Russia e Nato, esercitazioni da guerra fredda

(Meridiani Internazionali) Sono passati 23 anni da quando, il 21 novembre 1990, la conferenza di Parigi sancì la fine della guerra fredda e della divisione dell’Europa in blocchi. Eppure, osservando le esercitazioni militari russe e della Nato in questo autunno, si direbbe che le tensioni non siano mai cessate. Dal 20 al 26 settembre, Russia e Bielorussia hanno svolto esercitazioni militari congiunte, denominate Zapad-2013 (“Occidente-2013”). Le manovre si sono svolte nelle province più occidentali della Russia e in Bielorussia, e dunque non lontano dai confini con paesi Nato (Polonia e repubbliche baltiche).

Secondo l’agenzia stampa russa RIA Novosti, circa 12000 soldati russi hanno preso parte a Zapad-2013, coadiuvati da mezzi corazzati, aerei, elicotteri e unità navali delle flotte del Baltico, Mar Nero e Artico. Scopo dichiarato dell’esercitazione era quello di respingere un attacco da parte di forze terroristiche sul territorio bielorusso. Secondo l’analista americano Stephen Blank, l’imponente schieramento di forze suggerirebbe però che l’obiettivo reale era testare la capacità di reazione delle forze armate russe dinanzi a un attacco convenzionale. Blank ritiene inoltre che il numero di uomini coinvolti nelle operazioni si aggirasse intorno alle 70000 unità, ben oltre le cifre ufficiali dichiarate da Mosca.

Dalla parte opposta, le mosse della Nato non contribuiscono di certo alla distensione nei rapporti militari con Mosca. Dopo aver esteso i suoi confini fino alle porte della Russia, l’Alleanza atlantica si prepara ora a svolgere le prime esercitazioni di una certa consistenza nell’Europa orientale. Dal 2 al 9 novembre, circa 6000 unità parteciperanno alle manovre di Steadfast Jazz 2013 in Polonia e Lettonia, il cui obiettivo annunciato è quello di “addestrare e testare truppe e comandi della forza di risposta rapida della Nato (NRF)”.

Secondo i piani della Nato, la NRF dovrebbe essere in grado di dispiegare rapidamente almeno 13000 uomini, sia per la difesa territoriale dei membri dell’Alleanza, sia per eventuali operazioni umanitarie, di contro-insurrezione e anti-pirateria. Nel caso di Steadfast Jazz, l’obiettivo principale sembra essere la preparazione di una difesa dei confini orientali della Nato da un attacco convenzionale. L’esercitazione coinvolgerà in primo luogo le forze armate di Polonia, paesi baltici, Repubblica Ceca, Slovacchia e Ungheria, paesi che costituiscono appunto l’avamposto orientale della Nato.

Sia Zapad-2013 che Steadfast Jazz si sono svolte o si svolgeranno secondo i criteri di trasparenza stabiliti dall’Organizzazione per la Cooperazione e la Sicurezza in Europa: sono state annunciate con largo anticipo e sono aperte agli osservatori internazionali. Ciononostante, la recente intensificazione delle esercitazioni militari russe e della Nato in Europa orientale inasprisce le tensioni nell’area. Tensioni già alimentate dai piani di difesa missilistica della Nato e dalla conseguente decisione russa di sospendere l’applicazione del Trattato sulle forze armate convenzionali (mezzi corazzati, pezzi di artiglieria, aerei e elicotteri da combattimento) in Europa.

A più di due decenni dalla fine della guerra fredda, la logica su cui si basano le esercitazioni appare del tutto anacronistica. Secondo i rappresentanti militari e politici russi e dei paesi Nato, le manovre dovrebbero contribuire alla sicurezza nazionale. L’effetto immediato è però quello di fomentare sospetti e minare la fiducia reciproca. A giudicare dalla storia recente, esercitazioni militari contrapposte e su larga scala possono anche fare da preludio a uno scontro reale. Per esempio, lo scoppio della guerra tra Russia e Georgia nell’agosto 2008 era stato preceduto di poche settimane dall’esercitazione russa “Caucaso 2008” e da quella americano-georgiana denominata “Immediate Response”. Molte delle unità russe e georgiane impiegate nel conflitto erano le stesse impegnate fino a pochi giorni prima nelle esercitazioni.

Articolo pubblicato per gentile concessione dell’autore

Chi è Matteo Zola

Giornalista professionista e professore di lettere, classe 1981, è direttore responsabile del quotidiano online East Journal. Collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso e ISPI. E' stato redattore a Narcomafie, mensile di mafia e crimine organizzato internazionale, e ha scritto per numerose riviste e giornali (EastWest, Nigrizia, Il Tascabile, Il Reportage). Ha realizzato reportage dai Balcani e dal Caucaso, occupandosi di estremismo islamico e conflitti etnici. E' autore e curatore di "Ucraina, alle radici della guerra" (Paesi edizioni, 2022) e di "Interno Pankisi, dietro la trincea del fondamentalismo islamico" (Infinito edizioni, 2022); "Congo, maschere per una guerra"; e di "Revolyutsiya - La crisi ucraina da Maidan alla guerra civile" (curatela) entrambi per Quintadicopertina editore (2015); "Il pellegrino e altre storie senza lieto fine" (Tangram, 2013).

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3 commenti

  1. se le fanno, non sono tanto anacronistiche.
    Chissà cosa c’è sotto

  2. magari l’invasione di qualche ex- repubblica sovietica o perlomeno per farla spaventare

  3. Il Mestiere dei militari é di prepararsi alla guerra

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