Ma basta con Ataturk. Sono più preoccupato dal kemalismo che da Kemal 🙂

      Lei dice che tutte le comunità vivono in pace. Può darsi sia vero oggi ma la rivolta degli aleviti a Istanbul nel 1995, o le continue azioni di terrorismo curde non fanno proprio pensare a una “pace sociale”. Ma credo che le cose stiano cambiando (anche grazie a Erdogan?) e forse la Turchia potrà davvero superare il nazionalismo esclusivo che è stato il “marchio di fabbrica” fin dal 1923. Guardi, non critico la Turchia per offendere qualcuno; critico molti governi quando ritengo non rispettino le libertà democratiche, a partire dal mio. E lo faccio con una buona dose di realismo: so bene che la democrazia non si costruisce in un giorno e che è sempre in pericolo ovunque.

      Infine ha ragione a dire che le misurazioni antropometriche erano finalizzate a dimostrare quanto l’Anatolia sia sempre stata turca, ma lei sa bene che Ittiti, assiri etc… non erano “turchi” e che MU non esiste. Tutto serviva a legittimare il possesso esclusivo dell’Anatolia da parte dei turchi. Ma più che il passato mi interessa il presente: ho visto le foto di solidarietà sociale con le proteste (le ho anche pubblicate) e davvero spero che in Turchia qualcosa possa cambiare in meglio. Personalmente sono un estimatore della Turchia e non l’ho mai descritta, in articoli precedenti, come un “pericolo” o altre scempiaggini che si leggono in Europa. Più in generale vedrà che su questo sito si presta molta attenzione alla Turchia, e siccome il sito lo dirigo io questo rimarca che non ho pregiudizi negativi verso il suo paese. Un saluto cordiale

      Matteo

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