Kadar e l'Ungheria. Dalla rivoluzione del '56 alla fine del blocco comunista

János Kádár nacque János Krezinger, a Fiume nel 1912, figlio di un militare di origine contadina. Era di origine ungherese-slovacca da parte materna (una cameriera d’albergo a Fiume), e tedesca da parte di padre. Il cognome sarà poi mutato in Csermanek, di più facile pronuncia per i magiarofoni.

Nel 1918 la madre si trasferì a Budapest e prese il figlio con sé: Kádár intraprese gli studi, abbandonandoli dopo otto anni. Andò a lavorare, ma l’impiego durò poco, perché nel 1929 a causa delle ripercusioni del crollo di Wall Street perse il lavoro. Si avvicinò al movimento dei lavoratori e al comunismo.

Durante la Seconda guerra mondiale fu estremamente attivo nella resistenza al nazismo. Quando nella seconda metà degli anni Quaranta presero il via le epurazioni che sconvolsero le dirigenze dei partiti comunisti dell’Europa centro-orientale all’inizio si trovò dalla parte degli epuratori: il 30 maggio 1949 partecipò alla riunione in cui si deliberò l’arresto di László Rajk, poi prese parte ai cruenti interrogatori cui quest’ultimo fu sottoposto e presenziò anche alla sua esecuzione. Ma qualche anno dopo, il 20 aprile 1951, subì lo stesso destino. Venne arrestato e torturato e nel successivo dicembre condannato all’ergastolo.

Liberato nel luglio 1954, Kádár riprende la sua carriera nel partito. Nel corso della rivoluzione del 1956 ha dapprima una posizione oscillante: il 24 ottobre definisce i manifestanti “controrivoluzionari” e il giorno successivo assume l’incarico di primo segretario del partito. Il 28 ottobre invece prende in considerazione il carattere rivoluzionario degli avvenimenti e il 31 si dice d’accordo per lo scioglimento del partito. Il giorno dopo, nel corso delle riunioni della dirigenza sostiene la dichiarazione di neutralità del paese e l’uscita dell’Ungheria dal Patto di Varsavia. Poi scompare.

In realtà quella sera prende un aereo per Mosca. Ricompare a Budapest il 7 novembre, scortato dai militari sovietici. È il nuovo capo del partito e scatena la repressione, che non colpisce solo i partecipanti alla rivoluzione, ma anche gli oppositori “latenti”: fra il dicembre 1956 e il marzo 1963, quando viene promulgata l’amnistia, vengono eseguite 229 condanne a morte, comminate oltre 20.000 condanne a pene detentive, cui si aggiungono 13.000 internamenti amministrativi.

Nel frattempo aveva preso il via una politica economica che favoriva la diffusione dei beni di consumo, migliorando le condizioni di vita della popolazione; nella seconda metà degli anni Sessanta seguirono delle riforme (il Nuovo meccanismo economico): le ridotte dimensioni del paese e la necessità di pacificazione fecero inizialmente conseguire degli ottimi risultati.

Negli anni che seguirono l’Ungheria, pur restando un paese comunista e mantenendo un rigoroso allineamento con Mosca nel campo della politica estera, allentò sia la sua politica economica che quella culturale: era il “socialismo al gulash”, la “baracca più allegra del campo socialista”. Anche la risposta di Kádár alla crisi degli anni Settanta, nonostante l’opposizione del Cremlino, fu di dare nuovo respiro alle riforme. Nel 1982 il paese aderì al Fondo Monetario Internazionale e nel corso di quel decennio rimase il paese del blocco comunista più aperto all’Occidente e quello in cui la repressione era la più “morbida”. Verso la fine degli anni Ottanta il declino di Kádár si accompagnò alla fine del regime comunista.

In occasione della pubblicazione di Chi era János Kádár?. L’ultima stagione del comunismo ungherese, il Centro Studi sulla Storia dell’Europa Orientale organizza a Trento, mercoledì 17 aprile, alle ore 17,30, nella Sala degli affreschi della Biblioteca comunale (Via Roma 55), l’incontro-dibattito Kadar e l’Ungheria. Dalla Rivoluzione del 1956 alla fine del blocco comunista. Intervengono Adriano Papo e Davide Zaffi. Introduce Fernando Orlandi.

Chi è Fernando Orlandi

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